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10/12/2014

economia

Paesi emergenti con molte incognite da risolvere

Secondo un report di Raiffeisen Capital Management, la crescita economica globale debole dovrebbe proseguire ancora, ma tendenzialmente le valute locali sono ancora sotto pressione a causa del dollaro USA sempre più forte

A ottobre, i mercati azionari dei Paesi emergenti (EM) hanno fatto registrare in media un leggero rialzo dell'1% circa (in valuta locale). L'incremento è stato particolarmente forte per le azioni turche, indiane e cinesi. Quasi tutte le valute EM hanno di nuovo leggermente ceduto nei confronti del dollaro USA (e quest'ultimo ha saputo guadagnare notevolmente anche rispetto a euro e yen). È stato ancora una volta particolarmente debole il rublo. La moneta russa non ha quasi per niente beneficiato dell'aumento dei tassi d'interesse inaspettatamente forte della banca centrale. In concomitanza, sono ulteriormente calati i prezzi delle materie prime, in particolare il prezzo del petrolio. Ciò che per gli importatori di petrolio (per es. Cina, India, Turchia) è una vera benedizione, sta creando sempre più preoccupazioni agli esportatori (paesi dell'OPEC, Russia). Un ulteriore netto calo delle quotazioni del greggio al momento è poco probabile, ma non lo si può escludere completamente, perché ci sono diversi produttori a livello mondiale che dipendono urgentemente dalle entrate delle vendite di petrolio e quindi non possono, o meglio, non vogliono ridurre la produzione neanche in presenza di prezzi più bassi.

Allo stesso tempo, ci sono numerosi giacimenti petroliferi, la cui esplorazione non era redditizia nemmeno con un prezzo del petrolio intorno ai 90-100 dollari USA al barile e ancora meno con i prezzi attuali. Di conseguenza, dovrebbe esserci una certa scarsità dell'offerta a livello mondiale, ma probabilmente soltanto con un notevole ritardo temporale.
La crescita economica della maggior parte dei Paesi emergenti rimane tuttora relativamente debole così come anche a livello di economia globale. Il rischio di una ricaduta nella recessione della zona euro ultimamente è di nuovo cresciuto. Anche la Cina sta lottando con un ulteriore rallentamento dell'economia. Al momento è poco probabile un "hard landing", ma allo stesso tempo il governo di Pechino sembra deciso a ridimensionare ancora la crescita troppo elevata del credito degli ultimi anni e, se necessario, è disposto ad accettare qualche rallentamento dei tassi di crescita. Rimangono gli USA, con una crescita relativamente solida. La loro importanza per l'economia mondiale, comunque, è diminuita notevolmente negli ultimi due decenni e al momento non si può parlare ancora di un nuovo boom economico nell'America del Nord.

A ciò si aggiunge che la banca centrale USA con la sua politica monetaria ultra-espansiva è stata una fonte importante di ulteriore liquidità anche per i Paesi emergenti e in futuro questo fattore verrà a mancare. Visto che numerosi paesi emergenti (non solo la Cina) sono impegnati contemporaneamente a "digerire" l'espansione di credito degli ultimi anni, anche nei prossimi 12 mesi non si prevede nessun rilancio particolarmente forte dell'economia nella maggior parte degli Emerging Markets.
Allo stesso tempo, esiste ancora il rischio di un'ulteriore debolezza delle valute EM anche dopo l'apprezzamento del dollaro USA nei messi passati. Anche se le rispettive banche centrali dovrebbero avere sufficienti mezzi per contrastare le svalutazioni incontrollate e troppo forti, eventuali interventi (aumento dei tassi d'interesse, interventi diretti sul mercato dei cambi) avrebbero, per contro, un ulteriore effetto frenante su queste economie. Ciò non significa, tuttavia, che le azioni e le obbligazioni EM non abbiano più altro potenziale di crescita. Questo certamente c'è, ma piuttosto a livello di singolo paese e molto probabilmente dovremmo attendere ancora un po' prima di vedere un nuovo mercato rialzista generale per le azioni degli EM.


