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21/10/2015

economia

Fonti di rischio: commercio, contagio e paralisi politica

Adler (Credit Suisse): prevediamo una prosecuzione della ripresa economica nelle economie avanzate. Ma temiamo che i canali del mercato finanziario possano indebolire l'economia globale, e che la politica economica sia troppo rigida per reagire in modo efficace

La notevole volatilità e, in molti casi, le flessioni dei mercati azionari nelle ultime settimane sollevano dubbi sulle nostre previsioni economiche piuttosto positive. Lo stesso può dirsi dell'improvvisa adozione di una maggiore cautela da parte della Federal Reserve. È quindi utile analizzare quali siano i rischi per il nostro scenario principale.

I legami commerciali diretti tra mercati emergenti (ME) e mercati avanzati (MA) sono circoscritti, ma non dimentichiamo i legami indiretti, i moltiplicatori e gli utili delle imprese

Molti indicatori economici dei principali mercati avanzati continuano fino ad ora a puntare verso un rialzo. Essi rimangono molto più deboli della maggioranza dei mercati emergenti. Inoltre, la debolezza dei ME si è auto-alimentata, poiché dopo anni di espansione, il commercio tra paesi emergenti è recentemente diminuito: il rallentamento della domanda di commodity in Cina ha indebolito i ME esportatori di materie prime, che a loro volta hanno ridimensionato la domanda di prodotti industriali. Dal momento che molte valute emergenti, soprattutto in America Latina, si sono bruscamente deprezzate, la loro domanda di importazioni potrebbe diminuire ulteriormente.


I legami commerciali diretti tra MA e ME sono meno stretti, con l'eccezione significativa degli esportatori di materie prime, come l'Australia. Inoltre, gli effetti incrociati tra paesi - come la debolezza dell'Australia che si trasmette ad altri MA - potrebbero non essersi ancora fatti sentire appieno nel sistema. Inoltre, gli effetti moltiplicatori delle variazioni delle esportazioni sono tradizionalmente piuttosto forti. Infine, man mano che gli utili delle società globali nei MA iniziano a calare, è probabile che assisteremo a effetti di retroazione negativi negli investimenti, soprattutto per i produttori di commodity.

Circolo vizioso di debito estero e debolezza delle valute

Abbiamo spesso sostenuto l'improbabilità che si ripetano le crisi dei mercati emergenti della fine degli anni '90 poiché il debito espresso in valute estere dei paesi emergenti è ora nettamente inferiore e la flessibilità dei cambi ha ammortizzato i colpi. Il problema di questa argomentazione è duplice: in primo luogo, mentre il debito pubblico estero è sicuramente inferiore, il debito estero privato dei ME, soprattutto il debito societario, è nettamente aumentato; è stimato attorno al 25% del PIL secondo il Fondo Monetario Internazionale.

Inoltre, molti ME hanno registrato un enorme incremento del debito in valuta locale. Questo riduce la vulnerabilità diretta a deprezzamenti della valuta, ma considerando che molte banche centrali di Paesi emergenti hanno dovuto aumentare i tassi per contrastare il rialzo dell'inflazione e la debolezza delle valute, il carico del debito è aumentato ugualmente. Sulla base dei parametri del debito e dei deficit con l'estero, paesi quali Brasile, Sud Africa e Turchia appaiono particolarmente vulnerabili.

Stretta delle condizioni finanziarie e paralisi politica, anche nei Mercati Avanzati

Il processo di rialzo dei tassi d'interesse ha portato ad una brusca stretta delle condizioni finanziarie in molti ME. Come abbiamo già osservato, molte banche centrali di paesi emergenti non sono in grado di allentare la propria politica monetaria a causa della debolezza delle valute e di una inflazione ancora eccessiva. I margini di manovra fiscale sono anch'essi generalmente piuttosto ridotti.
Contemporaneamente, le condizioni economiche nei MA, soprattutto negli USA, sembrano chiaramente troppo forti per giustificare un allentamento della politica fiscale o monetaria (ulteriori programmi di allentamento quantitativo o tassi d'interesse a breve termine negativi).


Quindi, sussiste il rischio che aumentino le tensioni sui mercati finanziari e che si indebolisca l'economia mondiale, prima che la politica ritorni ad un orientamento espansivo. Tuttavia, pur riconoscendo la presenza di un'ampia serie di fattori di rischio nei ME, riteniamo che, a conti fatti, l'effetto domino verosimilmente limitato verso i MA sommato alla relativa solidità della crescita negli USA e in Europa occidentale fanno sì che l'economia globale possa alla fine evitare una frenata più netta.

Oliver Adler, Head of Economic Research Credit Suisse


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