Cop29 e il dilemma del finanziamento climatico

Cop29 e il dilemma del finanziamento climatico


I colloqui sul clima delle Nazioni Unite, Cop29, che si terranno a Baku, in Azerbaijan, si concentreranno sul finanziamento climatico e sulla necessità di un nuovo obiettivo annuale per sostituire il precedente impegno di $100 miliardi, fissato nel 2009 e in scadenza alla fine di quest'anno. Il tema principale è come raggiungere l'obiettivo di aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare i costi legati ai cambiamenti climatici. Il consenso generale è che i finanziamenti climatici disponibili per i paesi in via di sviluppo non sono sufficienti a fronteggiare l'aggravarsi degli impatti climatici.

L'obiettivo del finanziamento climatico: un dilemma globale

Le organizzazioni ambientaliste chiedono ai governi dei paesi più ricchi di contribuire a un nuovo obiettivo collettivo quantificato (NCQG) sui finanziamenti climatici.


Le stime variano da $500 miliardi a $1 trilione all'anno, ovvero meno dell'1% del PIL globale. Alcune stime arrivano a $5 trilioni. L'World Resources Institute sostiene che stabilire un obiettivo più ambizioso sarà essenziale per aiutare i paesi vulnerabili ad adottare energie pulite e altre soluzioni a basse emissioni di carbonio e a costruire la resilienza agli impatti climatici sempre più gravi.

Tra i sostenitori di un nuovo obiettivo di finanziamento climatico si trova anche Debbie Hillier, di Mercy Corps, secondo la quale il finanziamento climatico non è un atto di carità, ma una questione di responsabilità e giustizia. Hillier sottolinea che i paesi che hanno contribuito maggiormente alla crisi climatica devono assumersi la responsabilità di trovare una soluzione.

Chi dovrebbe pagare?

Finora, i contributi finanziari che hanno permesso ai paesi in via di sviluppo di perseguire una crescita a basse emissioni di carbonio e una maggiore resilienza climatica provengono da paesi definiti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) come "ad alto reddito".


Questo elenco include il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Giappone e la Germania. Tuttavia, negli ultimi 30 anni, paesi come la Cina, l'India e la Corea del Sud hanno aumentato notevolmente la loro potenza economica e le loro emissioni di carbonio.

La sfida del finanziamento climatico

I colloqui di Cop29 probabilmente includeranno richieste di ampliare l'elenco dei paesi che contribuiscono al finanziamento climatico. Tuttavia, le somme in gioco sono troppo elevate per essere coperte solo dai bilanci pubblici, secondo i delegati di molte nazioni ricche. Pertanto, i colloqui mirano a riformare il sistema globale di prestiti climatici per incoraggiare una maggiore partecipazione del capitale privato. Stephanie Pfeifer, responsabile dell'Institutional Investors Group on Climate Change, ha affermato che molti investitori globali stanno iniziando a esplorare modi per sbloccare e mobilitare capitali.


Un obiettivo finanziario ambizioso che includa capitali privati può incoraggiare una maggiore ambizione nei target dei paesi in via di sviluppo per aiutare a limitare il riscaldamento globale, costruendo fiducia in un finanziamento accessibile sia per la mitigazione che per l'adattamento, quest'ultimo storicamente sottostimato.

L'approccio dei prestiti: critiche e alternative

Questo approccio non è privo di critiche. Le ONG per il clima e quelle umanitarie avvertono che i prestiti, anche a condizioni favorevoli, ricadono sul peso finanziario della crisi climatica sulle nazioni in via di sviluppo già indebitate, che hanno la responsabilità più bassa per la crisi climatica ma affrontano i rischi maggiori. Questi gruppi chiedono alle aziende inquinanti di pagare la loro giusta quota.

Debbie Hillier sottolinea che il finanziamento climatico non è un atto di carità, ma una questione di responsabilità e giustizia, basata sul principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle capacità rispettive, secondo cui chi ha contribuito maggiormente alla crisi climatica deve farsi carico della soluzione.

Un nuovo fondo per azioni sul clima

A questo fine, un nuovo Fondo per l'azione sul finanziamento climatico (CFAF) è in fase di valutazione. Questo fondo mira a raccogliere contributi volontari da paesi e aziende che producono combustibili fossili per sostenere i progetti climatici dei paesi in via di sviluppo.

Per coloro che preferiscono non pagare, gli attivisti chiedono tasse sul clima. I miliardari e i giganti dei combustibili fossili sono nel mirino dell'ONG ambientale 350.org, che prevede di renderli responsabili del loro impatto sproporzionato sul pianeta in una nuova campagna. Il gruppo sostiene che i fondi generati tassando i super ricchi potrebbero essere utilizzati sia per le politiche e i programmi nazionali per ridurre le emissioni di carbonio, sia per il finanziamento climatico internazionale per garantire che "coloro che sono maggiormente responsabili della crisi climatica contribuiscano alla sua soluzione".

L'opinione pubblica e il futuro del finanziamento climatico

Questo approccio è destinato a riscuotere il favore del pubblico. Oxfam pubblicherà un rapporto secondo cui la maggior parte della popolazione britannica è favorevole a imposte più elevate sugli aerei privati e sui superyacht per contribuire a contrastare la crisi climatica. L'indagine, condotta da YouGov, dovrebbe mostrare anche un forte sostegno pubblico per l'aumento delle tasse sui cittadini britannici più ricchi per finanziare l'azione, e l'aumento delle tasse sulle aziende nei settori che producono la maggior parte delle emissioni.

La chiave per qualsiasi forma assuma il finanziamento climatico sarà la responsabilità. Un obiettivo significativo per il finanziamento climatico non avrà alcun senso se l'obiettivo annuale non verrà mai raggiunto.


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