Risiko bancario: opportunità con miglioramento della qualità del credito post-fusione

Risiko bancario: opportunità con miglioramento della qualità del credito post-fusione

Banche europee, 19 trimestri consecutivi di utili in crescita

Dopo essersi completamente ripreso dal sell-off di aprile, il settore bancario europeo tratta oggi con uno sconto del 35% rispetto al mercato, una percentuale ancora leggermente superiore allo sconto a cui veniva negoziato dopo la Grande Crisi Finanziaria. E la solidità degli utili bancari degli ultimi 19 trimestri consecutivi - i bancari sono stati il comparto con le maggiori sorprese in termini di utili nel primo trimestre rispetto agli altri settori europei - dovrebbe contribuire a ridurre ulteriormente lo sconto del settore rispetto al resto del mercato. Riteniamo infatti che i titoli bancari europei abbiano un potenziale di re-rating non solo grazie alla stabilità degli utili e alle opportunità di crescita con la stabilizzazione dei tassi di interesse ma anche alla luce dei robusti rendimenti (dividendi e riacquisto di azioni proprie), attesi al 9% l'anno nei prossimi tre anni.





Lo stesso è accaduto e sta accadendo per le compagnie assicurative, che prima della Grande Crisi Finanziaria erano scambiate con uno sconto medio del 25% e ora trattano con uno sconto del 5-10% grazie a payout ratio più elevati e a rendimenti più alti con una maggiore disciplina nella determinazione dei prezzi.

Tra i trend di supporto per le banche europee ci sono la ripresa della crescita dei depositi, il rimbalzo dell'attività dei mutui e la favorevole evoluzione del mix dei depositi, che consente alle banche di ridurre i costi di finanziamento. Viceversa, tra i rischi potenziali figurano le politiche commerciali di Trump e le possibili imposte proposte sulle controllate statunitensi dei gruppi europei, anche se finora l'impatto diretto sulle banche europee sembra limitato.

Dai dazi un'opportunità per le banche europee?

Per quanto riguarda le possibili implicazioni dei dazi per gli istituti di credito, quello che emerge è che le banche possono contare sull'ampia liquidità e sul basso livello di leva finanziaria dei loro clienti corporate e PMI e riteniamo che, per ora, i dazi impattino più in termini di sentiment del mercato.


Più in generale, riteniamo che i dazi – così come si prefigurano oggi - siano gestibili per l'economia europea e, anzi, potrebbero portare ad un aumento degli impieghi degli istituti di credito.

Detto questo, alcune istituzioni finanziarie potrebbero dover rivedere le loro operazioni negli Stati Uniti se Trump decidesse di spostare i negoziati dal campo commerciale a quello fiscale, aumentando l'aliquota fiscale fino al 50% per le controllate statunitensi delle società europee (rischio Sezione 899). Le riassicurazioni sarebbero particolarmente colpite, mentre le banche lo sarebbero in misura minore ma rimane un rischio che vale la pena monitorare.

L'Europa potrebbe più che compensare le difficoltà legate ai dazi con il prospettato aumento della spesa pubblica di oltre un trilione di euro, investimenti in infrastrutture da parte del governo federale e dei Länder tedeschi, l'aumento degli investimenti per la difesa e una maggiore attenzione all'indipendenza energetica. A questo si aggiunge la volontà europea di sbloccare i finanziamenti privati, di sviluppare il settore delle pensioni integrative e di promuovere gli investimenti in azioni e capitale di rischio, riducendo gli oneri normativi e completando l'unione bancaria europea.


Italia, da spinte M&A opportunità per chi investe in credito subordinato

L'impatto sulle grandi banche italiane dei dazi imposti dall'amministrazione USA, così come prospettati, secondo le nostre analisi appare contenuto mentre le evoluzioni sul fronte del consolidamento bancario sembrano puntare verso una positiva conclusione per l'acquisizione della Banca Popolare di Sondrio da parte di Bper e, probabilmente, di Mediobanca da parte di MPS. L'operazione su Piazzetta Cuccia ha senso ma il coinvolgimento della politica rende più difficile fare previsioni, come è evidente nel caso dell'OPS di Unicredit su Banco BPM, attualmente in stallo e sotto i riflettori del governo. Dato il track record del CEO Andrea Orcel, ci si può comunque aspettare che Unicredit rimanga molto razionale e proceda ad un accordo solo se ritiene corrette le condizioni.

Le operazioni di fusione e acquisizione nel settore sono comunque sempre sotto i nostri riflettori di investitori in titoli di debito subordinati, obbligazioni senior e azioni perché spesso si accompagnano a una ristrutturazione dei bilanci con l'emissione di nuovi titoli e un'ottimizzazione dell'allocazione del capitale, offrendo opportunità.


Non solo: la complessità dei quadri normativi che regolano le operazioni di M&A nel settore finanziario può portare a inefficienze nella determinazione dei prezzi, offrendo occasioni di arbitraggio. Le entità risultanti da fusioni, infine, spesso ottengono profili di credito più solidi, con conseguente riduzione degli spread e miglioramento delle valutazioni di determinati strumenti finanziari.

Questo è particolarmente rilevante per le obbligazioni AT1 e il debito Tier 2, dove il miglioramento della qualità del credito post-fusione può creare rendimenti corretti per il rischio più interessanti.

David Benamou, CIO di Axiom Alternative Investments

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