Il bilancio è fin qui positivo – ha concluso il presidente di Unioncamere – e da oggi rilanciamo l’impegno del sistema camerale per sviluppare nuove linee di azione, come lo sviluppo delle competenze del mare e la maggiore interoperabilità dei nodi della logistica, per favorire un migliore accesso alle città e ai territori”.
Il ruolo del mare nell’economia italiana: valore aggiunto e occupazione
Nel 2013, il contributo al valore aggiunto prodotto nel nostro Paese dalle filiere riconducibili all’economia del mare, ha raggiunto il valore di 41,5 miliardi di euro (in termini nominali) con un’incidenza sul totale del 3%: quasi il doppio di quanto prodotto dal comparto del tessile, abbigliamento e pelli (quasi 22 miliardi) o più del doppio telecomunicazioni (poco meno di 19 miliardi), e il triplo di quello del legno, carta ed editoria (12,5 miliardi).
Una quota significativa (il 31% del totale, corrispondente a quasi 13 miliardi), si deve ai settori più tradizionali: prima di tutti quelli della cantieristica e dei trasporti di merci e persone (con un’incidenza tra il 14 e il 17% ciascuno, tra i 6 e i 7 miliardi), seguiti da quelli della filiera ittica e dell’industria estrattiva marina (intorno al 6-7% ciascuno, pari a 2-3 miliardi).
Più di un terzo (oltre 15 miliardi di euro), si riferisce alle attività legate al turismo marino – sommando le attività di alloggio e ristorazione a quelle sportive e ricreative lungo i territori costieri - cui si deve il 37% del valore aggiunto complessivamente prodotto dall’economia del mare; a distanza segue un segmento del cosiddetto “terziario avanzato” - rappresentato dalla ricerca, regolamentazione e tutela ambientale - che contribuisce a quasi un quinto della ricchezza prodotta complessivamente dal sistema economico legato al mare (18% ovvero più di 7 miliardi di euro); un dato che evidenzia le potenzialità di questa fetta del nostro sistema produttivo in termini di innovazione e contributo alla salvaguardia del patrimonio naturale.
Dal punto di vista occupazionale, i quasi 800mila lavoratori impiegati nell’economia del mare rappresentano il 3,3% dell’occupazione complessiva del Paese, superiore di quasi 240mila unità a quella dell\'intero settore formato dalla chimica, farmaceutica, gomma, materie plastiche e minerali non metalliferi (571mila occupati; 2,4% del totale economia), e 180mila in più rispetto a quella dei servizi finanziari e assicurativi (poco meno di 630mila unità, pari al 2,6% degli occupati totali).
All’interno dell’economia del mare, gli occupati si distribuiscono tra i settori in modo del tutto simile al valore aggiunto, con una forte incidenza delle attività ricettive e della ristorazione, visto che spiegano più di un terzo dell’occupazione complessiva nel’economia del mare (37%, pari a quasi 300mila lavoratori, una parte consistente dei quali a carattere stagionale); seguono, per dimensione occupazionale, la cantieristica (17%, poco più di 135 mila occupati), la filiera ittica (12%, più di 93mila occupati) e le attività sportive e ricreative (8% pari a poco più di 63mila occupati).
La forte connotazione marina delle regioni meridionali fa sì che l’economia del mare italiana si concentri prevalentemente proprio nel Centro-Sud (60% del valore aggiunto e 64% in termini di occupati), grazie soprattutto alla centralità che assume in alcune regioni come il Lazio, la Sicilia, la Campania e la Puglia (insieme, queste quattro regioni coprono circa il 40% del valore aggiunto dell’economia marina nazionale e il 43% degli occupati generati dal comparto).
Al Nord sono invece tre le regioni trainanti – la Liguria su tutte, seguita dall’Emilia-Romagna e dalla Lombardia – che insieme assorbono all’incirca un quarto di ricchezza e di occupazione ascrivibile alle attività connesse al mare (rispettivamente 26 e 23% del totale nazionale).
In termini di sviluppo territoriale, i dati mostrano come tra le regioni solo in Liguria il valore aggiunto prodotto dell’economia del mare incida per oltre il 10% sull’economia regionale (l’11,5%).
Tra le province, l’incidenza maggiore si riscontra a Livorno, dove il 15,9% del valore aggiunto del territorio è dovuto all’economia del mare.
La capacità di attivazione sul resto dell’economia: il "moltiplicatore" del mare
L’economia del mare, tuttavia, non esaurisce i suoi effetti nelle attività che rientrano direttamente nel perimetro dei settori che la definiscono.
Tra le sue caratteristiche c’è infatti quella di essere in grado di attivare indirettamente, a monte e a valle della filiera, ulteriori effetti sul sistema economico, a conferma della sua importanza strategica soprattutto in chiave di rilancio del Paese.
Basti pensare che per ogni euro prodotto da questo settore se ne attivano altri 1,9 nel resto dell’economia.
In valori assoluti questo significa che, ai 41,5 miliardi di valore aggiunto prodotti (sempre in termini nominali) dalle attività direttamente legate al mare nel 2013 hanno fatto riscontro altri 77,4 miliardi di euro attivati nel resto dell’economia.
Come dire che, nel periodo preso a riferimento, l’intera filiera ha generato 118,9 miliardi di euro di valore aggiunto, pari all’8,5% dell’economia complessiva.
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