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01/07/2015

economia

Il premio sui Bund e' irragionevole con l'Eurozona ormai oltre il punto di crisi

Il mercato delle obbligazioni europee appare sempre più vulnerabile alla volatilità. Alla radice dell'inasprimento del sentiment si trovano i Bund tedeschi. Questo, e non la Grecia, detta al momento la direzione dei rendimenti degli altri mercati obbligazionari dell'Eurozona

Il contesto macro-economico del segmento fixed income è decisamente cambiato, orientandosi al ribasso, poiché la solidità dei dati occupazionali negli Stati Uniti indica possibile un rialzo dei tassi già a settembre, nonostante la situazione di stallo tra la Grecia e i suoi creditori internazionali mantenga acceso il dibattito sull'eventualità di una "Grexit". E' improbabile che questi fattori, per quanto importanti, rappresentino la causa scatenante del declino del sentiment nei confronti dell'asset class discutibilmente considerata la più sicura di tutte: i Bund tedeschi. Questa è l'opinione espressa in una comunicazione da WisdomTree Europe.

Bund prezzati come se l'Eurozona fosse ancora in piena crisi

Il commento di Draghi deve avere risvegliato dal torpore gli investitori quando, al picco delle valorizzazioni nel mese di aprile, i rendimenti dei titoli sovrani tedeschi si sono attestati appena al disopra dello zero percento per i Bund decennali. L'opportunità per il governo tedesco di emettere titoli federali a scadenza quinquennale con una cedola allo zero percento dall'inizio dell'anno mostra l'asimmetria del mercato del credito in Europa, sbilanciato a favore dei debitori a discapito dei creditori.

Dopo il marcato sell-off del mese scorso, i rendimenti decennali sui Bund sono saliti rapidamente all'1%, anche se la volatilità implicita ha toccato il 9%, livelli che non si osservavano dalla metà del 2011.
I titoli inflation linked a lunga scadenza (ILS) e i rendimenti "da crisi" che questi offrono agli investitori, rappresentano senz'altro un'indicazione più chiara della possibile valorizzazione errata del debito tedesco. Con i rendimenti reali dei decennali tedeschi in segno negativo al -1,38%, l'investimento in titoli ILS appare ragionevole solo nel caso in cui gli investitori prevedano un decennio di depressione economica per l'Eurozona. Fino all'anno scorso quest'ipotesi costituiva giustamente la preoccupazione principale; ma dopo che l'adozione di tutta una serie di politiche eccezionali di stimolo all'attività ha comportato il calo dei tassi d'interesse al disotto dello zero, un programma di QE e operazioni TLTRO, è molto probabile che la fase più acuta della crisi sia passata. Ciononostante, anche dopo l'impetuosa correzione, il premio pagato dagli investitori impauriti per i Bund non è ancora completamente scomparso.

Il rendimento reale sui titoli ILS a 10 anni continua ad aggirarsi in territorio negativo che, a -50bp, fondamentalmente indica un decennio di contrazione economica.
Mentre il programma di QE della Banca centrale europea sta distorcendo i fondamentali sui mercati secondari, un più pronunciato inasprimento del sentiment appare evidente sui mercati primari, in particolare per i Bund a lunghissima scadenza. Con l'ultima asta di titoli trentennali, il 28 gennaio di quest'anno, il governo tedesco ha allocato solo 939 milioni di euro dopo avere ricevuto offerte per 1,2 miliardi di euro, la cifra più bassa mai registrata che sottolinea inoltre come i rapporti medi domanda/offerta (bid-to-cover ratio) delle emissioni di Bund a 30 anni dal 2014 in poi abbiano smaccatamente disatteso la media storica di lungo periodo pari a 1,5.

Il ricorso alla leva finanziaria delle banche segna la fine di anni di avversione al rischio e segnala forza e fiducia

I tassi nominali bassi e i rendimenti reali negativi dei Bund tedeschi a lunga scadenza diventano difficili da giustificare quando appare chiaro che l'Eurozona ha ormai superato il punto di crisi.


Il settore bancario europeo si è sottoposto a un efficace processo di ristrutturazione e ricapitalizzazione, soprattutto in Italia e Spagna. Il cammino è ancora lungo, soprattutto per quel che riguarda il consolidamento dell'industria italiana ancora eccessivamente dipendente dagli istituti bancari e la ristrutturazione dei crediti incagliati in Spagna. Nel complesso, tuttavia, questa situazione di difficoltà ha reso i bilanci delle banche europee più trasparenti. In effetti, l'espansione dei portafogli di prestiti indica con chiarezza il rafforzamento delle banche dell'Eurozona. Ad esempio, dal 2014, il processo di riduzione della leva dei bilanci bancari ha subito un'inversione, con una crescita dei finanziamenti concessi al settore privato pari a 95 miliardi di euro (ad aprile 2015), indicando che le banche considerano l'erogazione di nuovi prestiti alle aziende un'attività in grado di offrire rendimenti corretti per il rischio sempre più elevati, nonché una valida alternativa all'incetta di titoli di Stato.

Efficiente posizione ribassista sul fixed income tramite gli ETP geared short

Le recenti vendite massicce che hanno coinvolto i Bund sono difficilmente imputabili alla situazione greca.


Tagliati dal supporto fornito dal programma di QE della BCE, i rendimenti del debito greco hanno raggiunto livelli di default molto prima che fosse introdotto il piano di allentamento quantitativo e la costante ascesa da allora non ha avuto alcun riflesso sui titoli di Stato italiani, spagnoli o portoghesi. Al contrario, i titoli sovrani di questi Paesi si sono mossi di pari passo con i Bund tedeschi e, da quando la turbolenza sui mercati obbligazionari ha avuto inizio nel mese di maggio, sono anche diventati più sensibili. Ad esempio, lo spread a 10 anni dei BTP italiani rispetto ai Bund tedeschi è salito da 90bp a fine marzo a 140bp oggi.
Ecco un'argomentazione forte a favore di un'esposizione ribassista sui mercati obbligazionari europei, anche dopo la recente correzione. Agli investitori si presenta l'opportunità di adottare posizioni corte sul debito governativo dell'Europa.


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