
Un cambiamento epocale sta ridefinendo il modo in cui interagiamo con il web. La ricerca online, pilastro fondamentale della nostra esperienza digitale, è nel mezzo di una profonda trasformazione guidata dall'intelligenza artificiale. Google, il gigante indiscusso di questo settore, ha introdotto AI Mode, una nuova funzionalità che promette di rivoluzionare la tradizionale pagina dei risultati. Non più un semplice elenco di collegamenti, ma una piattaforma conversazionale e interattiva che ambisce a fornire risposte dirette e complete, prima ancora che un utente clicchi su un qualsiasi sito esterno.


Questa evoluzione, annunciata con enfasi al Google I/O 2025 come una completa reimmaginazione della Ricerca, ci spinge a esaminare il percorso compiuto da Google con l'AI generativa: dalle prime AI Overviews fino all'attuale e più sofisticata AI Mode. Le implicazioni sono vaste, toccando non solo gli utenti, ma anche le imprese del web, dai siti di eCommerce agli editori di contenuti, passando per i professionisti del SEO e del marketing. Il panorama del traffico online è destinato a mutare radicalmente.
Il viaggio di Google nell'integrazione dell'AI generativa è iniziato nel 2024 con le prime AI Overviews. Queste brevi sintesi generate dall'AI, mostrate in cima alla SERP, hanno rapidamente conquistato gli utenti. Entro il 2025, si contavano ben 1,5 miliardi di utilizzi al mese, in oltre 200 Paesi. Un riscontro straordinario. Specialmente in mercati chiave come gli USA e l'India, si è notato un incremento superiore al 10% nelle ricerche più complesse, proprio quelle che beneficiavano maggiormente di queste risposte AI.
Forte di questo successo, Google ha accelerato verso un'esperienza di ricerca interamente guidata dall'AI.
L'AI Mode ha fatto il suo debutto sperimentale in Search Labs a marzo 2025, per poi essere lanciato al grande pubblico negli Stati Uniti in maggio, in concomitanza con il keynote di I/O. A differenza delle sintetiche AI Overviews, la nuova modalità offre un approccio più conversazionale e approfondito. Quando un utente attiva questa funzione, la pagina di ricerca si trasforma. Al centro, domina una risposta estesa generata dall'AI, spesso arricchita da tabelle o elenchi puntati, sempre corredata da riferimenti a fonti esterne. I tradizionali link ai siti web non spariscono; essi vengono piuttosto riposizionati, lateralmente su desktop o in basso, fungendo da fonti citate a supporto della risposta AI. Così, i link diventano un elemento secondario, utili per verificare o approfondire, ma non più il fulcro dell'interazione.
A livello tecnico, Google ha spiegato che l'AI Mode si basa su un processo chiamato query fan-out: la domanda originale dell'utente viene automaticamente suddivisa in sotto-quesiti tematici, eseguiti attraverso molteplici ricerche parallele.
Ciò significa che l'AI effettua una ricerca approfondita dietro le quinte, analizzando il web in tempo reale per poi combinare le informazioni, fornendo una risposta unificata e coerente. Questo metodo consente di andare oltre la ricerca tradizionale, scoprendo contenuti potenzialmente più rilevanti e altrimenti difficili da scovare.
L'AI Mode è alimentato dai più avanzati modelli linguistici di Google, appartenenti alla famiglia Gemini. Già al suo lancio, integrava una versione personalizzata di Gemini 2.5, capace di ragionamento avanzato e in grado di gestire input multimodali. Gli utenti possono formulare domande complesse in linguaggio naturale, anche lunghe o con immagini e voce. L'AI risponde in modo conversazionale, permettendo successivi chiarimenti o approfondimenti. Google ha esteso progressivamente l'AI Mode a livello globale, sbarcando in Europa, Italia inclusa, nell'ottobre 2025, dopo il lancio negli USA e in India nell'estate dello stesso anno.
L'interfaccia utente è stata pensata per favorirne l'adozione.
Su dispositivi mobili, per esempio, la scheda AI Mode è posizionata all'estrema sinistra, dove solitamente si trovava Tutto/All (foto dell'articolo mostra AI MODE dove si trova). Molti utenti potrebbero attivarla quasi inconsciamente, cliccando per abitudine sulla prima scheda disponibile.
Ciononostante, l'introduzione di AI Mode provoca non poche preoccupazioni tra gli esperti, i quali mettono in guardia sui potenziali effetti collaterali per l'ecosistema del web aperto e per gli stessi utenti. La critica più immediata riguarda l'erosione del traffico in uscita da Google. Se l'AI fornisce la risposta direttamente sulla pagina, l'utente ha meno incentivo a cliccare sui risultati organici. AI Mode può, di fatto, aggirare la necessità di visitare siti esterni. Google ora trattiene l'utente, fornendogli subito ciò che cerca.
Studi iniziali sul suo predecessore, AI Overview, mostravano già un impatto considerevole. Diverse ricerche stimano che le AI Overviews abbiano ridotto i clic verso i siti web in un range tra il 30% e il 70%, a seconda della tipologia di ricerca.
