L'inquinamento atmosferico causato da una cementeria in Egitto, alimentata da carbone importato dagli Stati Uniti, sta causando gravi problemi di salute pubblica e ambientali. Una situazione che evidenzia le complessità della transizione energetica globale e le responsabilità dei paesi esportatori di combustibili fossili.
Nella zona di Wadi al-Qamar, vicino ad Alessandria, la polvere nera proveniente dalla cementeria Alexandria Portland Cement Company (APCC), sussidiaria della greca Titan Cement, sta causando preoccupazione tra i residenti.
Secondo le testimonianze raccolte, ogni notte, particelle di polvere cadono dai camini della fabbrica. Mostafa Mahmoud, un negoziante del quartiere, afferma di vedere chiaramente la polvere sotto le luci della strada. Titan Cement, tuttavia, sostiene che le emissioni rientrano nei limiti di legge e che prevede di ridurre l'uso del carbone negli anni a venire. L'utilizzo di carbone importato è diffuso tra i produttori di cemento in Egitto e Nord Africa, con una crescente quantità proveniente dagli Stati Uniti, come dimostrano i dati sulle esportazioni americane.
La questione delle esportazioni di combustibili fossili è stata al centro del dibattito alla conferenza sul clima di Baku. Molti paesi chiedono una maggiore responsabilità da parte delle nazioni che esportano inquinamento, spesso verso nazioni in via di sviluppo.
Titan Cement afferma di aver effettuato investimenti per il controllo dell'inquinamento e di pianificare la riduzione dell'utilizzo del carbone. La vicenda evidenzia il difficile equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. La decisione del tribunale è attesa a dicembre, ma la frustrazione dei residenti cresce, di fronte ad una situazione che li costringe a vivere in un ambiente malsano.