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20/03/2019

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Propellente fiscale

Uno dei massimi esperti in Italia spiega in modo lucido perché occorre modificare il nostro sistema tributario, per renderlo più attrattivo e a supporto della nostra economia

Da cittadino, imprenditore, consulente ho ben chiaro quanto pesi il fisco in un sistema come il nostro. E con altrettanta franchezza ne ho lette e sentite molte di faraoniche riforme che avrebbero dovuto nell'ordine: semplificare, rendere più certo ed equo, aiutare le imprese a crescere, combattere la piaga dell'evasione.
La soluzione, non tanto ideale, quanto concreta, non mi sembra sia stata raggiunta. Con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
Un interessante libretto, scritto da Andrea Silvestri, esperto e docente di diritto tributario, dal titolo "Il fisco che vorrei. Una nuova politica fiscale per far ripartire l'Italia", edito da FrancoAngeli, offre un interessante spunto di riflessione.
Partendo da una disamina, ahimè nota, dei danni che una politica fiscale ingiusta e iniqua crea nel tessuto economico di un Paese (già se economicamente sano, figurarsi in uno affossato dal debito pubblico come il nostro), Silvestri tratteggia il delicato equilibrio che deve esistere tra un'economia dinamica e in continua evoluzione e un sistema fiscale moderno.


L'esempio, pur con alcune forzature, è spesso l'Irlanda, da prendere con le molle. Ma il concetto di fondo è quello di un utilizzo strategico della politica fiscale non solo per attrarre ma capace anche di alimentare la crescita.
Facile a dirsi, ma nei fatti? Il testo di Silvestri propone 10 proposte per cercare di invertire la tendenza. Tra queste merita menzionare il Patto con il fisco: una polizza per salvare le imprese dai cambiamenti di legge. Cercare una forma di autodisciplina del legislatore per permettere alle buone norme e ai comportamenti conseguenti di radicarsi nel tessuto economico e sociale.
Un'Agenzia delle Entrate capace di concludere accordi ad hoc che permettano ai contribuenti di godere per un lasso di tempo certo dell'applicazione costante di una normativa.
In sostanza, eliminare alla radice il brivido delle novità inserite quasi di nascosto nel decretone "milleproroghe".
Poi, forse già sentita, ma sicuramente degna di un Paese civile, una giustizia tributaria certa e veloce, fatta non tanto di coercizione quanto di negoziazione e studio del settore/impresa.

Gestire il tema fiscale non solo per far cassa ma nell'ottica di assicurare la continuità dell'impresa.
Infine, ma qui si sconfina nella politica industriale, favorire l'aggregazione delle nostre imprese, facendo leva su "synergy box" e fondi di investimento. Tanti piccoli imprenditori sono un valore, ma nel confronto economico internazionale sono meno forti e capaci di reggere l'urto di oscillazioni finanziarie mondiali. Ebbene, aggregarsi e unirsi permetterebbe con un sostegno finanziario adeguato, di vincere la sfida (o più prosaicamente, di perdere con dignità).
Insomma, come fanno le alici che si compattano per vincere la sfida con i grandi predatori marini, le nostre PMI potrebbero passare indenni molte e molte crisi.

Titolo: Il fisco che vorrei. Una nuova politica fiscale per far ripartire l'Italia
Editore: FrancoAngeli
Pagine: 150

@federicounnia - Consulente in comunicazione
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