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08/06/2016

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Il 92% delle imprese italiane crede ancora nell'Unione Europea, il 70% ha paura della Brexit

Secondo i dati dell'ultimo International Business Report di Grant Thornton, per gli imprenditori italiani la principale minaccia alla stabilita europea rimane la disoccupazione, ma vorrebbero maggiore integrazione economica e politica

A poche settimane dal referendum in cui il Regno Unito deciderà se uscire o meno dall'Unione Europea (23 giugno), il nuovo International Business Report di Grant Thornton rivela come la comunità imprenditoriale europea sia impaurita dall'impatto che la Brexit potrebbe avere sull'economia del continente.
Il sentiment rimane di flessibilità e resistenza di fronte alle varie pressioni economiche, ma un evento determinante come la Brexit o il peggioramento della crisi dei migranti potrebbe mettere le imprese a dura prova.

Il 92% delle imprese italiane crede ancora nell'Unione Europea, il 70% ha paura della Brexit

Grant Thornton ha chiesto ai business leader europei l'impatto che l'uscita britannica dall'Unione Europea avrebbe sul continente.
Circa 8 intervistati su 10 (79%) nell'ambito della zona euro ritengono che la Brexit avrebbe un impatto negativo; in confronto, meno del 4% crede possa essere un fattore positivo.
Nel Regno Unito, la maggior parte degli intervistati (68%) pensa che l'uscita dall'UE avrà un impatto negativo sull'Europa.
Cifre molto alte anche nelle imprese dei Paesi che hanno rapporti commerciali di lunga data con il Regno Unito come l'Irlanda (96%) e la Germania (89%).
Secondo Francesca Lagerberg, global leader tax services di Grant Thornton (nella foto), "ciò che emerge con chiarezza dalla ricerca è che la netta maggioranza dei business leader europei vede la Brexit in maniera negativa.
Il referendum arriva in un momento critico per l'Europa.

Il 92% delle imprese italiane crede ancora nell'Unione Europea, il 70% ha paura della Brexit

I livelli di fiducia delle imprese sono in realtà piuttosto forti se si considerano le potenziali minacce: bassa crescita, disoccupazione, crisi dei migranti e la possibile Brexit.
Tuttavia, qualora una di queste minacce si facesse più seria nei prossimi mesi, con evidenti ricadute sull'economia, l'ottimismo delle imprese potrebbe vacillare dal momento che i business leader vedrebbero minate le possibilità di pianificazione e investimento".
A parte la possibile uscita del Regno Unito dalla UE, Grant Thornton ha chiesto agli intervistati di citare le altre principali minacce alla stabilità economica dell'Europa. All'interno della zona euro, le imprese hanno evidenziato la bassa crescita (25%) e l'elevata disoccupazione (19%) come le loro principali preoccupazioni.

Seguici: 

Questioni come la deflazione (13%) e il flusso migratorio verso l'UE (10%) sono state citate meno spesso, nonostante la prevalenza di quest'ultimo tema nei media negli ultimi mesi.
Nonostante questi fattori di preoccupazione, dall'IBR emerge un'immagine positiva delle imprese europee.
Nell'Eurozona l'ottimismo si attesta infatti al 31% nel 1° trimestre 2016, un livello superiore al dato globale (26%) per lo stesso periodo.
In questi paesi rimangono alte anche le aspettative relative all'occupazione per i prossimi 12 mesi (25%), dato che è rimasto stabile nel corso dell'ultimo anno.
Situazione italiana
In Italia la disoccupazione continua a essere percepita come il maggiore ostacolo alla crescita economica (34%). Il 92% degli intervistati non vuole lasciare l'UE e, anzi, il 68% vorrebbe maggiore integrazione sia dal punto di vista politico che economico.

Il 36% vede le maggiori possibilità di crescita europee nell'ambito PMI grazie allo SME, il nuovo strumento di Horizon 2020 per valorizzare il potenziale innovativo delle PMI europee.
Inoltre il 54% ritiene che il QE abbia avuto effetti positivi sull'economia dell'Europa.
Secondo Giuseppe Bernoni, managing partner di Bernoni Grant Thornton, "è un momento di continue incertezze politiche-economiche che mettono a dura prova la fiducia dei nostri imprenditori.
Fiducia però che continua a essere attribuita all'Unione Europea e, come dicono i dati, al lavoro che è stato fatto dalla BCE in questi anni.
Ora bisognerà attendere il 23 giugno per capire quali saranno le intenzioni del Regno Unito; fondamentale non farsi cogliere impreparati alle ripercussioni che un eventuale Brexit potrebbe avere sul sistema economico europeo".



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