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18/06/2014

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Una nuova impresa su cinque nata negli ultimi 5 anni ha gia' chiuso i battenti

Preti (CRIBIS D&B): Resistono meglio alla crisi le attività legate alla cura della persona, Bed & Breakfast e agriturismi, il fotovoltaico, la filiera alimentare. Alta mortalità  in edilizia, negozi, ristoranti e bar

Dal 2009 ad oggi in Italia sono nate circa 1.830.000 imprese, ma ad oggi poco più di 1.400.000 risultano ancora attive. In cinque anni hanno chiuso circa 359mila attività, circa un’impresa su cinque. All’interno di questo scenario economico - che denota le difficoltà incontrate dagli imprenditori che hanno deciso di aprire una nuova impresa nel corso degli ultimi 5 anni, molte ancora in fase di startup - il 2009 è stato un anno decisamente negativo. Delle imprese aperte in questo anno, ne risulta cessata una su 4, per un totale di circa 221.144 sopravvissute. Trend simile per le realtà nate nel 2010 e 2011.
È quanto si evince dallo studio sulle performance delle imprese italiane nate dopo il 2008 condotto da CRIBIS D&B, società del Gruppo CRIF specializzata nelle business information che ha analizzato i comportamenti di pagamento delle imprese italiane.
 

Dettaglio geografico

 

A livello territoriale il Nord Ovest è la macroarea che ospita il maggior numero di imprese cessate tra le nuove nate, dove il 21,08% del totale è fallito. Situazione simile per il Nord Est, dove il 20,88% del totale non è più attivo. A sorpresa la minor percentuale di “mortalità” si concentra nel Sud e le Isole con solo il 18,34%. Situazione intermedia al Centro con una percentuale del 18,77%. L’area geografica del Sud e le Isole è anche quella con la maggior concentrazione di imprese nate negli ultimi cinque anni con il 32,88% del totale. Seguono in questa classifica il Nord Ovest con il 26,29%, il Centro con il 22,20%, chiude il Nord Est con il 18,62%.



Entrando maggiormente nel dettaglio, la percentuale maggiore di imprese cessate si registra, fra le nuove nate, in Piemonte (7,86% del totale di imprese neo costituite in Italia) e in Emilia Romagna (7,68%) rispettivamente con una percentuale del 23,31% e del 21,73%. Male anche la Toscana con il 21,47% di cessazioni sul totale delle imprese neocostituite, il Friuli con il 21,24% e la Liguria con il 21,54%. Al contrario, nel Lazio e in Basilicata si osservano meno cessazioni fra le realtà nate dopo il 2008 con solo il 16,55% e il 16,17% di chiusure sul totale delle imprese nate negli ultimi 5 anni.
 

Dettaglio per settore

 

Dall’analisi di Cribis D&B emerge che, chi ha avviato un’attività in settori più tradizionali come negozi, imprese edili, bar e ristoranti, in molti casi si è trovato a dover chiudere dopo poco tempo. Invece chi ha investito in attività più innovative come Bed&Breakfast, agriturismi, e agricoltura biologica ha avuto più successo.

Nel dettaglio, l’edilizia e il commercio al dettaglio sono i due settori in Italia dove, si registra la maggior percentuale di chiusure tra le imprese nate negli ultimi cinque anni, rispettivamente con il 23,09% e il 22,07% del totale. Al tempo stesso però bisogna sottolineare che in questi comparti sono nate più imprese: il 28,40% del totale per quanto riguarda il commercio al dettaglio, il 16,14% per il settore edile.



Scenario più confortante per il settore dell’agricoltura foreste, caccia e pesca dove le cessazioni hanno raggiunto l’11,72% del totale a fronte di un 7,68% di imprese neocostituite.
 

