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14/06/2017

economia

Le obbligazioni cinesi si fanno più interessanti

Yeung (Pictet): l'asset class presenta rendimenti interessanti e una bassa correlazione con altre piazze fixed income

La Cina è da tempo un osservato speciale sui mercati. Non sempre le analisi sono concordanti sui suoi indicatori, ma certo rimane uno dei Paesi più interessanti a livello globale. Ne abbiamo parlato con Cary Yeung, Head of Greater China Debt presso Pictet.

Perché l'inclusione del renminbi nel paniere di valute SDR (Special Drawing Rights) del FMI fa del debito cinese in valuta locale un investimento strategico?

La decisione del FMI non ha solo un valore simbolico, ma può rafforzare i flussi di capitale nel mercato locale. Anche se il renminbi ha una ponderazione iniziale del 10,92% nel paniere SDR, le banche centrali mondiali hanno appena l'1% delle riserve in valuta cinese. Questo divario sarà sicuramente colmato. Secondo i nostri calcoli basterebbe uno spostamento dell'1% delle riserve globali verso asset denominati in renminbi per generare USD77 miliardi di flussi netti verso il mercato obbligazionario cinese onshore. Attualmente gli investitori esteri detengono USD180 miliardi di bond in valuta locale offshore, pari ad appena il 2% del mercato totale.

Nel lungo periodo il renminbi si imporrà a pieno titolo come valuta di riserva e nell'arco dei prossimi dieci anni il suo peso nelle riserve delle banche centrali internazionali aumenterà fino al 20-30%.

A che velocità il mercato del debito in valuta locale si sta aprendo agli investitori esteri?

Le autorità cinesi hanno adottato varie politiche volte a attrarre gli investitori esteri e aumentare i flussi verso il mercato obbligazionario onshore in valuta locale. A febbraio 2016 il programma China Interbank Bond Market ha accorciato e semplificato l'iter di richiesta per i soggetti istituzionali, mentre a marzo 2017 il governo ha consentito per la prima volta agli investitori internazionali di coprire l'esposizione al rischio di cambio su un mercato dei derivati onshore più conveniente e più liquido. È inoltre previsto il lancio del programma Bond Connect con Hong Kong, che collegherà i mercati del debito onshore e offshore facilitando ulteriormente l'accesso agli investitori esteri.
Tali misure potrebbero favorire l'inclusione della Cina nei maggiori indici obbligazionari globali - un altro passo importante per l'evoluzione del mercato come asset class strategica.

Citigroup ha già deciso di inserire i bond locali cinesi nei suoi tre sotto-indici, una mossa che potrebbe preludere all'inclusione nell'indice principale World Government Bond, con una capitalizzazione di mercato di quasi USD 20.000 miliardi. Se altri provider di indici come JP Morgan e Barclays seguiranno il suo esempio, i nuovi flussi verso l'asset class potrebbero raggiungere USD 250 miliardi.

Perché detenere debito cinese onshore in un portafoglio obbligazionario globale?

Gli investitori fixed income sono ancora poco esposti al mercato obbligazionario cinese onshore, il terzo a livello mondiale con USD 9.400 miliardi di titoli in circolazione. Quello del debito cinese onshore in valuta locale è un mercato emergente sempre più profondo e aperto, in grado di aumentare il reddito e diversificare le fonti di rischio e rendimento di un portafoglio. L'asset class presenta rendimenti interessanti e una bassa correlazione con altre piazze fixed income. Essendo esposta al renminbi - che nel lungo periodo dovrebbe rivalutarsi nel quadro del continuo processo di internazionalizzazione - offre un'ulteriore fonte di rendimento sotto forma di utili su cambi.



I rendimenti dei titoli di Stato cinesi onshore a cinque anni si attestano intorno al 3,3%, contro l'1,8% dei Treasury USA e i tassi negativi delle obbligazioni governative giapponesi e tedesche con la stessa scadenza. Le correlazioni fra debito cinese onshore e altre asset class sono basse, anche perché il ciclo economico della Cina non è in sincrono con quello del mondo industrializzato.

Come vede la situazione economico-finanziaria?

