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07/10/2015

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Sottile (Deutsche AWM): perche' il mercato degli ETF e' in forte crescita

La raccolta del risparmio gestito in Italia sta attraversando un momento di grande sviluppo e gli ETF rappresentano una molteplicità di strategie e di possibilità di difersificazione. Un mercato che per il nostro Paese vale già 45 miliardi di euro

Trovare i giusti rendimenti oggi non è facile. La congiuntura internazionale, con le mosse di Cina e Stati Uniti che non sempre sono di facile interpretazione, offre più ombre che luci. E nel caso dei Paesi Emergenti, occorre fare molti distinguo tra le singole situazioni. Di come fare chiarezza sulla situazione, guardando ai mesi a venire, ne abbiamo parlato con Luigi Sottile, Head of DPM Team Italy di Deutsche AWM.

Come generare alfa in un mondo a bassa crescita e bassi rendimenti?

La generazione di alfa è sempre stato un elemento di particolare ricerca per gli investitori istituzionali e per la gestione dei portafogli. Oggi la ricerca di alfa va nella direzione di avere dei portafogli che possono comunque generare dei rendimenti aggiuntivi in un contesto che è sicuramente più complesso rispetto a l passato. A nostro avviso la generazione di alfa deve partire comunque da una approfondita ricerca e dall'analisi economica che, nel nostro caso, generiamo in Deutsche Bank. E che può fornire quegli elementi necessari per estrarre valore anche in un contesto di sicura complessità come quello attuale.



Come si caratterizza il mercato della raccolta in Italia in questo momento?

La raccolta del risparmio gestito nel nostro Paese sta attraversando una fase di forte sviluppo e di forte accelerazione rispetto agli anni passati. Il contesto attuale di tassi molto bassi, e quindi di difficoltà per l'investitore privato nel trovare opportunità di rendimento con una gestione personale, basate sulle proprie possibilità e capacità, hanno necessariamente spinto a trovare una gestione professionale, che consenta di trovare l'extra rendimento anche in un contesto difficile come quello attuale. Quindi, l'andamento della raccolta sta registrando da almeno tre anni una forte accelerazione anche nel nostro Paese, in linea con la media europea.

Ci sono molte ipotesi su questa fase del mercato cinese. In questi giorni è notizia anche che molti capitali abbandonano Pechino. Cosa vi aspettate da adesso al 2016?

Ci aspettiamo che la Cina, dopo il passaggio a vuoto registrato ta il mese di luglio e agosto, riprenda un trend di crescita, che può collocarsi tra il 6,5% e il 7%.

Di sicuro, negli ultimi mesi l'economia cinese ha subito un po' i contraccolpi della crisi del sistema bancario, che erano già emersi alla fine del 2014. Questo rallentamento si è fatto poi più pronunciato nella seconda parte dell'anno. Riteniamo comunque che la Cina riuscirà a trovare la via della crescita, pur comunque tenendo presente che necessariamente il Paese sta andando verso un modello di sviluppo che è meno legato alla dinamica tipica dei Mercati Emergenti e più propria di un mercato sviluppato.

Sarà un percorso lineare?

Certamente no. La Cina sta attraversando una fase di profonda trasformazione. Il governo cinese ha l'ambizione di trasformare il Paese con le caratteristiche tipiche che aveva nel corso degli ultimi 10-15 anni, cercando di costituire una classe media che possa essere uno zoccolo duro di crescita economica, allo scopo di garantire una certa stabilità per quel che riguarda il ciclo congiunturale. E' proprio di un'economia emergente avere un andamento del ciclo abbastanza volatile, ed è quello che il governo di Pechino sta tentando di correggere.



Alcuni analisti vedono un mercato azionario USA in bolla. E la prudenza della FED sembra concermare la cautela. Temete anche voi una "tempesta perfetta" all'orizzonte?

No. Riteniamo che il ciclo economico negli USA sia avanzato, e comunque ci aspettiamo una crescita intorno al 2,3%-2,4% nel 2016 per l'economia americana. La Fed sta, a nostro avviso, più che controllare una possibile "tempesta perfetta", cercando il modo migliore, più "soft", di uscire da una situazione che dura ormai da nove anni, cioè con tassi di interesse intorno allo zero, quindi con curve dei tassi totalmente appiattite. La via di uscita, o exit way, da queste situazioni non è sicuramente un esercizio semplice, anche per una banca centrale così navigata e di lunga esperienza come può esserlo la Federal Reserve. I mercati sono stati abituati da diversi anni ad aver un costo di "funding" ai minimi storici, e di conseguenza, tutto questo rappresenta un cambiamento di stato che per i mercati finanziari necessita di un certo arco di tempo per poterlo sostanzialmente somatizzare.

Quindi non vede all'orizzonte un nuovo Quantitative Easing?

Escluderei un QE quarta serie negli Stati Uniti.


