L'impegno dell'industria finanziaria nel mondo ESG
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L’acronimo ESG sta per Environmental, Social, Governance e indica le tre dimensioni fondamentali che ad oggi ricoprono un ruolo chiave all’interno di un’azienda o di un’organizzazione pubblica che si impegna nel Green e nel sociale. Ma che cos’è nello specifico? Si tratta rispettivamente di scelte che hanno un impatto ambientale ridotto (Environmental), di iniziative che prevedono una particolare attenzione all’aspetto sociale (Social) e alla gestione e amministrazione interna dell’azienda/organizzazione (Governance).



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ESG nasce anche per rispondere (seppur in parte) alle problematiche che emergono dall’Agenda 2030 e per concretizzare i 17 Sustainable Development Goals (SDG’s) che ne sono stati redatti. Si tratta di fattori che stanno assumendo sempre maggiore rilevanza nelle scelte finanziarie, strategiche e comunicative di aziende ed organizzazioni operanti in diversi ambiti e che ormai prescinde dalla dimensione del contesto in cui si opera.
Uno dei settori che negli ultimi anni sta mostrando una sempre maggiore sensibilità e attenzione verso queste tematiche è quello dei Financial Services: l’industria finanziaria, infatti, sta progressivamente integrando i fattori ESG all’interno delle proprie strategie di business, nella consapevolezza di una forte correlazione (positiva) tra sostenibilità, rischio e rendimento. Del resto, l’ attenzione attribuita ai fattori ESG all’interno delle attività volte alla gestione del credito gode anche della notevole rilevanza che, soprattutto la componente “E” (relativa all’ “Environment”) sta avendo nell’opinione pubblica; un trend che viene accentuato da fenomeni recenti quali, ad esempio, la guerra in Ucraina, la forte dipendenza dal gas russo e i progetti attesi con l’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, come noto, destina molti investimenti alla sostenibilità ambientale e sociale.

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In questo contesto bisogna, dunque, interrogarsi su come stia evolvendo il mercato degli investimenti ESG all’interno dell’industria finanziaria. Secondo alcune testimonianze emerse durante l’evento “ESG Investment Forum” organizzato lo scorso 14 aprile dal Sole 24 Ore, quello ESG è uno scenario ancora in costruzione. Se, infatti, da un lato si tratta di un tema sempre più dibattuto, dall’altro si nota come l’interesse di diversi potenziali investitori verso gli ESG sia ancora abbastanza embrionale. A confermare tale aspetto è anche la Digital Business Transformation Survey 2022 di The Innovation Group  che rileva, appunto, come, tra le principali strategie “green” promosse dalle aziende e dalle organizzazioni intervistate, l’attenzione alla finanza sostenibile (Green Bond ed ESG) venga considerata meno prioritaria rispetto ad altre attività (si esprime in questo senso il 20% del campione, un’attenzione che riguarda, appunto, principalmente il campione appartenente all’industria finanziaria).
In generale, ampliando l’analisi ad altri settori aziendali, si rileva come lo sviluppo delle strategie green venga favorito principalmente dall’introduzione di strumenti di monitoraggio e misurazione delle performance ambientali e dalla revisione dei processi produttivi in chiave green (strategie indicate entrambe dal 42% del campione).

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In questo contesto quali possono essere, dunque, i fattori che ostacolano lo sviluppo e una più ampia integrazione dei fattori ESG all’interno delle strategie di business dell’industria finanziaria (si pensi, ad esempio, alle scelte di investimento o alla costruzione di portafogli di offerta)? Se, infatti, da un lato i fattori ESG possono essere un driver di cambiamento nelle attività di gestione del credito e all’interno dell’industria finanziaria, rappresentando altresì un importante fattore di differenziazione in un settore caratterizzato da una sempre maggiore concorrenza, dall’altro, cosa può rallentare questo processo?
Innanzitutto, sono necessari nuovi allineamenti fra domanda e offerta finanziaria e, in modo particolare, un ampliamento dell’offerta di strumenti sostenibili (che rimane ancora limitata). Come, infatti, rilevato dalla Banca d’Italia, le obbligazioni sostenibili sono una piccola parte del mercato obbligazionario globale: circa l'1% delle emissioni sovrane e il 3% delle emissioni societarie in circolazione, una limitazione dovuta principalmente alle difficoltà di individuare progetti e creare strumenti finanziari sostenibili da collocare sul mercato.



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Va, altresì, evitato il pericolo di greenwashing (ovvero, quello che viene definito un ecologismo “di facciata”), dove l’attenzione alla sostenibilità ambientale cela, in realtà, finalità di marketing e di miglioramento della brand reputation. Per limitare questo rischio è necessario individuare una regolamentazione più definita e un sistema di verifica delle informazioni fornite da imprese e intermediari finanziari, per porre, così, le basi per consolidare la fiducia negli strumenti della finanza sostenibile e aiutare lo sviluppo del relativo mercato.
Infine, promuovere progetti di finanza sostenibile (e valutarli correttamente) richiede di prestare particolare attenzione alla trasparenza dei dati e delle informazioni personali. Sempre da un’analisi di Banca d’Italia, emergono, per i dati ESG, diverse problematiche quali, ad esempio, la mancanza di un set condiviso di regole relative alle modalità attraverso cui le singole imprese debbano misurare e produrre gli indicatori di sostenibilità né l’indicazione specifica su come questi debbano essere certificati da un ente terzo. Allo stato attuale, infatti, le società di rating ESG utilizzano metodologie e indicatori diversi per elaborare i giudizi complessivi, un’attività che si traduce in giudizi ESG spesso molto divergenti.




Tali tematiche saranno affrontate il prossimo 17 maggio 2022 nell’ambito dell’Executive Conference I FATTORI ESG E LE SFIDE PER L’INDUSTRIA FINANZIARIA” organizzata da The Innovation Group nell’ambito del Banking Program.

 

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