Una settimana prima, la crescita del Pil dell'eurozona ha sorpreso al rialzo, proprio mentre gli Usa annunciavano la più bassa crescita trimestrale degli ultimi due anni.
Due settimane fa la Germania ci ha mostrato un Pil solido.
I dati manifatturieri provenienti dall'Europa sono stati contrastanti, così come per gli Usa, ma è incoraggiante vedere l'Italia e la Spagna superare le attese.
Il problema della disoccupazione in Europa rimane grave ma le rivendicazioni dei senza lavoro, i tassi di partecipazione alla forza lavoro e i dati sugli stipendi del settore non agricolo ci ricordano che non è tutto rose e fiori nemmeno negli States.
Certo, tutto è relativo.
La crescita dell'Europa nel primo trimestre è dello 0,5%, esattamente come negli Stati Uniti.
Manca ancora la volontà di ristrutturare il debito greco.
La produzione industriale in Germania, Francia e Regno Unito si sta indebolendo.
L'inflazione è inesistente.
Ma le opportunità in Europa non riguardano i dati macro.
Sono piuttosto una serie di fattori che, messi in fila, sostengono l'idea di investimento nel settore corporate europeo.
Le aziende europee tendono a beneficiare di prezzi del petrolio più bassi.
In secondo luogo, sono più esposte ai mercati emergenti, in cui il sentiment potrebbe migliorare.
Infine, la quantità di moneta in circolazione nell'eurozona sta crescendo in modo consistente e quest'anno c'è stato un'ulteriore stimolo da parte della Bce.
L'azione di stimolo include l'impegno all'acquisto di obbligazioni aziendali, cosa che sta creando un'ondata di nuove emissioni in euro: circa 19 miliardi di euro sono arrivati al mercato soltanto nella giornata di mercoledì scorso.
Questa leva potrebbe creare problemi nel lungo periodo ma nel frattempo lancia il messaggio di un'abbondante liquidità e mostra la possibilità di investimenti redditizi.
Questo è incoraggiante, visto che le aziende europee hanno molto più margine di miglioramento degli utili delle corrispettive americane.
I profitti societari sono allo stesso livello del 2010 e non sono mai tornati su quelli precedenti la crisi.
Al contrario, i profitti americani hanno segnato un picco nel 2014 e da allora sono in calo.
L'inversione di tendenza non è ancora in corso.
A stagione delle trimestrali quasi finita, gli utili per azione delle società dell'S&P 500 sono in calo di poco più del 5% anno su anno; in Europa, gli utili per azione delle società dello Stoxx 600 sono in calo del 21% e le attese per la crescita degli utili a fine anno sono a favore di un indebolimento.
Ciononostante i miei colleghi che si occupano di azionario stanno guardando fuori dagli Usa, e per una buona ragione.
Diamo un'occhiata alle performance.
Da inizio anno i mercati che hanno avuto le performance peggiori includono lo Stoxx 600, le banche europee ed i listini italiano e tedesco (insieme alla Cina ed al Giappone).
Ma è andata diversamente ad aprile, quando la Spagna era in positivo del 4%, l'Italia del 3% e l'S&P 500 era piatto.
Per gli investitori in dollari americani i risultati sono stati perfino migliori: da inizio anno l'azionario spagnolo ha chiuso aprile in territorio positivo contro il biglietto verde.
In un mondo in cui le vere opportunità scarseggiano, i titoli europei potrebbero essere una buona fonte di valore nel lungo termine ed i mercati potrebbero ora riconoscere in parte questo valore.
Erik Knutzen, Chief Investment Officer Multi-Asset Class di Neuberger Berman
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