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13/12/2017

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Servicing: un settore troppo frammentato per poter innovare

Pasquarelli (Innovation RE): le nostre aziende hanno dimensioni troppo piccole e sottocapitalizzate per poter performare adeguatamente

Il mercato italiano dei servizi nel real estate è decisamente arretrato e presenta enormi margini di miglioramento. E' quanto emerge dal rapporto "I servizi immobiliari in Italia e in Europa", realizzato da Scenari Immobiliari con la collaborazione del gruppo Innovation RE/Yard. Ne abbiamo parlato con Alessandro Pasquarelli, CEO di Innovation Real Estate.

Quali sono i dati principali emersi dal rapporto?

Il rapporto è costruito sia per fare un'analisi europea e nazionale delle società di servicing nel real estate. Quello che appare evidente è che il comparto italiano è costituito da una miriade di aziende frazionate, non sempre specialistiche, che hanno una sottocapitalizzazione e un numero di addetti minimo. Cosa che non avviene in Germania, in UK e, soprattutto, in Francia e Spagna che sono due Paesi molto più vicini a noi. Basti dire che il fatturato procapite per addetto tra l'Italia e la Germania è meno della metà, e la presenza media di addetti nelle nostre aziende è di 1,3. Questo a dimostrazione di un settore molto puntiforme.



Quali altri dati sono emersi?

Oltre al tema del fatturato e delle dimensioni emerge ovviamente che le aziende italiane - anche perché sottocapitalizzate - hanno molto meno risorse per poter investire in nuovi servizi ed in innovazione: dall'IoT ai big data, ma anche al property più evoluto, gestito direttamente con application ecc.
E' evidente che la dimensione limitata non consente di fare investimenti sul prodotto e conseguentemente ecco l'arretratezza del mercato.

E come si supera questa arretratezza?

Può essere superata se esistono progetti di aziende che sono in grado da una parte di consolidare il mercato e dall'altra di investire molto in innovazione. Innovazione che passa da un lato sicuramente nella formazione del personale, anche in questo caso ci vuole una pianificazione attenta e le relative risorse; e dall'altro da una innovazione di prodotto, legata soprattutto alle nuove tecnologie. Il mix di questi due ingredienti consente di garantire a chi ha investito in real estate o asset management di performare molto meglio la redditività degli immobili, di avere immobili molto ben gestiti.

Pensiamo solo al risparmio energetico, al property, ai servizi high tenant ecc., che darebbero obiettivamente a chi ha investito prospettive diverse rispetto al rendimento dei propri edifici.

Quando parlate di innovazione, che cosa intendete?

L'investimento e l'innovazione nel nostro settore passa prevalentemente attraverso la tecnologia. Più riusciamo a rendere gli edifici performanti, con controlli remoti, con una gestione che consente di pianificare nel medio periodo interventi, manutenzioni o anche riqualificazioni o addirittura rilocalizzazioni, non solo genera la possibilità di aumentare il valore stesso dell'edificio, ma consente a quest'ultimo di essere sempre performante e pronto per il mercato.
Questo tipo di attività richiede necessariamente dei forti investimenti da parte delle società che fanno servicing, come la nostra oppure dei concorrenti, ma che con le dimensioni medie in Italia emerse dalla ricerca, difficilmente si potranno raggiungere nel breve periodo. Quindi se non ci sono approcci legati al consolidamento di questa attività, sarà molto facile che nostri competitor esteri - come sta già avvenendo per esempio nel campo delle valutazioni - arrivino su questo mercato e si frappongano tra noi ed i nostri clienti.



Che futuro si prospetta per il comparto?

Un futuro di consolidamento, di Merger & Acquisition e di specializzazione. Non è possibile che un'azienda faccia tutto, a nostro avviso. E' importante che ci siano degli specialisti per alcune attività di servizi del real estate. E che quindi si crei un mercato più consapevole e molto più ai servizi ed ai prodotti che questi servizi generano.

Come mai le fee sono così basse rispetto ai Paesi competitor?

Da un lato la risposta potrebbe essere semplice: le fee basse nascono dal fatto che se offri un servizio scadente c'è anche chi è poco disponibile a pagartelo. Dall'altro lato, avendo questa frammentazione sul mercato, probabilmente anche chi eroga servizi non è mai riuscito ad infondere nel cliente la consapevolezza e la capacità di investire sul proprio immobile, e quindi creare anche una maggior comprensione del fatto che se l'immobile è ben gestito c'è sempre un ritorno. Si veda il caso francese e spagnolo durante la crisi 2008-15, che ha consentito di mantenere alti valori degli edifici, poiché gli immobili erano ben gestiti.


Quindi è evidente che un immobile ben gestito può dare un'ottima performance.
Questo però richiede investimenti, nuovi servizi più attenti e specialistici, e se le fee sono basse c'è anche questo tema di proposizione di business da parte delle società del nostro settore e di mercato.

Quali saranno le prossime evoluzioni del mercato italiano?

Si tratta di un mercato con buone opportunità, nel senso che non c'è ancora una compressione sui rendimenti e quindi gli investitori lo guardano molto attentamente. Poi il nostro mercato ha sostanzialmente un grande baricentro che è tra la città di Roma e la città di Milano, che offrono una tipologia di asset molto particolari e anche estremamente interessante per gli investitori. Ma si stanno anche affacciando nuove asset class legate all'investimento, che sono la logistica (che sicuramente consentirà a tutte le persone di comperare tempo e quindi di avere servizi a casa molto più velocemente); oppure gli assistent leading o gli studentati, che non necessariamente transitano solo attraverso le prime due città italiane ma anche in altre regioni e realtà che hanno una locazione diversa.


E' probabile che questo tipo di investimento richieda anche una specializzazione diversa da parte delle società di servizi, nella gestione e anche nello sviluppo di questo tipo di asset class.

Finirà l'epoca del "tutti fanno tutto"?

Speriamo di sì, perché questo significherà creare aziende molto più specialistiche, che porteranno ad avere una nuova forma di competizione sul mercato, che sicuramente non fa male a nessuno.


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