La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop29) a Baku sta affrontando una dura battaglia sui finanziamenti per il clima. Una bozza di accordo trapelata alla stampa rivela una proposta di 300 miliardi di dollari annui da parte dei paesi sviluppati per aiutare le nazioni in via di sviluppo a combattere gli effetti del cambiamento climatico. Una cifra aumentata rispetto ai 250 miliardi inizialmente offerti, ma che, evidentemente, non basta.
La reazione dei paesi meno sviluppati (LDC) e dei piccoli stati insulari (SIDS), tra i più vulnerabili agli impatti del riscaldamento globale, è stata immediata e decisa. Questi gruppi, infatti, considerano la cifra proposta ancora insufficiente, chiedendo almeno il doppio, ovvero 600 miliardi di dollari all'anno. La loro frustrazione è esplosa con un'azione eclatante: un'uscita dalla sala dei negoziati in segno di protesta, sottolineando l'enorme divario tra le promesse e le reali necessità.
La situazione evidenzia un problema strutturale: le promesse di finanziamenti climatici da parte dei paesi sviluppati sono spesso rimaste lettera morta. L'impegno preso a Parigi nel 2015 di mobilitare 100 miliardi di dollari all'anno entro il 2020 non è stato rispettato.
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