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18/06/2014

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Gugliada (TGADV): L'innovazione ci premia anche se il mercato cala

Nel mondo dell'advertising online il ruolo della concessionaria è cambiato: maggior attenzione ai propri partner/brand, progetti speciali, investimenti in ricerca, sul comparto video e la grande scommessa del mobile. Tutto in un'ottica consulenziale

Creare vere e proprie partnership con i propri clienti per crescere insieme. Questa è la mission di TGADV, concessionaria online, che porta a un alto tasso di fidelizzazione degli editori che a loro si affidano per monetizzare profittevolmente la presenza delle proprie testate sul web. Una filosofia di mutua soddisfazione che premia, anche e soprattutto in un difficile momento congiunturale come quello che il comparto sta affrontando. Ne abbiamo parlato con il CEO, Alberto Gugliada.   

 

Come vede il mercato dell’advertising online in questa fase congiunturale? Quali sono le principali dinamiche?

 

Il mercato in questo momento non sta andando particolarmente bene. Viviamo un anno difficile, il primo in cui vi è una contrazione degli investimenti. Questo è significativo perché non parliamo di un mercato maturo, ed è una cosa abbastanza strana dal punto di vista congiunturale. Ciò è dovuto al fatto che gli altri media, che consideriamo più “classici”, hanno diminuito moltissimo le proprie tariffe.

Si sono abbassati i costi di accesso a determinati media, e considerato quindi che “lo scontrino medio è più basso”, ci sono molti imprenditori e manager che hanno rispostato gli investimenti soprattutto in ambito televisivo. La carta stampata rimane in cattive acque, anche perché non si sta reinventando. Se vogliamo, si può parlare di dumping, nello specifico. Questo perché ad oggi c’è una situazione di mercato non “fair”, che dovrà essere rivista e ricorretta. Oggi quello che stiamo facendo a livello di mercato, non di singola concessionaria, è di mantenere i prezzi, anche perché sono già addirittura molto più bassi rispetto al resto d’Europa. La parte TV è invece ben diversa: è calata di prezzo, ma non avrebbe dovuto scendere di così tanto. Vivono del resto una crisi importante di audience che in Internet non c’è. Bisognerà poi vedere se l’efficacia della comunicazione, a lungo andare, sarà reale, oppure se l’efficienza non andrà a compensare l’efficacia.   

 

Com’è cambiato il ruolo della concessionaria nell’ultimo periodo e quali evoluzioni vede per il futuro?

 

Partiamo prima da cosa fa una concessionaria e cosa fa TGADV.

La concessionaria si occupa di monetizzare gli spazi pubblicitari di un editore. TGADV ha invece un’anima un po’ particolare, perché oltre ai compiti di una concessionaria standard, cerca di instaurare con l’editore un rapporto tale per cui si riesca a monetizzare il più possibile. Noi siamo la componente che, passatemi il termine, “porta soldi” all’editore. Quest’ultimo per TGADV è un’entità molto pura, un’azienda volta a fornire un servizio ai propri lettori, e così dovrà continuare a fare. Noi siamo quella parte che all’editore serve per “iniettare” i fondi per continuare ad offrire il suo servizio. Anche in ambiti in cui TGADV non può guadagnare in modo diretto; ma crescendo l’editore noi abbiamo la possibilità di far crescere la nostra offerta. Questo ci differenzia dalle altre concessionarie, che sono più orientate alla parte “tattica”: monetizzo oggi, al domani ci penseremo. TGADV, proprio perché ha editori che sono partner fin da quando è nata, si caratterizza proprio per la parte più consulenziale e per il rapporto che si stringe tra editore e concessionaria.

 

Oltre a questo, qual è il segreto del rapporto col vostro network?

