Benetti (GAM): l’Europa batte Wall Street sulle valutazioni
Benetti (GAM): l’Europa batte Wall Street sulle valutazioni


Le aspettative sono state nuovamente smentite, le previsioni ribaltate, in Medio Oriente prendono forza i venti di guerra, "la guerra invisibile" tra Iran e Israele, in realtà mai stata tale, emerge in superficie con tutta la sua pericolosità.

La prima reazione dei mercati sembra escludere una immediata escalation del conflitto, non ci sono tensioni sul prezzo del petrolio ma resta comunque la preoccupazione per eventuali shock dell'offerta in un momento in cui le scorte di petrolio sono al livello più basso degli ultimi anni.

La crisi in Medio Oriente entra a piedi uniti anche nella competizione elettorale negli Stati UnitiBiden dovrà misurare azioni e parole, non vuole presentarsi all'appuntamento elettorale con il Paese coinvolto in un conflitto mentre nell'elettorato si allargano le opinioni negative sulle condizioni economiche. L'inflazione torna a sorprendere ma per i motivi sbagliati, i prezzi dei carburanti, i mutui e gli affitti hanno fatto salire l'inflazione oltre le attese per il terzo mese consecutivo.

L'ultimo sondaggio condotto dall'Università del Michigan sui consumatori evidenzia che la percezione delle condizioni economiche è scesa a 79,3 nel rapporto preliminare di aprile, rispetto a 82,5 di marzo. La causa è l'aumento delle aspettative dell'inflazione, la sua decelerazione sembra essersi arrestata e si allontana il momento in cui la Federal Reserve comincerà a diminuire il costo del denaro, atteso da famiglie e imprese indebitate.

A gennaio erano attesi sei, sette tagli dei tassi di interesse da parte della Fed nel 2024, oggi i prezzi dei Fed Funds ne scontano meno di due, Larry Summers non esclude che il prossimo intervento della Federal Reserve sia addirittura nella direzione opposta. Il mercato ha reagito secondo il manuale, le azioni hanno corretto, il dollaro si è rafforzato, il titolo a dieci anni americano è scambiato a 4,5%, la scadenza a due anni, più sensibile al movimento dei tassi, è attorno a 4,95%.

Il sentiment è cambiato, il "più a lungo" promesso nel 2023 sembra durare "più a lungo" di quanto previsto o, meglio, sperato: i mercati sono strutturalmente programmati nella modalità dell'ottimismo e la memoria selettiva aveva cancellato la nozione dei tassi mantenuti alti "più a lungo".

Il cambio di aspettative ha innescato le vendite e fatto salire i rendimenti ma, ecco il punto, l'inflazione si accompagna all'attività economica, se l'economia è forte l'inflazione diminuisce il peso reale dei debiti e non è un fenomeno drammatico per le aziende. Le azioni comincerebbero a soffrire l'effetto spiazzamento se il rendimento del Treasury raggiungesse il 5%.

Da questa parte dell'Atlantico non ci sono state sorprese nell'inflazione, in lenta discesa verso l'obiettivo (2,4% rispetto al precedente 2,6%), né ci sono state sorprese nell'esito della riunione della Banca Centrale Europea che ha mantenuto invariati i tassi di interesse.

Rispetto al passato c'è stato però un cambiamento di linguaggio, il taglio dei tassi è ritenuto "molto appropriato", Christine Lagarde ha messo in evidenza il rallentamento della crescita dei salari ed ha aggiunto che "i rischi per la crescita economica rimangono inclinati al ribasso".

L'aver ripetuto più volte che la banca centrale resta "data dependent" e non "Fed dependent" è sembrato un doppio messaggio: uno esplicito, è stata ribadita l'ovvia indipendenza della banca centrale, e uno più criptico, a differenza del passato è molto probabile che potrebbe essere la BCE e non la Fed a dare l'avvio al ciclo di allentamento.

È molto difficile prevedere l'andamento dell'inflazione, grandezza economica complessa e sfuggente, sarebbe stato un errore costruire l'allocazione tattica dei portafogli scommettendo sulla direzionalità dei tassi. In ogni caso, restiamo del parere che il rialzo dei tassi è un fatto incontrovertibile con cui aziende e famiglie dovranno fare i conti, l'esuberanza del mercato azionario potrebbe esaurirsi e, nel lungo termine, la crescita tenderà a indebolirsi strutturalmente.

Una delle molte lezioni apprese durante la bolla "dot-com" degli Anni Novanta è la diffidenza verso coloro che parlano di "nuovi paradigmi", di "diversità" di certe condizioni rispetto al passato. In queste ore sono stati superati nuovi limiti, qualcuno parla di "futuro più imprevedibile".

Non è proprio così, oggi il futuro non è più imprevedibile di quanto lo fosse ieri. L'investitore sarà sempre alle prese con scenari incerti, cangianti, impegnativi, il rialzo dei corsi fa sembrare le cose semplici, ma solo dopo.

Non mancano motivi per cui preoccuparsi, l'ansia per quello che potrà accadere nelle prossime settimane o mesi, la guerra commerciale in corso tra Stati Uniti e China, l'andamento erratico dell'inflazione, la concentrazione delle performance in una manciata di titoli, negli Stati Uniti come in Europa, condizione in netto contrasto con la regola aurea della diversificazione.

C'è una importante differenza rispetto agli anni Novanta, le società leader del listino sono società vere che fanno utili veri, la Rivoluzione Digitale 4.0 e l'intelligenza artificiale stanno cambiando in modo radicale modelli di lavoro e processi, dalla metà del 2022 negli Stati Uniti l'output per ora lavorata è costantemente migliorato, una spiegazione convincente di come l'economia americana sia cresciuta senza ulteriore inflazione.

In questa fase non sappiamo se il mondo sia sulla cuspide della crisi o sull'orlo del baratro, non sappiamo se i mercati siano in procinto di proseguire la fase di crescita sostenuta dalla tecnologia o prossimi al suo rovinoso arresto.

Per poter progredire da qui in avanti, a questi livelli di valutazione le società americane esigono condizioni estremamente favorevoli e l'inflazione e le prospettive dei tassi costituiscono un ostacolo agli utili societari. La mitigazione del rischio con le azioni europee, a sconto rispetto a Wall Street, potrebbe essere un rimedio efficace.

Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR

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