D'altra parte, diversi mercati azionari EM sono tuttora valutati in modo attraente, in particolare Russia e Cina. Il potenziale di rialzo correlato va però visto soprattutto nel lungo periodo.

APPROFONDIMENTI SUI PAESI

India

In India, dopo aver vinto le elezioni di maggio con una larga maggioranza, il partito BJP indù nazionalista a ottobre ha vinto anche le elezioni parlamentari regionali in due importanti stati dell'unione. Si prevede che il premier Modi faccia passare il suo programma di riforme dopo che inizialmente si era mosso a ritmo piuttosto moderato in vista delle elezioni regionali.
La situazione economica dell'India attualmente è molto vantaggiosa. Si sta approfittando notevolmente del calo dei prezzi del petrolio e contemporaneamente non si subisce quasi per niente la debole domanda globale, perché le esportazioni indiane di beni industriali sono relativamente scarse. Il premier Modi vorrebbe che ciò cambiasse gradualmente e che l'India si posizionasse come importante concorrente della Cina in questo campo, ma fino ad allora la strada è ancora lunga.


Un altro effetto positivo della debolezza dell'economia mondiale è il calo dei tassi d'inflazione in India nonostante l'avvenuta riduzione di alcune sovvenzioni statali. L'inflazione troppo alta per molto tempo ha pesantemente ostacolato gli interventi di sostegno della banca centrale e gli elevati tassi d'interesse mettevano un freno alla concessione di credito e agli investimenti. Nel migliore dei casi, tra circa due anni l'India potrebbe crescere addirittura più velocemente della Cina. A ottobre il mercato azionario è stato nuovamente più solido e ha guadagnato quasi il 5%.

Brasile

Le elezioni presidenziali hanno naturalmente dominato la scena in Brasile anche a ottobre. Contrariamente alle forti speculazioni momentanee su una possibile vittoria del candidato del centro-destra Neves favorito soprattutto dagli ambienti economici, alla fine nel ballottaggio si è imposta l'attuale presidente Rousseff. Nei precedenti report avevamo più volte espresso il nostro scetticismo sul rally azionario in Brasile, trainato fortemente da speranze politiche e speculazioni. Non sorprende molto che il mercato azionario si trovi di nuovo all'incirca dov'era ad aprile, quando sono iniziate queste speculazioni politiche.


La rielezione della presidente in carica non significa comunque che a livello politico non ci saranno dei cambiamenti. Bisognerà attendere, se e in che misura la presidente Rousseff definirà nuove priorità in futuro e se necessario saranno trattate in modo più dettagliato nei prossimi report. Dopo le forti variazioni temporanee dei corsi, l'indice Bovespa ha chiuso il mese quasi senza variazioni con un leggero guadagno dell'1%.

Cina

La dinamica congiunturale in Cina rimane debole; nel 2014 l'economia dovrebbe far registrare la crescita più bassa degli ultimi 20 anni. Una crescita economica del 7,4% circa è sicuramente una cosa della quale nel resto del mondo si sarebbe molto contenti. Sono soprattutto le sovra-capacità in molti settori e una domanda interna troppo debole a rallentare la crescita. Contemporaneamente, i governi locali non possono e devono più intervenire allo stesso modo degli anni passati con misure di supporto. Inoltre, i regolamenti statali più severi per contenere il sistema bancario ombra dovrebbero pesare ulteriormente sulla concessione dei crediti.


Di fronte ai prezzi delle materie prime in calo, di recente sono ulteriormente diminuiti anche i prezzi dei produttori domestici. I rischi di deflazione aumentano quindi anche per l'economia cinese. Hanno invece sorpreso positivamente i più recenti dati sulle esportazioni con un più 11,6% rispetto al mese precedente. I mercati azionari nel complesso sono stati di nuovo abbastanza positivi a ottobre. Continua il rialzo dei mesi precedenti (+2,5%) delle azioni quotate sul continente (azioni A) e anche le azioni H quotate a Hong Kong hanno guadagnato oltre il 4% dopo le perdite subite il mese precedente.