 

Lo scambio continuo di informazioni. La mission che ci siamo dati è quella di costruire una relazione di mutuo scambio con l’editore: offriamo informazioni, cambiamenti di mercato, know-how, trend e altre cose che vediamo, e l’editore fa lo stesso non noi. Ci dice come stanno andando gli utenti, come si muovono, quali sono i loro ambiti di maggiore interesse, di news o di contenuti da approfondire. Inoltre, è l’editore stesso che magari ci mostra nuovi formati di advertising o nuove opportunità, così come siamo noi a suggerire all’editore alcuni cambiamenti da apportare in ambito editoriale. Suggerimenti, non diktat; ma sono nello spirito di partnership che contraddistingue il rapporto. Capita che gli editori che operano con TGADV siano nello stesso settore, sono brand editoriali con contenuti simili che potenzialmente potrebbero competere. Come dico sempre loro, i veri competitor sono all’esterno della concessionaria. Quello che cerchiamo di fare è che editori simili collaborino tra loro per crescere ulteriormente, e diventare più competitivi nei confronti del mercato a cui fanno riferimento.


 

E qual è il valore aggiunto della consulenza?

 

Noi cresciamo con loro. TGADV non appartiene a un grande gruppo internazionale, non ha un grandissimo socio finanziatore e non ha una grande TLC alle spalle. Questi dovrebbero essere, in teoria, dei fattori negativi per competere in uno scenario di mercato dove molti competitor posseggono questi elementi. Noi da sempre pensiamo di prendere un aspetto negativo e trasformarlo in un’opportunità. La mancanza di questi tre fattori ci consente di essere molto liberi e molto indipendenti e ci porta a costruire delle relazioni con altre realtà altrettanto indipendenti e libere.  

Molte concessionarie tendono però a far massa critica...

 

...Però poi non valorizzano i brand che hanno, cosa che per noi è importante. In questo la nostra strategia è estremamente (e volutamente) dispendiosa. E’ volta all’analisi dei singoli clienti per centro media o per agenzia oppure anche per cliente diretto, e va a focalizzarsi su quelli che sono i singoli editori da rappresentare in funzione del cliente.


Questa è una cosa che poche concessionarie fanno. La maggior parte presentano i top 5 del network, anche quando talvolta al cliente di questi non interessa nulla. Noi invece andiamo sui singoli clienti con presentazioni ad hoc. Il che comporta il fatto che TGADV ha un marketing con lo stesso numero di persone del commerciale, e credo che in questo siamo unici. Il marketing per noi è assolutamente fondamentale, si occupa dei servizi che poi andrà ad offrire il commerciale, che ha così sempre materiale ad hoc, presentando sempre editori e soluzioni in linea con le esigenze dei clienti. Tutto ciò, considerando che parliamo di un mercato in flessione, fa si che TGADV stia andando molto bene, con tassi di crescita importanti. E questo è grazie alla nostra strategia.  

Che sarebbe?

 

Fermo restando l’approccio consulenziale, cerchiamo di lavorare su briefing specifici, e questo ci consente di standardizzare pochissimo nella vendita. Il taylor made (o “su misura”) premia. Per cui o si lavora su quantità pazzesche di impression, e si tralascia la qualità per l’efficienza del buying rispetto all’efficacia della comunicazione; oppure si lavora molto sull’efficacia di comunicazione, e anche con minor efficienza di buying (rispetto magari ai grandi gruppi) si ha un progetto molto ben focalizzato sull’obiettivo del cliente.


   

 

Che differenze ci sono nell’approccio a un centro media o un cliente diretto?

 

Sono logiche completamente diverse. TGADV ha due team dedicati coordinati da un unico sales director. Sono team totalmente indipendenti dal punto di vista di gestione, in modo tale che si riesca a lavorare in sintonia dall’alto, ma in modo indipendente. Questo è fondamentale perché i team lavorano su comparti con modalità, logiche e soluzioni diverse.  

Siete da sempre attenti all’innovazione e considerati precursori. Quale ruolo ha il Native Advertising?

