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25/06/2014

idee

In Italia c'e' scarsa educazione/cultura finanziaria

A fronte di comportamenti virtuosi e di una buona padronanza dei concetti di base della finanza, gli italiani hanno una scarsa domestichezza nel calcolo numerico e una limitata consapevolezza sul sistema di capitalizzazione degli interessi

Tra il 5 e il 6-: in termini scolastici questo è il voto che prenderebbero gli italiani in cultura finanziaria, secondo i dati dell’Indice Globale di Competenza Finanziaria divulgati in occasione del  convegno “La financial literacy tra ricerche e prospettive”. Il dato emerge dal nuovo Indice Globale di Competenza Finanziaria elaborato da un team interaccademico guidato dal Prof. Pippo Ranci e composto da docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dell’Università Statale degli Studi di Milano Bicocca e dell’Invalsi in collaborazione con il Consorzio PattiChiari. L’indagine si fonda su un concetto ampio e dinamico di financial literacy, legato a conoscenze, comportamenti e atteggiamenti riguardo il denaro, ma anche alla propensione al risparmio e alla pianificazione di lungo termine. Seguendo le indicazioni dell’OCSE (Atkinson e Messy, 2012) il lavoro ha previsto la costruzione di un Indice Globale di Competenza Finanziaria - IGCF1, composto a sua volta dalla somma di tre sotto indici: l’Indice di comportamento finanziario, l’Indice di propensione verso il risparmio e l’Indice di conoscenza finanziaria.

L’Indice Globale, il cui valore è compreso tra un minimo di 3 e un massimo di 20, presenta per l’Italia il valore medio di 11,2, che equivale, sempre in termini scolastici, al voto 5. L’indagine italiana ha introdotto alcune rilevazioni aggiuntive rispetto allo standard dell’OCSE, quali la familiarità con gli strumenti finanziari e la capacità di pianificazione previdenziale. Questi sono stati misurati con un secondo parametro, lndice Globale di Competenza Finanziaria – IGCF2, che include anche l’Indice di familiarità con i prodotti finanziari e l’Indice di pianificazione previdenziale e contempera la misura delle conoscenze di base matematico-finanziarie, del comportamento finanziario e della generica propensione al risparmio con le evidenze esperienziali, sommando alla conoscenza generica dei prodotti finanziari l’esperienza derivante dal possesso degli stessi. Questo secondo indicatore tiene conto delle peculiarità del contesto nazionale, ad esempio la necessità di misurare la propensione alla pianificazione pensionistica dei cittadini che, a seguito della recente riforma del sistema previdenziale, dovranno essere autonomi nel garantirsi un adeguato benessere economico futuro.

L’Indice Globale di Competenza Finanziaria – IGCF2 (compreso tra 5,7 e 49,3), presenta un valore medio pari a 30,9 che equivale in termini scolastici al voto di 6-. Uno degli aspetti innovativi degli indicatori è la possibilità di facilitare il confronto con le realtà estere e presentare una comparazione tra i risultati dell’indagine OCSE svolta tra il 2010 e il 2011 con i risultati raccolti in Italia nel 2013. Le evidenze internazionali hanno mostrato come le conoscenze in materia finanziaria (Financial knowledge) risultino diversificate. Se nella maggior parte dei Paesi considerati l’effetto dell’inflazione sul valore del denaro è correttamente percepito da oltre metà della popolazione, già il calcolo dell’interesse semplice riduce la percentuale di popolazione che applica correttamente la formula matematica e tale riduzione risulta drastica quando si chiede di applicare correttamente sia il calcolo dell’interesse semplice sia quello dell’interesse composto. L’Italia non fa eccezione: il 63% degli intervistati è a conoscenza del meccanismo inflattivo, ma solo il 33% calcola correttamente gli interessi maturati in un anno.


