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20/12/2017

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Tenani (Schroders): voglia di mercati finanziari per gli italiani

Per il 2018 gli investitori del Bel Paese sono più interessati a puntare su azioni, obbligazioni o commodities, rispetto ai loro omologhi nell'eurozona

Gli italiani sono al primo posto nell'eurozona per volontà di investire sui mercati finanziari, rispetto a qualsiasi altra soluzione. È questo uno dei principali risultati di Schroders Global Investor Study 2017, ricerca condotta su oltre 22.000 investitori in 30 Paesi. E sono sempre gli italiani gli investitori più realistici a livello globale. La ricerca ha mostrato infatti che, per i prossimi cinque anni, gli investitori globali si aspettano un ritorno annuale medio del 10,2% (8,7% in Europa, 11,7% in Asia e 11,7% nelle Americhe), nonostante l'indice MSCI World abbia registrato un ritorno annuo del 7,2% negli ultimi 30 anni. Gli investitori italiani sono gli unici al mondo con attese più realistiche: il 7,2% medio atteso da noi è persino leggermente inferiore alla performance dell'MSCI World Index. Ne abbiamo parlato con Luca Tenani, Country Head Italy di Schroders Asset Management, con cui abbiamo anche affrontato temi di carattere più generale.

Quali sono stati i principali risultati emersi dalla Schroders Global Investor Study 2017?

Alla domanda su come si pensa di impiegare il proprio reddito disponibile è emersa la possibilità per i risparmiatori nel prossimo anno di investire nei mercati finanziari, siano essi azioni, obbligazioni o commodities.

Questa è una priorità seguita dal depositare i propri soldi in banca, dall'acquisto di immobili dallo spendere il proprio reddito disponibile per acquistare un'auto o fare una vacanza, ed infine a ripagare un debito. La notizia interessante è che rispetto al campione, l'investimento sui mercati è stato votato dal 26% degli italiani, rispetto ad una media europea del 20%, e quindi in questa speciale classifica l'Italia è risultata al primo posto.

L'Italia è quindi la nazione dell'Eurozona più propensa ad è investire sui mercati finanziari. Perché?

Molto banalmente, l'investitore italiano arriva da una situazione di partenza di sottoesposizione sui mercati finanziari rispetto ai propri colleghi europei, e questa nostra ricerca testimonia l'intenzione di voler colmare il gap.

Rimaniamo sempre comunque sopra la media per l'acquisto di case? Un retaggio storico o un trend in diminuzione?

Dopo la crescita economica a seguito della guerra, con l'esplosione del fenomeno dei baby boomers, l'investimento immobiliare è sempre rimasto molto a cuore negli italiani.

E non sembra che questo amore sia cambiato, come testimonia la nostra ricerca. Di fatto, ancora oggi, con la graduale uscita della crisi economica e con una ripresa della fiducia dei consumatori, cominciamo ad assistere ai primi segnali di una riaccelerazione delle compravendite immobiliari. E questo ci fa capire che un retaggio del passato.

Dalla ricerca emerge che gli italiani sono i gli investitori più realistici a livello globale. Come legge questo fattore?

Sono i più realistici perché hanno un profilo di rischio-rendimento più conservativo e più difensivo rispetto ai colleghi europei. Anche in questo caso, a nostro avviso, è frutto di un retaggio del passato. Noi italiani siamo sempre stati abituati ad acquistare BOT, BTP e CCT. I nostri colleghi europei da sempre sono stati più avvezzi ad investire sui mercati azionari, che come si sa presentano rischi maggiori ma offrono anche rendimenti più interessanti e più alti rispetto a quelli di un titolo di stato.

Come è cambiata la sensibilità degli italiani verso gli investimenti sostenibili?

Per il 72% degli investitori italiani intervistati questo genere di investimenti è diventato più importante di quanto non lo fosse cinque anni fa.

Questa maggiore sensibilità si lega, a nostro avviso, ad una presa di coscienza che l'investimento sostenibile non solo è un modo per intervenire nel cambiamento sociale e nel cambiamento climatico, ma è anche una modalità per generare maggiori profitti.