 

L’abbiamo inventato noi ma senza chiamarlo in questo modo. Pochi mesi fa un personaggio autorevole del settore mi ha detto c’era una nuova tendenza e cioè: “la realizzazione di contenuti che siano in linea con il posizionamento del cliente, magari offerto dal cliente stesso, in cui il cliente può anche essere sponsor; oppure la realizzazione di product placement all’interno di un contesto editoriale più ampio e già posizionato”. La mia risposta è stata: “Ma questo noi lo facciamo da sempre!”.


Infatti, a riprova, abbiamo case history dal 2001 in merito. Mi va bene chiamarlo Native per dargli una nuova forza e spingerlo ulteriormente, però per noi non è certo una novità, anzi. Mi ricordo un progetto realizzato con Martini, nel 2004 (10 anni fa!), realizzato su Tuttogratis.it. L’azienda in quel momento voleva posizionarsi sugli anni ’70. Abbiamo realizzato un progetto editoriale dedicato a quegli anni, con elementi come la classifica musicale di ognuno di quei 10 anni, i giochi in voga in quel periodo per un ritorno al revival, quali erano le icone dell’epoca, ecc. Un progetto tutto sponsorizzato da Martini, in cui c’era anche un test per riconoscersi nel look, o in un personaggio, e altre cose, con tutta una serie di altri servizi online. Abbiamo ottenuto un ottimo risultato sia a livello di utenti unici sia di tempo dedicato sullo speciale del sito. Risultato che non si otterrebbe neanche oggi che siamo in un’epoca di social network, che allora non c’erano. Se questo non è Native Advertising... Ecco perché rispetto ad altri, noi abbiamo già adesso una forma molto evoluta di Native Advertising.


 

Video, mobile, progetti speciali. Come state modificando la vostra offerta per venire incontro alle nuove richieste del mercato?

 

Partiamo dai progetti speciali. E’ molto più facile lavorare con i clienti diretti che non i centri media, per varie ragioni. Attualmente stiamo lavorando sempre di più su progetti taylor made, come nostra tradizione. Però stiamo facendo delle produzioni video ad hoc. Abbiamo in corso il progetto Under, coprodotto da Trilud, Anele e RCS, dedicato al target giovane, in occasione dell’omonimo libro. E’ già stata terminata la prima serie, con Gianmarco Tognazzi e Chiara Iezzi, ed è online su Nanopress.it. Stiamo lavorando anche su altri progetti video di cui venderemo il format al cliente ed è il primo esperimento che stiamo facendo di questo tipo. Fino ad ora abbiamo sempre prodotto qualcosa ad hoc costruito intorno al cliente; ora stiamo producendo prima, e poi andiamo a proporlo al cliente. Riguardo al mobile, che dire? E’ sempre l’anno del mobile. Che però non arriva mai.


Il settore ha un problema enorme legato al fatto che è iniziata prima la vendita a performance rispetto a quella branding, per cui è un mercato in salita. Oggi non va a valorizzare i brand editoriali in modo consistente. TGADV con i propri editori ha sempre adottato la filosofia che o si vende bene, altrimenti piuttosto non lo vende. Secondo me il futuro del mobile è roseo, perché è estremamente sottovalutato ad oggi. Peraltro, stiamo importando una serie di nuovi formati bellissimi, anche video, proprio perché TGADV sta scommettendo anche sull’innovazione di formato sul mobile. Più di quanto gli investimenti ad oggi meritino. Stiamo costruendo il futuro.  

Una tradizione che continua...

 

Certamente. TGADV è stata la prima concessionaria nel 2009 a lanciare un’applicazione di news, era Nanopress di Trilud, arrivata prima di quelle del Corriere e di Repubblica. Lavorando con un adserver USA. Questo ci ha permesso di fare dei bei progetti, tra cui uno con Skoda Yeti, che con la funzione “shaking” dell’iPhone c’era la possibilità di ascoltare la musica dello spot, oltre che vederlo.


