Mercati finanziari: l'accordo USA-Cina è solo un primo passo, l'inflazione il vero test

Mercati finanziari: l'accordo USA-Cina è solo un primo passo, l'inflazione il vero test

I mercati finanziari globali hanno reagito con una prudente apertura mercoledì di fronte ai segnali di un possibile passo avanti nei lunghi colloqui commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina. L'annuncio di un "quadro d'intesa" raggiunto a Londra ha fornito un minimo di sollievo, ma la mancanza di dettagli concreti ha alimentato l'incertezza. Investitori in tutto il mondo osservano attentamente, desiderosi di capire la reale portata di quanto concordato e quanto a lungo questo accordo parziale potrà reggere. Funzionari statunitensi hanno menzionato che il piano di attuazione dovrebbe portare alla risoluzione delle restrizioni su terre rare e magneti, ma anche qui, senza fornire specifiche.



Fino a quando le due parti continueranno a dialogare, i mercati troveranno un motivo per sperare. Ciononostante, raggiungere un accordo commerciale completo richiederà ancora molto tempo e sarà estremamente difficile. Un patto globale di quel tipo necessita solitamente anni per concretizzarsi, perciò è legittimo avere dubbi sul fatto che un quadro raggiunto in una singola riunione sia già esauriente. Un'ulteriore complicazione giunge dal fronte legale: una corte d'appello federale martedì ha permesso che le tariffe più ampie imposte dall'ex Presidente Donald Trump rimanessero in vigore, in attesa della revisione di una precedente decisione di un tribunale inferiore che le aveva bloccate.

Gli investitori, che hanno già subito perdite significative a causa delle turbolenze commerciali in passato, hanno risposto con cautela. Su Wall Street, i future sull'S&P 500 e sul Nasdaq hanno mostrato un calo dello 0,3%. L'Asia ha offerto un quadro misto. L'indice MSCI dell'area Asia-Pacifico (escluso il Giappone) ha registrato un rialzo dello 0,5%.


Il Nikkei di Tokyo ha segnato un +0,5%, mentre le azioni in Australia hanno guadagnato lo 0,1%. A Seoul, le azioni sudcoreane hanno registrato un balzo dello 0,9%, toccando i massimi degli ultimi tre anni e mezzo, sostenute dalle speranze di stimoli e domanda estera. Le blue chip cinesi hanno guadagnato lo 0,8%. La valuta cinese, lo yuan, è rimasta stabile a 7,1869 per Dollaro. In Europa, l'atteggiamento era più contenuto: i future sull'EUROSTOXX 50 sono scesi dello 0,4%, quelli sul FTSE dello 0,2% e quelli sul DAX dello 0,6%.

La reazione sui mercati valutari è stata altrettanto smorzata. Il Dollaro è rimasto sostanzialmente fermo contro lo yen giapponese, scambiato a 144,97. L'euro, al contrario, ha ceduto lo 0,1%, attestandosi a 1,1417 sul Dollaro, spingendo leggermente al rialzo l'indice del Dollaro a 99,115.

Gli investitori obbligazionari, però, avevano preoccupazioni differenti che assorbivano la loro attenzione. I rendimenti dei Treasury decennali USA sono rimasti quasi invariati al 4,476%.


L'attenzione è rivolta all'asta di 39 miliardi di Dollari di note a 10 anni prevista per la giornata. C'è una certa ansia nel capire se gli acquirenti stranieri mostreranno sufficiente interesse. Le preoccupazioni per l'enorme deficit di bilancio degli Stati Uniti e l'accumulo del debito pubblico, unite all'incertezza sulla politica commerciale, spingono gli investitori a richiedere un premio a termine più elevato per detenere questi titoli di stato.

In aggiunta, i dati sull'inflazione al consumo per maggio negli Stati Uniti potrebbero mostrare i primi effetti delle tariffe sui prezzi. Nonostante molti ipotizzino che ci vorranno alcuni mesi perché l'impatto si manifesti pienamente nella serie storica, l'attesa è alta.

Le previsioni mediane indicano un aumento dello 0,2% per l'indice dei prezzi al consumo (CPI) e dello 0,3% per l'indice "core" (che esclude cibo ed energia). Ciò porterebbe i tassi annuali rispettivamente al 2,5% e 2,9%. Qualsiasi dato superiore a queste attese rappresenterebbe una battuta d'arresto per le speranze di un nuovo taglio dei tassi da parte della Federal Reserve (FED).


I mercati prezzano una bassa probabilità che la FED agisca nella riunione della prossima settimana o a luglio, ma considerano circa il 60% di probabilità per un taglio a settembre.


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