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09/09/2015

leisure

Tutto il fascino del San Domenico Palace Hotel di Taormina

Il leggendario cinque stelle lusso del gruppo AMT Hotels, con vista su uno dei panorami più suggestivi del Mediterraneo, ha avuto come ospiti personalità da tutto il mondo e vanta un ristorante con due stelle Michelin

C'è una sottile magia negli elementi del paesaggio di Taormina. Dal giardino del San Domenico, una splendida terrazza sospesa sulla vastità del mare Jonio, lo sguardo abbraccia una verde vallata e un lungo arco di costa fino a incontrare la mole fumante dell'Etna a volte orlata di nubi, a volte sgombra e nitida contro un cielo pulito. In inverno lo spettacolo è ancora più suggestivo perché mentre nel giardino sbocciano i primi fiori, il vulcano rimane bianco di neve.
È questa una immagine nota anche agli antichi viaggiatori. "Sotto il cielo più puro", scrisse Wolfang Goethe, "i nostri sguardi vagavano su questa bella riva dall'alto di un piccolo balcone. Le rose erano fiorite e gli usignoli cantavano". John Henry Newman aggiunse nel 1833: "Osservare questo panorama è come raggiungere lo scalino più vicino al cielo. Per la prima volta nella mia vita ho capito che se vivessi qui sarei un uomo migliore e più religioso". E lo scienziato francese Eliseo Reclus nel 1865: "In nessun'altra contrada del mondo fu concesso agli uomini di associare in più splendida maniera i tesori dell'arte con le magnificenze della natura".


E fin da allora, il turismo è lievitato, sempre in un clima di esaltazione per le bellezze artistiche e naturali dell'antica "Tauromenion", per i silenzi e gli abbandoni offerti dalle ville e dagli alberghi poggiati sui declivi e nascosti da una vegetazione lussureggiante, per le suggestioni e i richiami classici del luogo.
Una sorta di incantesimo, insomma, che prende a volte l'uomo del Nord, l'inglese, l'americano, il tedesco, lo svedese, e lo induce a non abbandonare più il breve terrazzo del monte Tauro su cui Taormina siede come una dea dell'Olimpo greco. Chi riparte conserva spesso un ricordo struggente legato a una immagine, al volto di una donna, a una felicità perduta.
È il caso dell'ignoto straniero di lingua inglese autodefinitosi "the nomad", "il nomade", che molti anni fa (quanti?) fece apporre una targa di bronzo all'ingresso del giardino del San Domenico per ricordare che "qui, in questo assolato giardino, lei si riposò all'ombra di alberi accoglienti come un rifugio. In questo splendido giardino aperto sul mare Jonio lei piantò un albero, l'albero del ricordo. In questo giardino tranquillo sbocciano i fiori e dischiudendosi raccontano una storia d'amore durante il giorno e nelle quiete ore della notte; con il loro profumo i fiori parlano di lei che li amò tanto".


Romanticismo? Stravaganza? Chi può dirlo. Il fatto che la targa sia stata apposta da qualcuno che fu ospite del San Domenico fa pensare al sortilegio operato da un soggiorno nel famoso convento-albergo, il più noto di Taormina e il più conosciuto nel mondo. Quegli ampi corridoi bianchi di calce che un giorno accolsero solo i passi felpati dei monaci e udirono il salmodiare della raccolta comunità, le stanze che furono celle silenziose vincolate dalla clausura, il chiostro, le immagini dei Santi, gli stalli del coro, tutto parla di vita monastica e fa apparire stridente la utilizzazione profana dell'antica casa dei Domenicani e vagamente peccaminosa l'atmosfera di oggi.
Il San Domenico ha esercitato un enorme fascino sui visitatori da quando, nel 1896, venne trasformato in albergo. In un album di pergamena con fregi dorati, gelosamente conservato, c'è un pò la storia del turismo di Taormina. L'album si apre con una foto del Kaiser e una data, 1905. Non c'è una frase nè una sola firma, ma si presume che l'imperatore di Germania sia venuto al San Domenico e abbia donato la sua fotografia. L'anno seguente, il 6 aprile 1906, venne il re di Gran Bretagna Edoardo, nel 1913 fu la volta del granduca Paolo di Russia e della contessa di Hohenfelsen.