Evidentemente negli USA la situazione è ben diversa da quella europea, dove invece sia Mario Draghi, sia Benoit Coeure, hanno recentemente dichiarato che il QE teoricamente si fermerà a settembre del prossimo anno ma, nel caso in cui fosse necessario, potrebbe essere prolungato nel tempo, senza dare ulteriori scadenze.

Per molti analisti le azioni europee sono ancora appetibili. Ma l'eurozona ristagna e senza il QE di Draghi saremmo in recessione. Qual è il suo punto di vista?

Noi riteniamo che l'Europa stia mostrando segni di vitalità. E' vero che il processo di uscita dalla recessione dell'eurozona è lento, più lento rispetto ad altre fasi precedenti e alla media storica. Di sicuro la crisi che abbiamo avuto negli anni 2010-11 è dovuta all'effetto di deleveraging che le aziende europee hanno portato in porto, e al taglio dei costi che sicuramente hanno fatto si che i tempi di uscita dalla recessione si stiano allungando. Ma ci sono dei chiari segnali di ripresa, a cominciare, per esempio, dal mercato del credito.
Siamo poi positivi per quanto riguarda la dinamica degli utili per le aziende europee.


Non dimentichiamoci inoltre che siamo in un contesto in cui il dollaro si è rafforzato molto negli ultimi 12 mesi, e il prezzo delle materie prime - che per l'Europa è molto importante - è decisamente più basso sempre rispetto agli ultimi 12 mesi e, infine, c'è una politica monetaria particolarmente accomodante e che rimarrà tale sicuramente per molto tempo ancora. Di conseguenza, non possiamo non esser positivi sul mercato europeo, che peraltro presenta delle valutazioni rispetto a quello americano decisamente a sconto.

Come vedete la situazione dei Mercati Emergenti?

Questi mercati offrono sicuramente un'opportunità di investimento. Non c'è dubbio che, rispetto a qualche anno fa, alcuni di questi hanno fatto dei passi avanti in termini anche di stabilità politica e di corporate governance, due elementi che sono storicamente mancati nei mercati emergenti. Negli ultimi dieci anni sono stati molto rivalutati. Sicuramente l'aumento portentoso dei prezzi delle materie prime all'inizio degli anni 2000 ha sicuramente dato un grande boost alla crescita di questi Paesi.


Alcuni di questi non sono stati in grado di far tesoro di questo momento storico e non hanno portato a termine necessarie riforme. Questo vale, per esempio, nel caso del Brasile, Paese grandissimo esportatore di materie prime: ha vissuto 7-8- anni sull'onda del rialzo del prezzo delle commodity, ma non ha fatto tesoro di tutto questo. La mancata stagione delle riforme ha fatto si che oggi il Brasile, nel momento in cui i prezzi sono consistentemente regrediti, si ritrovi alle prese con gli stessi problemi di 10 anni fa. Quindi è un'occasione mancata. Ci sono anche altri esempi in senso positivo, che rappresentano oggi Paesi dove ci sono opportunità. Tra tutti i Paesi Emergenti, che comunque costituiscono una categoria molto ampia, va fatta dunque una cernita, poichè è un'etichetta molto generica che però nasconde luci ed ombre.

Perchè gli ETF consentono una gestione diversificata?

Nel panorama attuale gli ETF rappresentano una molteplicità di strategie e di possibilità di difersificazione. Un esempio tra tutti: esistono ETF che consentono di intercettare determinati tratti di curva del mercato dei tassi, fattore più difficile da intecettare con un fondo piuttosto che con altri prodotti.


Gli ETF si sono molto evoluti negli ultimi 10 anni: siamo passati da meri tracker di mercato di indici a prodotti che danno la possibilità di accedere, per esempio, alle commodity, e ad altre tipologie diverse. Pochi giorni fa Deutsche Bank ha annunciato in borsa, tra gli altri, dei Factory ETF, con la possiblità di avere una caratterizzazione dell'asset allocation anche in termini anche fattoriali, di stile, di momentum, di quality degli utili aziendali ecc. Oltre a questo, nell'ambito della categoria degli Smart Beta, esiste la possibiltà di dare al proprio portafoglio una diversificazione sempre più approfondita tramite gli ETF.

Qual è l'andamento del mercato degli ETF in Italia e come si posiziona rispetto ad altri Paesi?

In Italia è in continua crescita. Siamo arrivati ad un ammontare in gestione con gli ETF intorno ai 45 miliardi di euro, con una media giornaliera di scambi intorno ai 350 milioni. E' diventato un mercato assolutamente importante, tanto che trova largo spazio presso gli investitori non solo retail ma anche istituzionali, e l'Italia si conferma essere il terzo Paese in Europa, dopo Germania e Gran Bretagna.


Si tratta quindi di un mercato in assoluta crescita, che fa dell'innovazione uno dei suoi punti di forza, e che consente in questo modo di approfondire alcune tematiche e fornire una ampia diversificazione ampia del portafoglio.

 


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