Partendo da un?analisi di contesto sociale ed economico, si passa a esporre i dati di performance della ristorazione italiana, immaginando possibili scenari di evoluzione.
La proposta degli autori parte da 5 tesi sull'innovazione, sostenendo che occorre partire dalla relazione con il cliente, ripensandola anche in chiave web (Digital PR); rigorosamente in real time (Mobile Strategy e Social Media Marketing); parlando con l'utente che diverrà cliente solo se lo ascolterai (Branding e Brand Monitoring); comunicando nel suo "linguaggio" (social e Content Marketing); progettando una comunicazione mirata e centrata sui bisogni (Web Marketing Plan e Web Design).
Abbiamo intervistato gli autori per approfondire alcune tematiche.
Può la comunicazione in questo settore essere "desruptive" rispetto alla concorrenza?
Polliotto: da 8 anni, con il blog CnR Comunicazione nella Ristorazione ( www.comunicazionenellaristorazione.it ) lavoriamo alla diffusione di know-how, una vera e propria alfabetizzazione di un settore che, tolte alcune eccezioni, da ricercare nel management ristorativo di nuova generazione e in nuovi modelli (penso al social eating, allo street food, al food delivery, etc.), è arretratissimo.
Non solo il settore è indietro, tanto da aver difficoltà a gestire la comunicazione via email con fornitori, colleghi e clienti, ma esiste un dislivello notevole tra le nuove consuetudini comportamentali degli avventori, in ricerca, abitudini d'acquisto e condivisione di esperienza culinaria e inefficacia digitale dei ristoratori.
I clienti chiedono a viva voce (pensiamo alla folle diffusione delle Food App al desiderio di catturare le immagini fotografiche dei piatti al ristorante per condividere emozioni sui social media via smartphome), e chef e titolari di ristoranti si tappano le orecchie! Vorrebbero proibire gli scatti fotografici, si arrabbiano se i clienti lasciano recensioni su TripAdvisor: non c'è un divario generazionale: è un abisso epocale. E per colmarlo abbiamo deciso di scrivere il primo manuale che tratta di questi argomenti in Italia.
In Italia sono pochissimi gli operatori, sia ristoranti alberghieri, sia strutture stand alone, sia catene o franchising, che hanno imparato a sfruttare al meglio le opportunità della rete e di un approccio mobile first e multi-channel.
Chi si avvicina a questo approccio non potrà che essere disruptive, perché il mercato ha già scardinato ogni metodo e modello di comunicazione e vendita.
Bove: Decisamente si, oltre quanto detto da Polliotto aggiungo che sono in pochi a farlo e fare meglio della concorrenza è veramente facile. E poi i clienti dei ristoranti sono già attrezzati, usano già massicciamente Internet, smartphone e altri device per cercare posti dove mangiare, dove passare una piacevole serata? Ma i ristoratori non sono preparati.
Spesso non hanno sito web, quando ce l'hanno non è aggiornato, pagine dei social abbandonate o schede locale senza le informazioni utili ai clienti, come riportato in questo studio.
Dal punto di vista del successo di un ristorante, quanto conta lo chef e quanto il web marketing?
Polliotto: Un tempo si diceva che l'accoglienza e la qualità del servizio costituissero il 50% della reputazione del ristorante, affiancato al 50% della bontà del prodotto gastronomico, ergo della qualità e arte dello chef. In realtà, lo chef ha sempre costituito uno sbilanciamento comunicativo, in modo direttamente proporzionale alla notorietà (e allìeventuale numero di stelle) del locale. Soprattutto in un'era in cui lo chef è sempre più primadonna e i bambini da grandi non vogliono più fare i calciatori o il pompiere, ma il protagonista indiscusso della cucina. Una divisa affascinante ce l'hanno in comune tutte le professioni citate.
Oggi vorrei riformulare le percentuali del successo del ristorante: 40% Cucina, 40% Servizio e 20% Cultura digitale.
