Inflazione Eurozona: sorpresa a gennaio, taglio tassi a rischio?

A gennaio, l’inflazione nell’Eurozona ha sorpreso gli esperti, accelerando rispetto a dicembre. Eurostat ha stimato un aumento dei prezzi al consumo del 2,5%, rispetto al 2,4% del mese precedente, raggiungendo il livello più alto da luglio. Questo è il quarto mese consecutivo di crescita, dopo il minimo dell’1,7% di ottobre. Le previsioni, invece, indicavano un dato invariato. Il principale responsabile di questa impennata è l’aumento dei prezzi dell’energia, saliti dell’1,8% rispetto allo 0,1% di dicembre. Ma non solo: anche l’inflazione core, che esclude energia e alimentari freschi, ha registrato un valore del 2,7%, superiore alle stime del 2,6% e stabile per il settimo mese consecutivo.

Questa situazione potrebbe influenzare le decisioni della Banca Centrale Europea (BCE) a marzo. Finora si dava per scontato un ulteriore taglio dei tassi di interesse dello 0,25%, portandoli allo 0,25%. Tuttavia, l’attuale andamento dell’inflazione potrebbe portare la BCE a una pausa, come ha fatto di recente la Federal Reserve. L’energia è tornata a rappresentare una minaccia. Dopo il crollo dei prezzi del gas, che aveva fatto sperare in un miglioramento, le quotazioni ad Amsterdam sono raddoppiate rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 54 euro contro i 28 euro di un anno fa. Anche il prezzo del petrolio desta preoccupazione. Sebbene il Brent registri un calo di oltre 5 dollari al barile su base annua, il rafforzamento del dollaro rispetto all'euro ha annullato quasi interamente questo risparmio. In definitiva, l’energia costa oggi di più rispetto all’inizio del 2024.
Questo scenario prospetta un’ulteriore accelerazione dell’inflazione anche nel mese in corso. Una simile evoluzione danneggerebbe le aspettative di un rapido calo dei tassi al 2% entro l’estate. L’incertezza è aggravata anche dai dazi americani. Eventuali aumenti delle tariffe sulle merci importate dall’Unione Europea da parte del presidente Donald Trump potrebbero provocare ritorsioni, aumentando i costi dei beni e servizi sia negli Stati Uniti che in Europa. Questo scenario sarebbe ulteriormente aggravato da un probabile ulteriore deprezzamento dell'euro contro il dollaro, a causa della fuga di capitali verso gli Stati Uniti. Con un’inflazione al 2,6%, i tassi reali nell’Eurozona sono scesi a livelli minimi. Considerando un tasso principale del 2,9%, i tassi reali rimangono superiori dello 0,3%. Sebbene le banche centrali tengano conto soprattutto delle aspettative d’inflazione, esse prestano attenzione anche ai livelli correnti, segnalando la volontà di mantenere il costo del denaro superiore all'aumento attuale dei prezzi.

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