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02/03/2016

economia

Un brutto inizio 2016 per i Mercati Emergenti

Un'analisi Raiffeisen fa il punto della situazione su Cina, India, Russia e Turchia. Notevoli ribassi dei corsi azionari nelle prime settimane dell?anno

Cina

Per quanto riguarda la Cina, l'andamento della valuta rimane uno dei temi dominanti del momento - oltre, ovviamente, al forte ribasso dei corsi sui mercati azionari cinesi. La banca centrale e il governo hanno avviato nuove misure per rendere più difficili i deflussi dei capitali verso l'estero e nelle prime settimane dell'anno nuovo questo sembra dare buoni risultati. Con un calo di circa 100 miliardi di dollari dall'inizio dell'anno, le riserve valutarie sono diminuite molto meno di quanto anticipato dal mercato (120 miliardi) e nei prossimi mesi si attendono cali nettamente più bassi.
Il governo cinese non sembra inoltre essere interessato a una massiccia svalutazione della valuta, ma semmai a un leggero e soprattutto graduale indebolimento dello yuan, cosa che in fin dei conti correggerebbe solo lievemente il forte apprezzamento degli ultimi 10 anni.
Tuttavia, è sempre più diffusa l'opinione che definisce tutto ciò soltanto un'illusione del governo di Pechino, tra cui diversi importanti gestori di hedge fund. Questi ultimi prevedono che l'enorme espansione del credito (decuplicazione negli ultimi 10 anni) prima o poi porterà inevitabilmente a elevati default.

In questo modo, considerando i circa 34.000 miliardi di dollari USA di prestiti in essere, potrebbero rapidamente accumularsi svariate migliaia di miliardi di dollari in termini di fabbisogno di ricapitalizzazione.
Tutto questo si svolgerebbe quasi esclusivamente nella valuta locale, in modo tale da non aver direttamente bisogno di dollari USA. Di fronte all'enorme volume dovrebbe, però, finire sotto pressione il cambio della moneta cinese. Un tale scenario, con una svalutazione del 30% e oltre, non viene visto, tuttavia, come una completa esagerazione dal governo di Pechino.
Infine, la verità, come tante volte nella vita, sarà probabilmente una via di mezzo. Verosimilmente, il problema potrebbe dunque essere molto più grave di quanto ammesso da Pechino, ma, a sua volta, non così disastroso da risultare per forza in una svalutazione così drammatica. Mentre il governo al momento sembra ancora avere il controllo quasi completo sulla valuta ed evidentemente anche sull'economia, ciò non si può evidentemente dire dei mercati azionari.
Nonostante tutte le contromisure, a gennaio i corsi azionari a Hong Kong e sul continente hanno subito significativi ribassi.

Le azioni A di Shanghai hanno chiuso il mese con una perdita di oltre il 20%. Le azioni H di Hong Kong hanno ceduto il 15% e di conseguenza si trovano sui livelli più bassi dal 2009.

India

Per la prima volta da 13 mesi è calata la produzione industriale in India; questo è, però, in primo luogo da attribuire a effetti statistici speciali. I prezzi al consumo hanno ripreso a salire leggermente contrariamente al trend degli ultimi mesi, ma è soprattutto una conseguenza delle vaste inondazioni in alcuni Stati dell'Unione.
La politica fiscale sembra essere abbastanza efficace; il deficit di bilancio del 2015/2016 dovrebbe risultare inferiore alle previsioni. In compenso, a dicembre è significativamente aumentato il disavanzo con l'estero e ciò nonostante il calo dei prezzi del petrolio. La causa è da ricercare nel forte aumento delle importazioni e allo stesso tempo a esportazioni sostanzialmente stabili. È poco probabile che la banca centrale si attivi in materia di tassi d'interesse prima della presentazione del bilancio per l'esercizio 2015/2016 in parlamento.
Il mercato azionario indiano ha perso circa il 4%, in linea con il trend globale.


Mentre hanno ceduto soprattutto le azioni telecom e le società di infrastrutture, il settore IT ha fatto registrare addirittura un modesto rialzo.

