La richiesta dei paesi più vulnerabili
La reazione dei paesi meno sviluppati (LDC) e dei piccoli stati insulari (SIDS), tra i più vulnerabili agli impatti del riscaldamento globale, è stata immediata e decisa. Questi gruppi, infatti, considerano la cifra proposta ancora insufficiente, chiedendo almeno il doppio, ovvero 600 miliardi di dollari all'anno. La loro frustrazione è esplosa con un'azione eclatante: un'uscita dalla sala dei negoziati in segno di protesta, sottolineando l'enorme divario tra le promesse e le reali necessità.
Il peso delle promesse non mantenute
La situazione evidenzia un problema strutturale: le promesse di finanziamenti climatici da parte dei paesi sviluppati sono spesso rimaste lettera morta. L'impegno preso a Parigi nel 2015 di mobilitare 100 miliardi di dollari all'anno entro il 2020 non è stato rispettato.
Questa mancanza di fiducia mina la credibilità dei negoziati e alimenta la crescente sfiducia tra le nazioni. Un divario che, a parere di molti osservatori, rischia di compromettere seriamente i progressi nella lotta al cambiamento climatico.
Le sfide future e la necessità di un'azione concreta
La Cop29 è solo all'inizio dei suoi lavori. Le prossime settimane saranno cruciali per verificare se sarà possibile colmare il profondo fossato tra le offerte dei paesi sviluppati e le richieste pressanti dei paesi più vulnerabili. La necessità di un impegno concreto e di un meccanismo di monitoraggio efficace per garantire la trasparenza e l'effettiva erogazione dei fondi è ormai più che mai urgente. Solo così si potrà evitare che la lotta contro il cambiamento climatico rimanga un’utopia, e che le generazioni future debbano pagarne il prezzo.
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