Ma che cos'è poi in pratica l'investimento sostenibile?

E' un termine molto generico che non significa solamente escludere degli investimenti, ma vuol dire interagire con le aziende, intervenendo nelle assemblee delle società melle quali si è investito per persuadere il management ad adottare dei comportamenti di governance, di impatto ambientale e di impatto sociale che siano coerenti con lo sviluppo dell'azienda - e a maggior ragione per generare maggior profitto - nell'ambito di quelli che sono i criteri di sostenibilità.

Gli italiani usano strumenti tech per fare investimenti e in che misura?

Sebbene sia innegabile che la dimestichezza degli italiani con la tecnologia sia aumentata, essa è ancora confinata ad un utilizzo per operazioni bancarie di base, o magari per prenotare una vacanza.


Di certo, l'innovazione tecnologica sta entrando anche nel mondo degli investimenti come lo sta facendo nella vita di tutti i giorni. Pensiamo alle macchine autoguidate, o ai droni per trasportare le merci, oppure alla realtà virtuale. Il fattore interessante è che il 55% del campione intervistato si è dichiarato "intrigato" da queste novità, che in un futuro non determinato in termini temporali potrebbe diventare realtà quotidiana.

Andiamo oltre la vostra ricerca. Cosa potrà accadere in eurozona con il rallentamento prima e la chiusura nel 2019 del Quantitative Easing?

E' necessario fare due premesse. La prima riguarda il fatto che la politica monetaria nel corso degli ultimi anni ha in parte perso la sua capacità di influenzare i mercati finanziari. La seconda riflessione è che il rallentamento del QE è già avvenuto e che questo non ha portato a particolari scossoni sui mercati. Noi riteniamo che la chiusura del QE se adeguatamente gestita, come del resto la politica monetaria della BCE sotto la guida di Mario Draghi è stata finora, non avrà delle conseguenze rilevanti sui mercati, se non quella di portare una maggiore volatilità e una maggiore decorrelazione tra le asset class.


Questo sono elementi molto apprezzati da chi, come noi, fa gestione attiva degli investimenti.

Impossibile pensare al 2019 e non pensare alla Brexit. Ci sarà o vedremo una Regrexit?

Gli scenari sono ancora tutti molto aperti. Riteniamo che occorrerà attendere i prossimi 6 mesi se prevarrà uno scenario di hard Brexit, di soft Brexit o di Remain. E' ancora troppo presto per dire quali di questi prevarrà.

Può essere che sia un fattore anche la mancata formazione di un governo in Germania?

Considero i due episodi molto slegati. O meglio sono legati dal fatto che i cittadini non riescono più a capire bene che valore abbia andare a votare. Il 60% degli elettori tedeschi ha votato per la Merkel e oggi si trova a sperimentare una ingovernabilità nonostante il voto. E lo stesso vale per la Gran Bretagna. Gli investitori sono andati a votare pro Brexit per recuperare i propri soldi e invece si stanno rendendo conto che dovranno esser loro a tirar fuori dei soldi per uscire dall'Europa. Oltre ovviamente alla svalutazione della sterlina.




Eurostat ha rilevato ancora un calo dell'inflazione. Ormai siamo molto lontani dal 2%, specialmente in quella core. La BCE rialzerà comunque i tassi?

La BCE deciderà di alzare i tassi se esisteranno le condizioni economiche per farlo. E terrà certamente conto anche di quelle che potrebbero essere eventuali politiche fiscali che eventualmente dovessero essere intraprese da qui a quando si deciderà eventualmente di rialzare i tassi. Noi ci immaginiamo comunque che la BCE abbia comunque fatto tesoro degli errori commessi in passato, anche da parte di altre banche centrali, e se e quando deciderà di aumentare i tassi lo farà in maniera molto graduale. Quindi senza creare scompiglio sui mercati finanziari. La foto dell'articolo e quella della copertina sono di Keila Guilarte


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