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15/02/2017

economia

Materie prime: la Cina e Trump trainano l'aumento dei prezzi

Greenwood (Invesco): i piani per infrastrutture negli USA e la crescita di fabbisogno di rame, acciaio e carbone di Pechino fanno ritornare il sentiment positivo sul comparto. Ma attenzione alle speculazioni

Negli ultimi tre anni, le nostre prospettive per i prezzi delle materie prime sono state ribassiste, ma la ripresa dei prezzi di petrolio e metalli nel primo semestre del 2016 ha cominciato a suggerire la possibilità di un'imminente fine della fase ribassista.
I fattori sul fronte dell'offerta possono talvolta influenzare singoli mercati, ma raramente incidono sui prezzi delle materie prime su ampia scala. Il propulsore decisamente più importante delle prospettive per le materie prime è il comportamento della domanda aggregata, o globale.
A nostro giudizio, la spesa totale delle economie sviluppate rimarrà prevalentemente contenuta, sebbene i piani di spese in infrastrutture di Trump abbiano recentemente conferito un modesto slancio al sentiment. La domanda dei Mercati emergenti (ME) rimane tuttavia critica e in questo segmento di mercato la Cina continua a rappresentare il maggiore singolo fattore di influenza.
Le misure cinesi volte a preservare la crescita dell'economia hanno determinato un'altra accelerazione dell'iniezione di credito dall'inizio del 2014. Il conseguente incremento della domanda si è tradotto in un maggiore ottimismo circa le sorti del settore delle materie prime, attestato da una serie continua di mini-bolle in parecchi mercati di materie prime.

Secondo le autorità cinesi, all'origine di questi aumenti dei prezzi vi sono speculazioni.
Per esempio, in Cina i prezzi del carbone cinese sono più che raddoppiati da agosto. Dopo i massimi toccati dai prezzi nel 2011, i produttori di carbon coke hanno costantemente ridotto la capacità; quest'anno, la produzione siderurgica cinese - di cui il carbon coke costituisce un fattore produttivo chiave - è stata più elevata del previsto e le autorità cinesi hanno a loro volta imposto restrizioni al numero di giorni in cui è consentito produrre carbone cinese. Sul versante dei metalli, il rame è rimasto arretrato fino a settembre, senza rimbalzare in linea con gli altri metalli. Tuttavia, a partire da ottobre il prezzo del rame è salito del 24%.
Le principali spiegazioni di questo rialzo del prezzo del rame sono tre: l'aumento della domanda cinese, l'incremento della produzione di vetture elettriche (che richiedono il quadruplo dei cablaggi in rame rispetto ai veicoli tradizionali) e la previsione di maggiori spese in infrastrutture negli Stati Uniti. Alcuni analisti prevedono che il deficit possa raggiungere 400.000 tonnellate nel 2017, se la domanda cinese terrà e le autorità di Pechino continueranno a iniettare credito nell'economia in attesa del 19° Congresso Nazionale del Partito Comunista previsto per il prossimo autunno.




La crescita del credito cinese alimenta il rialzo dei prezzi del carbone e dell'acciaio

Per contrastare la crescente febbre speculativa, le autorità normative cinesi hanno attuato una serie di misure, riguardanti il carbone, il minerale di ferro e l'acciaio scambiati su borse, volte a dissuadere gli speculatori. Tra tali misure figurano l'aumento dei margini di negoziazione, il rialzo delle commissioni sulle operazioni e l'imposizione di limiti alla negoziazione. A novembre, la Dalian Commodity Exchange, la borsa merci cinese, ha così aumentato il margine di negoziazione per i contratti su carbon coke e carbone tre volte nell'arco di una settimana. Il problema di fondo in Cina è che la domanda interna è incrementata in una fase di eccesso di capacità delle industrie di base.
Non passerà molto tempo prima che le autorità siano costrette a scegliere tra un'inflazione generalizzata e il fallimento di alcune società.

John Greenwood Capo Economista, Invesco Ltd


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