Allarmanti i risultati della prima analisi sullo stato di salute delle PMI italiane. Fuori dal mercato un quinto delle aziende attive nel 2007.
Rispetto all'inizio della crisi, le sopravvissute hanno perso il 31% di MOL.
Sofferenze bancarie al 2,9% nel 2013
Non sono certamente entusiasmanti i dati e le tendenze che emergono dal primo Rapporto PMI, un'analisi dettagliata della situazione economico-finanziaria e del rischio di credito di queste aziende.
Colpa sicuramente della crisi, ma anche di una serie di fattori culturali e istituzionali che caratterizzano il nostro Paese.
Ne abbiamo parlato con Gianandrea De Bernardis, Amministratore Delegato di Cerved Group.
Come mai un Rapporto Cerved sulle PMI?
Le PMI in Italia, sia da punto di vista numerico sia di valori, sono la principale ricchezza del nostro tessuto economico.

E anche perchè sono state maggiormente colpite dalla crisi in questi anni, che ha lasciato ferite indelebili.
Ci sembrava quindi giusto parlarne, approfondire temi e creare maggiore conoscenza che ancora oggi è abbastanza limitata sul tema.
Si tratta di circa 144mila società che nel complesso generano un giro di affari di 851 miliardi di euro, un valore aggiunto di 183 miliardi pari al 12% del Pil, e che hanno contratto debiti finanziari per 271 miliardi di euro.
Parliamo di aziende con meno di 250 addetti e un fatturato inferiore a 50 milioni di euro (o un totale attivo inferiore a 43 milioni di euro), che non ricadono nella definizione di microimprese.
Caduta della domanda e credit crunch: è la tempesta perfetta che si è abbattuta sulle PMI?
E' stato sicuramente il binomio che ha dato il colpo di grazia alle PMI che erano già in difficoltà.
Soprattutto quelle maggiormente esposte alla nostra domanda interna e che quindi non hanno potuto avvantaggiarsi dell'export, che in questi anni è cresciuto.
Oltre a queste, le imprese maggiormente esposte ai debiti finanziari che in Italia, per oltre il 98% sono stati crediti bancari.
Le banche, come sappiamo, hanno avuto difficoltà strutturali negli ultimi anni a rinnovare i crediti, per cui c'è stata una restrizione.
E oltre ai problemi in termini economici delle PMI si sono aggiunti anche problemi di liquidità.
E questo ha dato quello che ho definito, il colpo di grazia.
Abbiamo visto che il numero di uscite di aziende che non erano più profittevoli o in difficoltà finanziarie è stato altissimo rispetto agli anni precedenti, ma anche di imprese in liquidazioni volontarie che hanno deciso che operare in Italia con margini così bassi, risultava veramente difficile.
Se si paragona la profittabilità delle aziende oggi, il Margine Operativo Lordo (MOL), con quella delle stesse aziende nell'insieme delle PMI del 2007, si nota che è diminuita del 25% in termini reali per le medie imprese e ben del 37,5% per le piccole.
E' una tempesta perfetta.
Un problema solo italiano o che ha colpito l'Italia più del resto d'Europa?
Non è certamente solo nazionale.
Ma ci sono alcune caratteristiche del nostro Paese che lo hanno aggravato.
Intanto, se andiamo a vedere la recessione, l'Italia è quella che ha subìto maggiormente - anche in termini di macrovariabili, come l'andamento del PIL - ciò che sta accadendo. Ha avuto la performance peggiore: assumendo come 100 il PIL del 2007, oggi registriamo una diminuzione di circa il 10%.
Poi abbiamo una struttura in cui le PMI, che sono più deboli nei confronti una crisi perdurata così a lungo, hanno subìto e sofferto maggiormente.
E, terzo punto, un sistema economico fortemente dipendente dal debito bancario. E' molto difficile oggi attingere a nuove fonti di finanziamento.
Io credo che sia necessario operare dando maggior trasparenza al mercato, cercando di avvicinare le PMI ai mercati dei capitali alternativi, che non sono quelli bancari.
Quali sono state, secondo lo studio Cerved, le maggiori conseguenze? Chi è riuscito a sopravvivere (e come)?
Sono riuscite a sopravvivere le aziende che avevano i conti a posto dal punto di vista economico prima della crisi.