Russia

La tregua in Ucraina è sempre più fragile e una soluzione del conflitto continua a essere molto lontana. Ucraina e Russia hanno almeno trovato un accordo sulla fornitura di gas fino alla primavera del 2015. L'alleanza occidentale, nel frattempo, ricorre a un altro inasprimento delle sanzioni contro la Russia. Per contro, la Russia continua a portare avanti la propria cooperazione con i paesi asiatici, in particolare con la Cina. Al momento si sta negoziando un secondo mega-progetto sul gas che potrebbe far della Cina il più grande cliente di gas della Russia; una posizione che finora viene occupata dall'Europa.


A ottobre, comunque, il tema dell'Ucraina è passato leggermente in secondo piano sui mercati finanziari russi. Un ruolo molto più importante lo ha avuto il continuo calo dei prezzi del petrolio, il crollo del rublo e le possibili contromisure della banca centrale russa. A sorpresa, quest'ultima ha considerevolmente aumentato il tasso guida a ottobre dall'8% al 9,5%. Nelle settimane precedenti erano stati effettuati numerosi acquisti di sostegno sul mercato dei cambi stimati in 25 miliardi di dollari USA. I mercati dei cambi si sono però mostrati abbastanza indifferenti nei confronti di tutte queste misure; il rublo è calato su un nuovo minimo sia contro il dollaro sia contro l'euro. Il crollo del rublo, le sanzioni dell'occidente e le controsanzioni russe (divieto d'importazione di molti generi alimentari dai paesi occidentali) stanno nel frattempo alimentando l'inflazione nel paese. È evidente che la banca centrale può prendere delle contromisure solo limitate tramite la politica monetaria. Contrariamente ai timori negativi di molti operatori di mercato, l'agenzia di rating Standard & Poor's ha confermato il rating investment grade per la Russia.


Mantiene però l'outlook negativo e ha segnalato tra l'altro la grande dipendenza strutturale della Russia dalle esportazioni di materie prime come fattore molto negativo che impedisce un miglioramento del rating.
Il mercato azionario, in valuta locale, è stato tuttavia sorprendentemente positivo; il MICEX ha guadagnato oltre il 5% a ottobre. L'indice RTS calcolato in dollari USA ha invece ceduto circa il 3%. A causa della continua svalutazione del rublo negli ultimi mesi si è creata una forte divergenza tra i due indici. Mentre il MICEX espresso in rubli è quasi invariato dall'inizio dell'anno, l'RTS ha perso circa il 25%. Per quanto riguarda le valutazioni, il mercato azionario russo è ancora attraente nel lungo periodo. Una netta ripresa dei corsi azionari è però solo possibile, se ci sarà una soluzione del conflitto in Ucraina e/o la congiuntura e la valuta russa troveranno di nuovo la strada della ripresa. Per quest'ultima sarebbe ovviamente anche molto importante una stabilizzazione e ripresa del prezzo del petrolio.

Turchia

La situazione tesa nei Paesi confinanti come l'Iraq e la Siria rimane un fattore di rischio per la Turchia, ma a ottobre i mercati finanziari del Paese sono stati dominati da altri argomenti.


Risultati aziendali relativamente buoni e la conferma del rating investment grade per la Turchia da parte dell'agenzia di rating Fitch (con outlook stabile) hanno messo le ali alla valuta, alle obbligazioni e alle quotazioni azionarie. Il mercato azionario ha recuperato le sue perdite di settembre e a ottobre è stato tra i mercati più forti con un rialzo dell'8% circa.
Nel suo più recente rapporto sull'inflazione la banca centrale turca ha finalmente adeguato le sue stime inflazionistiche alla realtà; ora prevede un'inflazione poco inferiore al 9% nel 2014 e di circa il 6% nel 2015. Il prezzo del petrolio in forte calo dovrebbe avere un impatto molto positivo l'anno prossimo; potrebbe però essere difficile raggiungere l'obiettivo di lungo periodo del 5%. La banca centrale non ha modificato il tasso guida e il corridoio dei tassi d'interesse nelle ultime sedute. La banca centrale ha confermato di voler portare avanti una politica monetaria restrittiva finché non si vedrà un rallentamento dell'inflazione. Allo stesso tempo, con il 6% circa continua a rimanere alto il deficit delle partite correnti e il finanziamento di questo deficit nel lungo periodo è discutibile.