Per quanto riguarda i comportamenti (Financial behaviour), le scelte di gestione denotano una certa oculatezza e attenzione alla capacità di spesa personale nei Paesi oggetto dell’indagine OCSE: in media, oltre il 50% degli intervistati considera attentamente il costo per l’acquisto di un bene o di un servizio e rispetta le scadenze pattuite per i pagamenti. Le percentuali per l’Italia, tuttavia, sono decisamente più elevate, rispettivamente pari all’83% e al 78%. Meno virtuosi appaiono invece i comportamenti nel monitoraggio continuo e attento degli affari finanziari personali: solo in Perù oltre i due terzi delle persone denota un atteggiamento vigile, mentre nei rimanenti Paesi esaminati tale attenzione oscilla tra il 36% dell’Albania e il 65% di Armenia e Regno Unito, percentuale quest’ultima abbastanza prossima a quella registrata in Italia (62%). La limitata visione temporale trova conferma nella sostanziale incapacità di porsi obiettivi finanziari a scadenza protratta e nell’impegno assunto per poterli perseguire: in questo caso, anche i Paesi più virtuosi fanno registrare percentuali decisamente inferiori.


L’Italia conferma questo trend: se oltre l’80% della popolazione considera attentamente l’impegno finanziario in relazione alla propria capacità di spesa, meno di un terzo (il 30%) è capace di porsi obiettivi finanziari a lungo termine e di impegnarsi per poterli raggiungere. Un aspetto importante riguarda le differenze di genere verso il denaro. In primo luogo, come mostrato da più studi svolti nei Paesi occidentali, le donne sono state particolarmente colpite dalla crisi finanziaria con conseguenze sul loro stato  di povertà, specialmente se non sposate, divorziate o anziane. In secondo luogo, nonostante l'aumento del loro livello di educazione e di partecipazione al lavoro pagato, le donne hanno ancora stipendi più bassi rispetto a quelli degli uomini: ciò è stato ricondotto anche ad una loro conoscenza finanziaria più bassa, ad un atteggiamento più ambivalente verso il denaro e il successo economico  e ad un minor controllo sul denaro in casa rispetto agli uomini. Dai dati OCSE, si riscontrano significative differenze di genere in più nazioni. Ad esempio, si nota una proporzione più ampia di maschi, rispetto alle femmine, che presenta un punteggio più alto sull'indice di conoscenza finanziaria.


Questo è particolarmente vero in Norvegia, Polonia e Regno Unito, con più di 20 punti percentuali di differenza, mentre il gender-gap si annulla in Ungheria. Anche in Italia il punteggio medio dei maschi (23%) è sensibilmente superiore a quello delle femmine (7%), come rilevato da precedenti survey nazionali sulla cultura finanziaria. Per quanto riguarda il punteggio alto relativo all'indice di comportamento finanziario, solo 2 nazioni mostrano uno scarto sensibile e superiore ai 10 punti percentuali (BVI e Irlanda). Rispetto all'indice di conoscenza, quindi, la situazione nel complesso è più eterogenea: in alcuni Paesi, ci sono più uomini che donne ad aver ottenuto punteggi alti (Albania, Armenia, Malesia, Sud Africa, Regno Unito), mentre in altri (Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda) sono le donne a risultare più virtuose. Anche in Italia il punteggio medio dei maschi (44%) è superiore a quello delle donne (41%) sebbene lo scarto sia minore rispetto a quello sulla conoscenza finanziaria. Per l'indice di atteggiamento, i dati indicano che nella maggior parte delle nazioni più donne hanno punteggi alti rispetto agli uomini, mostrando quindi un atteggiamento positivo verso la pianificazione nel lungo termine (abilità-chiave secondo diversi programmi di educazione finanziaria).


Solo in Albania e in Polonia la differenza tra i generi si inverte. In Armenia e in Sud Africa invece non ci sono differenze sensibili e in Italia la differenza è minima. Le peculiarità del campione italiano, che su item specifici di questo indice vede le donne pensare più "alla giornata", credere meno nell'utilità della programmazione di obiettivi finanziari ma valorizzare maggiormente il risparmio, vanno lette anche alla luce di alcune differenze di genere rilevanti a livello di caratteristiche socio-demografiche. Si conferma un'evidenza piuttosto forte, ovvero il fatto che gli italiani siano più propensi ad associare il denaro alla spesa, rispetto alle italiane.  


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