Focus sulle imprese nate nel 2009

 

Analizzando nello specifico il solo anno 2009, i settori con numero maggiore di nascite nel corso dell'anno sono i servizi commerciali (14,76% del totale), le attività di verniciatura, muratura, pavimentazione e rivestimenti, installazione di impianti idraulici, elettrici e di riscaldamento (12,18%) e i ristoranti e bar (8,65%).
Nel 2009, l’intermediazione immobiliare è il settore con la percentuale maggiore di imprese cessate sul totale delle nate (quasi il 50%). Seguono il comparto della produzione di abbigliamento uomo/ragazzo) con il 44% di chiusure e le agenzie assicurative e di servizi (41,73%).


Tra i settori con il minor tasso di mortalità fra le nate nel 2009 troviamo i servizi sanitari (studi dentistici, laboratori medici ospedali specializzati e servizi ambulatoriali, 13,01%), l’allevamento di animali (13,20%) e trasporti merci su gomma (14,14%).
Il maggior numero di imprese cessate sul totale delle nate nel 2009 interessa le Imprese Individuali (più del 35% del totale). Male anche le società in nome collettivo (23,84%) e costituite in base a leggi (22,09%).
“Questi dati ci forniscono lo specchio di uno scenario nuovo”, commenta Marco Preti, amministratore delegato di CRIBIS D&B. “Un'azienda su quattro nata nel 2009, che quindi ha superato i 5 anni di startup, ha già cessato l'attività: chi ha avviato un’attività tradizionale, come un negozio, un'impresa edile, un bar o ristorante, in molti casi ha chiuso dopo poco tempo. Mentre ha avuto più chance chi ha avviato attività con maggiore carica innovativa, anche in settori tradizionali come l'agricoltura e il commercio, ad esempio un Bed & Breakfast, un agriturismo, un'azienda di agricoltura biologica o anche iniziato a produrre energia elettrica con impianti fotovoltaici.


“Purtroppo, la situazione economica del Paese mostra ancora profonde difficoltà – prosegue Preti - i ritardi di pagamento e in generale la rischiosità delle aziende italiane si assestano su un livello più alto rispetto al passato. A marzo 2014 solo il 38% delle imprese italiane ha pagato alla scadenza le fatture ai propri fornitori, con un calo di 8 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Inoltre, per tutto il 2013 si è registrata una crescita dei ritardi gravi che hanno raggiunto il 16% nell’ultima parte dell’anno. E’ difficile prevedere se questo trend resterà stabile nei prossimi mesi o se peggiorerà ancora; sicuramente è difficile ipotizzare una riduzione dei ritardi nei pagamenti e del livello medio di rischiosità commerciale del tessuto aziendale italiano.
“Ci sono però segnali positivi, anche se non a costo zero per le aziende", conclude Preti. "Negli ultimi anni, le imprese hanno compreso l’importanza di una buona gestione della liquidità e della capacità di autofinanziamento, che molte volte è determinante per la sopravvivenza dell’azienda anche a fronte di crescite di fatturato. Hanno quindi investito molto in procedure e strumenti come quelli messi a disposizione da CRIBIS D&B, che consentono di intercettare tempestivamente i segnali di deterioramento dell’affidabilità dei partner, di mantenere sotto controllo la capacità del proprio portafoglio clienti di generare ricavi, di intervenire tempestivamente con azioni di prevenzione e limitazione del rischio e, soprattutto, di fare previsioni sui propri flussi di cassa. Si tratta in molti casi di un cambiamento nella cultura aziendale prima ancora che nelle procedure; un cambiamento che però riteniamo potrà portare benefici concreti anche dopo la fine della crisi. Per trovare conferma di questa maggiore attenzione è sufficiente considerare che i partecipanti al nostro programma CRIBIS iTRADE - la prima soluzione in Italia per la condivisione delle informazioni sui comportamenti di pagamento e il più ampio patrimonio di informazioni sui pagamenti commerciali – sono cresciuti esponenzialmente dall’inizio della crisi, portando al raddoppio delle esperienze di pagamento disponibili all’interno del sistema”.




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