Nei prossimi trimestri sarebbe senz'altro di aiuto un prezzo del petrolio costantemente basso. A meno che la crescita economica non sia particolarmente deludente, sarà difficile raggiungere un netto ridimensionamento del deficit a causa del basso tasso di risparmio. Se il clima di mercato generale dovesse essere nuovamente dominato da una discussione sui tassi d'interesse negli USA, le obbligazioni turche sarebbero quindi di nuovo tra i titoli particolarmente a rischio.

Polonia

In Polonia non si è riusciti a portare avanti l'andamento positivo del primo semestre. Al momento, tuttavia, non è imminente nessun crollo della congiuntura, anzi, dopo il rallentamento della crescita nel 3° trimestre si sta piuttosto intravedendo una stabilizzazione. L'indice dei direttori d'acquisto ultimamente ha superato di nuovo il livello dei 50 punti e quindi indica un leggero miglioramento delle previsioni. Nel frattempo l'inflazione è scesa poco sotto lo zero; un fenomeno che si sta osservando anche in altri Paesi centro-europei. Secondo la banca centrale ciò è soltanto un avvenimento temporaneo e si parte dal presupposto che i prezzi nel 2016 aumenteranno di nuovo di oltre il 2%.


Eppure, al momento le banche centrali della regione stanno tutte abbassando i tassi d'interesse (purché ci sia ancora margine di manovra). Molti analisti si aspettavano dunque un altro movimento dei tassi d'interesse in Polonia a inizio novembre, ma questo non c'è stato. Le obbligazioni polacche hanno reagito a questa decisione con un lieve aumento dei rendimenti, ma i rendimenti sono stati in generale nettamente più bassi nel confronto mensile e nonostante lo zloty leggermente più debole hanno avuto una performance positiva. Il mercato azionario ha perso leggermente dopo essere stato il più forte della regione a settembre.

Repubblica Ceca

I più recenti dati economici relativi alla Repubblica Ceca segnalano un andamento dell'economia complessivamente ancora positivo, anche se leggermente in calo. Contrariamente alla Polonia, l'economia ceca tuttora non risente quasi della crisi intorno all'Ucraina, anche se gli ordini export e la produzione industriale non riescono più a tenere del tutto i tassi di crescita relativamente alti degli ultimi mesi. Intanto aumenta leggermente l'inflazione, ma con uno 0,7% è ancora troppo bassa per la banca centrale.


A ottobre si è leggermente svalutata la corona ceca. La banca centrale dovrebbe continuare eventuali interventi per far fronte a un apprezzamento più forte della corona fino al 2016. Le obbligazioni ceche hanno seguito il trend dei titoli di Stato tedeschi e hanno guadagnato. Il mercato azionario di Praga ha chiuso il mese di ottobre con una leggera perdita di circa 1%.

Ungheria

Nel secondo trimestre, l'economica ungherese è cresciuta del 3,9%, in particolare grazie agli investimenti notevoli in stock di capitale e al buon andamento delle esportazioni. Ci sono delle buone prospettive anche per il terzo trimestre; la produzione industriale è ancora in espansione. Come da attese, la banca centrale ha lasciato invariato il tasso guida al suo minimo storico del 2,1%. Nonostante la tendenza deflazionistica che si è fatta larga nel frattempo (inflazione ultimamente a -0,5%), per l'anno prossimo la banca centrale prevede un forte rialzo del tasso d'inflazione del 2,5% circa. In uno scenario di rendimenti generalmente in calo nella regione, le obbligazioni ungheresi hanno avuto un andamento più forte a ottobre.


Il mercato azionario è stato invece nettamente più debole subendo una perdita del 3% circa.  


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