Anche per giustificare un anno di lavoro nella stesura di questo libro, 8 anni di attività con il già citato blog e 9 con Muse Comunicazione, tra hotel e ristoranti.
Diciamo anche che mi permetto di ridisegnere la domanda in questi termini (anche perché ormai tutto passa online: branding, vendita, comunicazione, promozione, etc.): Quanto personal e quanto corporate branding miscelare nella promozione di un locale ristorativo?
E qui risponderei 50 e 50, anche se "Dipende" sarebbe la risposta più corretta.
Perché se il locale è di Chef Antonino Cannavacciuolo o di Chef Massimo Bottura...
Bove: A giudicare da "scherzi" come questo vale molto di più il marketing della qualità del cibo.
E in mondo supercompetitivo è veramente importante la comunicazione e il marketing per farsi notare.
Possiamo avere la cucina più squisita e la location più raffinata, ma se non lo comunichiamo il locale se lo gode solo lo chef e i suoi amici più cari. Ma d'altra parte non possiamo comunicare il nulla, dobbiamo anche avere un format del ristorante, piatti buoni e una buona accoglienza.
Quindi direi che va introdotto almeno un 20-30% di marketing per poter prosperare.
Quale peso dovrebbe avere oggi e in futuro il digital marketing nel business plan di un hotel o ristorante?
Bove: E' fondamentale.
Una nuova impresa ristorativa dovrebbe già nascere con il digital marketing strutturato.
Molto spesso nel lavoro in agenzia (Im Evolution) mi ritrovo con aziende che vogliono appiccicare un piano di Digital Marketing a strutture vecchie, ma senza modificare nulla. E' un po difficile. In un articolo del Sole24ore leggevo che in Italia è previsto nei prossimi anni una crescita del settore anche se con meccanismi differenti in base al territorio, ma per poter sfruttare questa tendenza positiva occorre avere il giusto approccio commerciale. Quindi focus sul trovare nuovi clienti o sulla fidelizzazione di quelli già acquisiti, ma occorre farlo sempre in mondo digitalizzato.
Polliotto: Partiamo dal presupposto che i ristoranti si trovano oggi nell'esigenza di "digitalizzare" il proprio approccio strategico, come i loro cugini del travel si trovarono circa 15 anni fa. Ma oggi tutto si evolve con rapidità esponenziale e soprattutto gli utenti sono molto più evoluti dei marketer che, voglia il cielo, qualche ristoratore ha saggiamente assoldato! Noi dedichiamo un intero capitolo a questo parallelismo, giustificato dal fatto che le principali OTA (Online Travel Agency) mondiali stanno aggredendo pesantemente il mercato della ristorazione.
National Restaurant Association USA, la più grande associazione di categoria della ristorazione al mondo (500.000 esercizi), in occasione del report annuale con le previsioni per il 2015, ha intervistato un nutrito campione di utenti con una semplice domanda: "Quanto è importante la tecnologia quando scegli un ristorante?"
Ecco il risultato del sondaggio:
- il 79% afferma che aumenti la convenienza;
- il 70% ritiene che cresca la velocità e l'accuratezza del servizio;
- il 45% pensa che la "dinner experience" sia più divertente;
- il 35% la crede determinante per scegliere un ristorante piuttosto che un altro;
- il 34% la individua come causa del personale aumento di cene al ristorante o di food delivery ordering.
Non pensiamo che in Italia le aspettative/abitudini dei clienti siano differenti.
Così assistiamo a una frattura: da una parte i clienti che cercano online, condividono su Instagram e Facebook, leggono le recensioni su Tripadvisor per decidere se prenotare o no, cercano con food app o su Google con lo smartphone il ristorante più vicino quando sono on-the-go; dall'altra i ristoratori che si chiudono nelle loro cucine e immaginano clienti attirati esclusivamente da guide cartacee, da articoli sui quotidiani, dalle Pagine Bianche.
Libro: Ingredienti di digital marketing per la ristorazione
http://digitalmarketingristorazione.com
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