Poi è partita tutta la parte di advertising a perfomance prima ancora che quella branding prendesse davvero piede, e questo ha rallentato lo sviluppo del settore. Ad oggi, sui prodotti editoriali online mobile dei miei partner, non voglio inserire pubblicità a click se il prodotto editoriale ha una possibilità di ospitare una parte branding. O almeno ci penso tre volte e parlo prima col partner. Il rischio di rovinare un brand su mobile prima ancora di iniziare è molto alto. Infine, i video continueranno a crescere. Almeno mi auguro. Il problema oggi non sono gli investimenti ma l’offerta editoriale video. Noi stiamo scommettendo sempre di più su un’offerta editoriale video di alta qualità. Che non è facile trovare. Perché i costi di produzione sono alti, e le views non sono così importanti dal punto di vista numerico. Ad oggi c’è un quantitativo di video enorme sul gatto che si arrampica sulle tende - che non dà alcuna associazione né al contenuto né al brand editoriale - e c'è pochissimo su prodotti editoriali di grande spessore. Su questo occorre trovare un punto di incontro che, secondo me, non è ancora così vicino.


C’è molto da lavorare. Il dilemma è sempre qualità e quantità.        

 

TGADV investe quindi parecchio in innovazione, ricerca e sviluppo...

 

Noi abbiamo sempre investito moltissimo in questo e continueremo a farlo. Specialmente oggi. Se smettessimo di investire in un momento di crisi, saremmo finiti. Questo significa che quando si uscirà dalla crisi noi saremo più forti e avremo una posizione migliore rispetto agli altri. Ovviamente, tutto dipende da quanto il cliente crede in noi, e ad oggi non abbiamo segnali diversi in questo senso. Però gli investimenti in sviluppo sono vitali in un settore come questo, che è in continuo cambiamento. Io stesso sto diventando sempre più manager e meno operativo. Almeno in questo comparto lasciamo grande spazio ai giovani, che sono più recettivi.  

Quali consigli si sente di dare ai giovani editori digitali?

 

Fate questo mestiere. Ma non sottovalutatelo. Fare l’editore digital è un mestiere a tutti gli effetti. Questo significa che a prescindere dall’età che uno ha, qualsiasi lavoro va affrontato con il giusto grado di serietà.


Si può fare perché è un settore in crescita e con ottime opportunità, anche in futuro, per cui lo consiglio ai giovani. Ma con la serietà e la consapevolezza di chi sa che non ci sono soldi facili. Ci sono ancora ottime opportunità in Italia, ma non è mettendo online un sito che si guadagnano dei soldi. Ci sono ben altre logiche, come creare un brand editoriale, riuscire a soddisfare quelli che sono i bisogni di informazione o di intrattenimento oppure di servizio degli utenti, capire chi sono e via dicendo. Grandi intuizioni sono utili, ma ci vuole formazione e metodo.  

E per il mondiali di calcio in Brasile, che iniziative avete previsto?

 

Abbiamo un’iniziativa importante legata al target femminile. Il progetto è su www.Pourfemme.it , e coinvolge anche altri siti del nostro network. E’ legato al concetto “guardi la partita insieme al tuo compagno o amici, oppure hai 90 minuti da occupare". Noi proponiamo una serie di suggerimenti su come occupare questo tempo: 90 minuti per te. Una cosa che ha, secondo me, un forte valore sociale, sia nei confronti della donna, sia nei confronti dell’uomo (che gradirebbe non esser disturbato).


Si tratta di un progetto con un taglio editoriale diverso dai soliti, e come tutti i nostri partner sono abbastanza originali nel trattare gli argomenti – cosa su cui hanno costruito i loro valore – anche Trilud l’ha fatto. Poi sui Mondiali ci saranno approfondimenti su Nanopress per le News. Ma quello di Pourfemme è innovazione pura.   

 


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