Russia

Nel 2015 l'economia russa ha subito una contrazione del 3,7% circa. Nonostante ciò, il tasso di disoccupazione è rimasto pressoché stabile; in compenso i salari reali sono però calati di quasi il 10%. Nonostante il massiccio calo dei prezzi delle materie prime, il surplus delle partite correnti è stato superiore al 2014 (66 miliardi di dollari rispetto ai 59 miliardi), cosa che è da imputare in primo luogo al forte calo delle importazioni. Nel attuale contesto economico e geopolitico globale dovrebbe diventare molto difficile rispettare l'obiettivo di disavanzo previsto nel bilancio del 3% del PIL. Alla luce delle riduzioni delle prestazioni in ambito sociale per gran parte della popolazione, in caso di dubbio, il governo potrebbe però anche accettare deficit più elevati semplicemente sulla base di considerazioni di politica interna.
L'andamento dei deflussi di capitale è stato molto positivo; rispetto all'anno precedente sono diminuiti significativamente.


La banca centrale ha lasciato i tassi guida invariati all'11%, ha però richiamato l'attenzione sui crescenti rischi di inflazione e ha addirittura accennato alla possibilità di nuovi rialzi dei tassi. È particolarmente preoccupata del forte indebolimento del rublo che potrebbe causare un netto rialzo dei prezzi delle importazioni. In linea con il crollo del prezzo del petrolio, a gennaio il rublo aveva temporaneamente toccato un minimo record contro il dollaro USA; si è però nettamente ripreso nella seconda metà del mese e infine ha perso "solo" il 4% circa. Nel complesso il mercato azionario russo non si è quasi mosso rispetto al mese precedente e di conseguenza ha tenuto sorprendentemente bene di fronte al prezzo del petrolio pressoché in caduta libera e dell'ulteriore aumento delle tensioni geopolitiche.

Turchia

I dati sull'economia turca rimangono una combinazione di notizie buone e meno buone. È stato senza dubbio positivo il continuo calo del disavanzo delle partite correnti ai minimi degli ultimi cinque anni. Il forte incremento del 30% dei salari minimi a circa 400 euro andrà a favore di circa 11 milioni di lavoratori e dovrebbe dare una spinta all'economia interna.


Tuttavia, ciò dovrebbe pesare abbastanza sul bilancio pubblico, dato che il 40% circa dell'aumento salariale verrà finanziato dalle casse dello Stato. La situazione è meno favorevole per quanto riguarda l'inflazione. La banca centrale ha rivisto al rialzo le sue previsioni sull'inflazione per il 2016 dal 6,5% al 7,5%. A dicembre i prezzi al consumo erano quasi il 9% più alti dell'anno precedente.
A livello di politica estera il presidente Erdogan sembra sempre più cercare il conflitto con la Russia e altri paesi vicini. Più terreno perdono i raggruppamenti islamistici sostenuti dalla Turchia nei confronti delle truppe governative siriane, più aggressiva diventa la retorica di Ankara. Recentemente ha addirittura minacciato un diretto intervento militare in Siria (che sarebbe una manifesta violazione del diritto internazionale). Il tono si inasprisce sempre di più anche nei confronti dell'UE e addirittura dell'USA. Il presidente Erdogan non vuole assolutamente permettere la creazione di uno Stato curdo al suo confine e il rafforzamento di Assad in Siria sembra spazzare via sempre di più le sue speranze.


Non è da escludere che (come già nel caso dell'abbattimento del jet russo) rischi un'azione militare isolata, calcolando che gli altri paesi della Nato si trovino praticamente davanti ai fatti compiuti e che eventualmente potrebbe costringerli in questo modo a una specie di "solidarietà collettiva". Nel peggiore dei casi si potrebbe quindi arrivare a scontri militari diretti in territorio siriano tra la NATO e la Russia, con il potenziale di un'escalation geopolitica imprevedibile. Il mercato azionario turco è stato, tuttavia, uno dei mercati più forti all'inizio dell'anno e contrariamente al trend negativo globale ha addirittura guadagnato. (+2,4%).  


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