Uno dei temi più discussi nella politica italiana degli ultimi anni, il Superbonus, torna sotto i riflettori dopo il parere dell'Eurostat che lo considera "non pagabile". Questo cambiamento riguarda il credito d'imposta maturato dalla riforma del 2024, incidendo significativamente sui conti pubblici.
La valutazione dell'Eurostat è arrivata come un fulmine a ciel sereno, mettendo in difficoltà il governo di Giorgia Meloni, che aveva spesso posto il Superbonus al centro del dibattito politico.
Secondo l'Eurostat, il credito d'imposta maturato dopo la riforma contenuta nel decreto legge di marzo, convertito in legge a maggio, deve essere registrato nei conti pubblici come "credito d'imposta non pagabile nel 2024", salvo eccezioni previste dalla legge.
Questo aspetto è stato il punto focale del parere inviato all'Istat sulla contabilizzazione dei crediti italiani. Per quanto riguarda il passato, l'Eurostat ha confermato la classificazione del Superbonus attivato tra il 2020 e il 2023 come "credito d'imposta dovuto".
L'adozione delle ultime norme implica che l'effetto del Superbonus sul deficit sarà distribuito nel corso degli anni a venire, una soluzione già prevista dal governo. L'approccio adottato dall'istituto italiano viene quindi confermato.
Fino alla fine del 2023, la spesa relativa a tutti gli incentivi edilizi al 110% garantiti è stata contabilizzata nei conti pubblici come "pagabile".
Queste nuove valutazioni pongono una sfida significativa per il governo italiano, che dovrà gestire l'impatto diluito del Superbonus sui conti pubblici, cercando di rispettare al contempo le rigide norme europee sul deficit.