La stabilizzazione dei dati economici e l'accelerazione della crescita hanno placato i timori di un hard landing e corroborato la nostra tesi sulla buona salute della seconda economia mondiale.
Inoltre, la preoccupazione per la fuga di capitali si è attenuata in seguito ai controlli più rigidi sui capitali e all'inasprimento della politica monetaria della People's Bank of China (PBoC). L'istituto centrale ha alzato i tassi di interesse di 10 punti base due volte nel primo trimestre 2017 sia per i finanziamenti a medio termine sia per i contratti reverse repo sul mercato aperto. Di conseguenza anche il mercato monetario a breve ha registrato un rialzo.


Le autorità hanno inoltre aumentato la vigilanza sulle operazioni di M&A all'estero, imponendo delle restrizioni all'approvazione di acquisizioni di attività equivalenti al core business in Cina.
I rischi non mancano, ma probabilmente la fuga di capitali è quasi finita e il miglioramento dei dati economici, l'inasprimento delle politiche monetarie e un elevato surplus commerciale contribuiranno a stabilizzare la valuta. A febbraio i flussi di capitale cinesi hanno assunto segno positivo per la prima volta da giugno 2016, con entrate per USD13,8 miliardi. E con il previsto nuovo rialzo dei tassi di interesse USA nel corso dell'anno, è probabile anche un ulteriore inasprimento della politica monetaria della PBOC.
Un altro aspetto positivo è che Cina e Stati Uniti hanno sinora adottato un tono conciliante nelle relazioni diplomatiche. Donald Trump non ha ancora imposto i pesanti dazi sulle importazioni cinesi minacciati in campagna elettorale, né ha dato seguito alle accuse di manipolazione del cambio rivolte a Pechino. Le due superpotenze economiche potrebbero trovare un accordo commerciale su un terreno comune.


Per di più, durante il recente incontro con il Presidente Xi Jinping in Florida, Trump ha dichiarato che il governo USA si sarebbe concesso altri 100 giorni per riesaminare le politiche commerciali con la Cina. Se i due paesi riusciranno a raggiungere un compromesso, la Cina dovrebbe beneficiare di una maggiore domanda estera globale; le esportazioni internazionali stanno già crescendo a un tasso superiore alla media, del 12% l'anno in termini nominali.

Come valuta il tentativo di Pechino di contenere il rapido aumento del debito delle aziende cinesi?

Il Congresso nazionale del popolo ha sancito la priorità della lotta contro l'eccessivo indebitamento delle imprese. Oltre a inasprire la politica monetaria, le autorità consentono alle società di asset management locali di acquistare crediti inesigibili dalle banche per contenere i rischi nel settore finanziario. Il governo comincia inoltre ad ammettere default selettivi fra le società in perdita in settori caratterizzati da un eccesso di capacità produttiva, come industria del carbone, estrazione mineraria e cantieri navali. Tutte queste misure di riduzione dell'indebitamento puntano a risanare e migliorare il mercato obbligazionario onshore estirpando le erbacce in modo sistematico.


Il tasso di default dovrebbe salire da un livello di base modesto dello 0,3%, ma il rischio di crisi sistemica, a mio parere, è piuttosto basso.

Come è posizionato il portafoglio e perché?

Continuiamo a sovrappesare il debito emesso da aziende statali di qualità in settori di importanza strategica, come elettricità, centrali elettriche, ferrovie e telecomunicazioni. Il portafoglio ha un rating medio A, secondo il nostro parametro interno basato sugli standard internazionali. La duration è inferiore a quella del benchmark in previsione di un rialzo dei rendimenti nel breve periodo. Abbiamo inoltre una posizione off-benchmark in obbligazioni cinesi offshore denominate in USD, che offrono rendimenti più alti.
Monitoriamo anche il settore dei green bond cinesi, ancora agli esordi ma interessante nel quadro della mobilizzazione di capitali privati contro l'inquinamento e altri problemi ambientali. La Cina è già il primo mercato mondiale dei green bond: nel 2016 sono stati emessi RMB238 miliardi (USD36,2 miliardi) di titoli verdi, pari al 2% del mercato obbligazionario locale.
 

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