Vi sono, tra questi illustri nomi, firme di ignoti granduchi, di sconosciuti principi russi, di baroni tedeschi dai nomi chilometrici.
Il 10 aprile 1913 firmò il registro Anatole France, nello stesso anno lo firmò Umberto di Savoia, il 28 settembre 1920 Guglielmo Marconi. Elena di Savoia duchessa di Aosta con Amedeo apposero la firma nel registro nel 1922, Mafalda e Giovanna di Savoia nel 1923, Richard Strauss il 9 maggio 1923, Sergio Voronoff nel 1924, il re di Spagna Alfonso XIII nel 1927, Luigi Pirandello il 16 gennaio 1928. Si trovano nelle ultime pagine le firme di Vittorio Emanule Orlando, di re Farouk, dell'arcivescovo americano Fulton Sheen, dello scrittore Thomas Mann, di John Ernst Steinbeck.
Questo per quanto riguarda il passato. In un più recente passato è la cronaca a farci sapere che il San Domenico nelle varie edizioni della Rassegna Cinematografica che si concludeva con la consegna dei David di Donatello ha ospitato i grandi del cinema da Marlene Dietrich a Susan Hayward, da Ingrid Bergman a Cary Grant, da Audrey Hepburn a Sophia Loren.


Senza contare le apparizioni inattese, e un pò stravaganti. In quel periodo infatti, entrò in albergo, riconoscibile con facilità ma incredibilmente vestita con blue-jeans e maglietta, Ava Gardner la quale era in compagnia di Adlai Stevenson e di altri amici. Laggiù, nel mare di Giardini Naxos, era all'ancora la "barca" della diva.
Un'apparizione ugualmente rapida nello stesso albergo fece Sam Spiegel, il favoloso magnate di Hollywood produttore di "Laurence d'Arabia", in compagnia di un rumoroso gruppo di amici tra cui spiccava la figura sottile dell'attrice Romy Schneider. Unico loro desiderio, quello di gustare un piatto di spaghetti cucinati dal cuoco del San Domenico. Due episodi, questi, che indicano la latitudine dell'attrazione esercitata dall'albergo e da Taormina.
C'è da aggiungere che il cinema ha reso omaggio al San Domenico, infatti sono state numerose le pellicole girate in questo convento-albergo, tra i tanti film citiamo: L'Avventura di Michelangelo Antonioni, Piange il Telefono con Domenico Modugno, Le Grand Bleau di Luc Besson, Il Piccolo Diavolo di Roberto Benigni con Walter Matthau e recentemente il film Grande Grosso e Verdone di Carlo Verdone.




Dal convento del XIV secolo al 5 stelle lusso

Curiosa è la storia della trasformazione del convento in albergo. Tanto la chiesa, oggi distrutta, quanto l'annesso convento furono edificati nel XV secolo a spese di un nobile catanese, il frate domenicano Damiano Rosso appartenente alla principesca famiglia dei Rosso di Altavilla.
Nel 1430 il frate fece definitiva donazione di tutti i suoi beni al convento, ma pose una clausula il cui contenuto si conobbe solo dopo oltre quattro secoli, esattamente nel 1866, e in circostanze davvero drammatiche. Era l'anno del passaggio allo Stato dei beni ecclesiastici e, pertanto, anche al convento di San Domenico si presentò il funzionario incaricato di prendere possesso dell'edificio.
Ma il rappresentante del nascente Stato italiano fu maldestro e tentò di strappare le chiavi del convento dalle mani dell'ultimo religioso rimasto tra le antiche mura, il frate Vincenzo Bottari Cacciola. Ed allora il domenicano, indignato per tanta villania, (l'episodio è descritto nella pietra tombale del frate, nel cimitero di Taormina), "vendicossi svelando ai nobili eredi di Damiano Rosso un occulto e ignorato testamento".


Una pergamena rimasta fino ad allora segreta diceva, infatti, che il convento stesso sarebbe ritornato agli eredi se i monaci lo avessero abbandonato. Fu così che i principi Cerami, eredi dei Rosso di Altavilla, poterono prendere possesso dell'edificio che successivamente venne trasformato in albergo.
Altra curiosità è costituita dall'esistenza di un appartamento chiamato Truman, il più bello ed elegante di tutti, decorato con lacche cinesi e splendidi letti di ottone, nel quale Truman non è mai stato ma dove avrebbe alloggiato se si fosse deciso a venire fino a Taormina.
Oltre camere e suite che offrono una vista incomparabile sul Mediterraneo e sull'anfiteatro, e giardini con ogni frutto che la costa siciliana può offrire, il San Domenico vanta il il ristorante "Principe Cerami", vero fiore all'occhiello della struttura. Grande interprete della tradizione siciliana, Massimo Mantarro propone una cucina creativa e innovativa, ispirata al territorio e al patrimonio gastronomico siciliano. Colonna portante del San Domenico Palace dal 1991, ha ottenuto la seconda stella Michelin nel 2012. http://www.san-domenico-palace.com/it/

 

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