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04/04/2018

economia

Il Giappone resta favorito mentre la volatilità scuote i mercati

Nangle e Bhandari (Columbia Threadneedle): l'impennata dell'avversione al rischio è stata però favorita da fattori tecnici piuttosto che fondamentali

Mentre la nostra asset allocation complessiva è rimasta sostanzialmente invariata nell'ultimo mese, i mercati sono apparsi tutt'altro che tranquilli. L'ottima performance del mercato nel 2017 è ascrivibile in gran parte alle previsioni di un netto miglioramento del quadro economico e degli utili, che sono state incorporate nelle quotazioni, ma le consistenti perdite registrate a febbraio non sono la conseguenza, a nostro parere, di un deciso peggioramento di queste prospettive.
L'impennata dell'avversione al rischio è stata favorita da fattori tecnici piuttosto che fondamentali, poiché la massiccia ondata di vendite di veicoli a elevata volatilità e forte effetto leva (come gli exchange traded fund e le exchange-traded note), associata all'ampio posizionamento degli investitori, ha determinato un deciso aumento della volatilità azionaria e un calo delle quotazioni, non rispecchiati in altre classi di attivi, dato che i mercati del credito si sono comportati molto bene nel periodo in esame.
Siamo stati attenti a non intercettare grandi fondi sistematici che stavano liquidando posizioni, ma questo "shock delle valutazioni" ci ha fornito l'occasione per aumentare l'esposizione ai mercati che privilegiamo, cogliendo il valore perso dagli operatori costretti a vendere loro malgrado.

A tal fine, il nostro scenario economico positivo di reflazione per il 2018, unito a previsioni favorevoli sugli utili e a un modesto rischio di recessione, individua pochi fattori di sostegno fondamentali per i mercati avversi al rischio. Ciò detto, il rischio di crisi "accidentali" o di errori di politica monetaria è probabilmente aumentato.
Non ci resta dunque che preferire le azioni, le materie prime e gli immobili rispetto ai titoli di Stato nominali dei paesi core e indicizzati all'inflazione, mantenendo un posizionamento neutrale su credito e liquidità. Tra i titoli azionari, la nostra preferenza va ancora nettamente al Giappone, ai mercati emergenti asiatici e all'Europa, ognuno dei quali presenta un'elevata dipendenza dalla reflazione globale in atto. Il nostro recente lavoro si è spostato sull'analisi di queste posizioni, con un'attenzione particolare alle azioni europee e giapponesi.

Europa

Le azioni europee, essendo procicliche, con un'elevata leva operativa e di respiro internazionale, sono in una buona posizione per trarre vantaggio dall'attuale contesto macroeconomico reflazionistico globale.

Riteniamo che l'incremento dei rendimenti obbligazionari, le previsioni di ripresa dell'inflazione e l'irripidimento della curva dei rendimenti offrano sostegno alle azioni europee, e che quest'ultimo fattore risulti particolarmente favorevole agli utili delle società del settore finanziario.
Le condizioni monetarie sono tutt'altro che restrittive in Europa, dove il rischio di recessione è basso; in effetti, non si sono mai verificate recessioni nell'area se non in presenza di tassi d'interesse reali statunitensi pari ad almeno il 2% e di un'inversione della curva dei rendimenti. Inoltre, gli indicatori del clima di fiducia nel settore manifatturiero restano solidi, mentre ancora non emergono pressioni salariali (tranne in Germania), creando potenzialmente le condizioni ideali per un'espansione dei margini di profitto (anche se stiamo monitorando le indagini che segnalano un calo dell'offerta di lavoro).
Sulla base delle valutazioni, le azioni europee restano interessanti rispetto ad altri attivi europei e alle azioni di altre aree. Tuttavia, tra i rischi principali vi sono le oscillazioni dei tassi di cambio (che probabilmente eroderanno gli utili societari di 3-5 punti percentuali, abbassando le nostre previsioni per il 2018 al 10-12%) e un movimento parallelo verso l'alto della curva dei rendimenti.




Giappone

Il nostro scenario ottimistico per le azioni nipponiche non è cambiato. La domanda globale è il principale fattore di sostegno degli utili societari, che prevediamo in crescita dell'11% nel 2018, oltre le stime di consenso. Queste ultime, a nostro parere, dovrebbero essere superate anche nel 2019. Anche se fluttuazioni valutarie ampie e repentine potrebbero rivelarsi problematiche, soprattutto per i forti esportatori, riteniamo che le società possano riuscire ad assorbire oscillazioni più graduali, tenendo conto che solo un terzo della base di ricavi giapponese è di origine estera, un dato relativamente modesto in una prospettiva globale.
Il più ampio contesto per le aziende nipponiche è caratterizzato da margini di profitto operativo in rapido rialzo nei settori manifatturiero e non manifatturiero. Benché tali margini siano bassi rispetto alla media internazionale, avendo il Giappone una base di costi più elevata, la rotta è chiaramente quella giusta, con andamenti in netto rialzo, dato che le società si stanno concentrando sempre più sui rendimenti per gli azionisti.
Inoltre, dopo un periodo di allentamento monetario estremo, la Bank of Japan è passata da un'ottica incentrata sulla quantità a un target di qualità e le nostre previsioni indicano un obiettivo di rendimento lievemente più alto, sostenuto da un tasso d'inflazione in leggero aumento.


Il Giappone non è più da considerarsi un investimento rifugio, bensì un mercato scelto dagli investitori esteri per sostenere i flussi positivi. Resta di gran lunga la nostra classe di attivi preferita.

Toby Nangle (Co-responsabile asset allocation globale e Responsabile multi-asset, EMEA) e Maya Bhandari (Gestore di portafoglio, Multi-asset) presso Columbia Threadneedle


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