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17/12/2014

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Solo il 7% degli italiani e' soddisfatto del processo di candidatura

Giorgetti (Kelly Services): La maggior parte degli intervistati lamenta tempi d'attesa troppo lunghi e carenza di ’informazioni dall'’invio del CV all'ingresso in azienda

L'esperienza del candidato, dall'assunzione all'on-boarding è la tematica del terzo capitolo del Kelly Global Workforce Index 2014 di Kelly Services. La ricerca identifica alcune delle "falle" più comuni nel processo di recruitment, che possono avere effetti duraturi sull'atteggiamento del candidato e, in prospettiva, sull'engagement del dipendente. Inoltre, si concentra sugli elementi che possono creare le basi o minare un buon rapporto di collaborazione e analizza i primi, fondamentali, 90 giorni di lavoro, suggerendo quello che le aziende possono fare per un inserimento di successo.
Questa indagine raccoglie le risposte di più di 230.000 persone di 31 Paesi, di cui circa 4.000 in Italia, e mostra gli effetti dei diversi fattori che impattano sul mondo del lavoro attuale, tra cui le differenze geografiche e la responsabilizzazione dei dipendenti, con un particolare focus sui tre gruppi generazionali principali: Y (19–30 anni), X (31–48 anni) e Baby Boomer (49–66 anni).
I risultati della survey mostrano come, a livello globale, il 22% degli intervistati sia molto soddisfatto dell'ultimo processo di candidatura sperimentato per una posizione lavorativa.

I Paesi con le percentuali più alte di "soddisfatti" sono Russia (68%), Thailandia (59%), Polonia e Regno Unito (56%). In Italia, questo dato scende vertiginosamente: solo il 7% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di essere "molto soddisfatto".
Il 65% degli italiani afferma che la mancanza di comunicazioni chiare e regolari e di aggiornamenti sullo status della candidatura è la causa principale d'insoddisfazione. Tra gli altri fattori che impattano negativamente su questo processo, vi sono l'assenza di aggiornamenti dopo il colloquio (34%), la mancanza di una job description chiara (22%), la difficoltà a candidarsi tramite dispositivi elettronici e il non essere informati sulla retribuzione (14%).

Necessaria una risposta in tempi brevi

Un altro tema che emerge dalla survey è la necessità per i candidati di ottenere una risposta tempestiva da parte delle aziende, una volta che queste ultime hanno ricevuto la candidatura. Il 48% in EMEA e il 52% in APAC dichiara che la tempistica ideale sia di 3-5 giorni lavorativi. Gli italiani, invece, ritengono accettabile anche una risposta entro due settimane (46%).


Il modo in cui i candidati esplorano il mercato del lavoro e si candidano riflette un cambiamento nell'utilizzo della tecnologia e dei social media. Infatti, la survey mostra che per tutti e tre i gruppi generazionali, Y, X e Baby Boomer, i metodi più utilizzati per inviare la propria candidatura sono i sistemi elettronici (96%). Ancora poco diffusi, invece, come strumenti di recruiting, sono l'invio del cv tramite social media, i video cv e i colloqui da remoto, utilizzati da meno del 10% degli intervistati a livello globale.
I canali più utilizzati per trovare un nuovo lavoro nel 2014 sono stati i siti web specializzati, con circa un quarto degli intervistati di EMEA (26%) e APAC (27%). Un altro metodo che non passa mai di moda è quello del passaparola, soprattutto in EMEA, dove il 16% l'ha utilizzato con successo, contro l'8% in APAC. L'approccio diretto da parte di aziende o recruiter ha interessato il 16% in EMEA e il 15% in APAC. Le società di reclutamento, selezione o head hunting sono state scelte dal 23% degli intervistati APAC e dal 16% EMEA, mentre le inserzioni su stampa si sono dimostrate un canale ormai in disuso, con il 3% dei lavoratori che l'hanno utilizzato.


In coda i social media, ancora fermi al 2%.

In Italia domina il passaparola

In Italia, le percentuali registrate sono sensibilmente diverse. Il canale maggiormente utilizzato rimane quello del passaparola, che ha interessato il 23% degli intervistati, seguito dai siti specializzati online (22%). Al terzo posto l'approccio diretto da parte di aziende o recruiter, con il 19%. Le società di reclutamento, selezione o head hunting hanno riguardato, invece, il 13% del campione. Le percentuali relative alle inserzioni su stampa e ai social media sono in linea con i dati globali.
L'indagine prosegue con l'analisi del processo di on-boarding, che gioca un ruolo sempre più importante nel far sì che i nuovi assunti si sentano a proprio agio e coinvolti nella nuova azienda. Infatti, quando un nuovo collaboratore entra in un'organizzazione deve avere l'opportunità di iniziare nel migliore dei modi, sotto la guida attenta di manager esperti che lo sappiano guidare nel periodo iniziale. Tuttavia, in molte realtà, i nuovi assunti sono lasciati allo sbaraglio.




I primi 90 giorni sono la fase critica per l'on-boarding

Stefano Giorgetti, Amministratore Delegato e Vice President di Kelly Services Italia, ha commentato: "È un dato di fatto che il processo di inserimento sia il primo passo per un più alto livello di engagement del candidato. Per questo motivo, la sfida per le aziende è quella di offrire gli strumenti per una migliore comprensione della cultura aziendale, coinvolgendo i candidati nel team di lavoro, grazie a funzioni di training, di monitoraggio e gestione delle mansioni, nonché di interazione social, per trasformare i neo assunti in dipendenti dedicati, rendendoli produttivi nel più breve tempo possibile".
Dalla ricerca Kelly Services emerge che i primi 90 giorni in una nuova azienda rappresentano una fase critica, sia per le aziende che per i dipendenti. Solo poco più della metà degli intervistati di tutto il mondo (55%) ha dichiarato che il proprio datore di lavoro ha adottato un approccio strutturato in questo lasso di tempo. In Italia, invece, il 64% dei lavoratori sostiene che il proprio datore di lavoro non abbia adottato un metodo appropriato.



"I livelli d'insoddisfazione, registrati in Italia dall'ultimo KGWI, suggeriscono che esiste un ampio margine di miglioramento. È importante che le aziende rendano il più semplice possibile l'invio delle candidature, siano più chiare in materia di retribuzione e più rispettose nel comunicare tempestivamente lo status della candidatura. Infatti, un processo di on-boarding poco strutturato può minare la retention dei talenti", ha concluso Giorgetti.  


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