Questo scenario è preoccupante. Già oggi, si stima che circa il 60% delle ricerche su Google non generino alcun clic, le cosiddette zero-click searches, a dimostrazione che gli utenti trovano spesso la risposta senza lasciare la pagina di Google. Con l'AI Mode, si potrebbe ipotizzare che la percentuale di clic verso il web si dimezzi ulteriormente, mettendo a rischio la sopravvivenza di molti business online. Si è notato che le impression e la visibilità dei siti potrebbero persino aumentare, ma i clic calerebbero drasticamente. In sostanza, Google mostra i contenuti di più siti, ma trattiene gli utenti con risposte aggregate: una situazione insidiosa per chi basa i propri ricavi sulle visite.
Il web si regge tradizionalmente su un patto implicito: i content creator (editori di notizie, blogger, community) producono informazioni liberamente accessibili, e i motori di ricerca, Google in primis, convogliano traffico verso di essi, creando opportunità di monetizzazione (pubblicità, abbonamenti, vendite).
L'AI Mode rischia di spezzare questo equilibrio. Se Google sfrutta i contenuti altrui per fornire risposte dirette senza restituire traffico, molti creatori potrebbero decidere di non condividere più gratuitamente il proprio lavoro.
Si è parlato di una forma di furto: Google fa soldi con i contenuti altrui, ma i creatori non ottengono nulla in cambio. In prospettiva, si ipotizza l'avvento di un machine web, un web pensato per le macchine più che per gli umani. In fondo è già così: quando scriviamo anche noi un articolo per BusinessCommunity.it deve essere chiaro che essere cercati da Google è importante e quindi applichiamo le tecniche SEO.
In questo scenario, i siti web diventerebbero fornitori di dati per le AI: una versione di internet dove l'AI è il lettore principale e i siti sono progettati per essere letti dalle macchine, non dalle persone. Un alto dirigente di Google DeepMind prevede che tra pochi anni gli editori forniranno i contenuti direttamente ai modelli AI. Molti non si preoccuperanno nemmeno di pubblicarli su siti web per lettori umani.
Il rischio è un circolo vizioso: meno traffico ai siti implica meno ricavi, e quindi minore incentivo a produrre contenuti di qualità aperti. A sua volta, l'AI avrebbe meno materiale informativo aggiornato da cui attingere, minando l'utilità stessa del sistema.
È una mossa pericolosa per Google stessa, a giudizio di alcuni esperti SEO. Si domandano come Google possa non comprendere le implicazioni di ridurre il traffico alle fonti da cui essa stessa dipende per alimentare la Search Generative Experience. Cosa accadrà quando quei contenuti non saranno più prodotti perché la fonte non ha ritorni per giustificarli? Si è anche ipotizzato che Google possa contare sul fatto che ci sarà sempre abbastanza contenuto gratuito generato dagli utenti (come Reddit, Wikipedia, forum) a colmare il vuoto se le pubblicazioni professionali dovessero scomparire, contenuti cioè creati per passione o altruismo, senza aspettative di guadagno. Comunque, se anche community come Reddit iniziassero a subire cali di visitatori di passaggio da Google, potrebbero ridurre la visibilità di quei contributi o renderli accessibili solo tramite login, come già accaduto con le restrizioni API di Reddit nel 2023.
Non dobbiamo dimenticare il noto problema delle allucinazioni, quando il modello generativo inventa fatti o sbaglia con eccessiva sicurezza. La stessa Google ammette che le sue AI non sono infallibili. Nei primi test, le AI Overviews incassarono qualche figuraccia pubblica, con screenshot diventati virali in cui l'AI di Google suggeriva di usare colla non tossica per far aderire la mozzarella sulla pizza, o dichiarava che i geologi consigliano agli umani di mangiare una roccia al giorno. Il CEO di Google ha ammesso che le allucinazioni sono una caratteristica intrinseca di questi modelli. Nonostante i miglioramenti, e Google afferma di aver ridotto drasticamente gli errori grossolani, casi di risposte inesatte continuano a presentarsi. Ad esempio, nel 2025 un utente notava che l'AI di Google sbagliava persino a riconoscere la data odierna e il giorno della settimana. Affidarsi ciecamente alle risposte dell'AI è quindi rischioso, specialmente per query critiche. Google ora mostra avvisi e incoraggia gli utenti a verificare le fonti citate se la risposta riguarda temi sensibili o di alto impatto.
Dal punto di vista delle aziende, queste inesattezze possono diventare un grattacapo reputazionale: un'AI Mode che sintetizza male una guida dal sito di un'azienda, fornendo un consiglio sbagliato attribuibile, tramite fonte citata, alla pagina stessa. La colpa ricadrebbe sull'AI o sul brand? La gestione dell'accuratezza e il rischio di disinformazione è, dunque, un altro fronte di cautela.
Infine, vi è una considerazione più strategica e sociale. Con l'AI Mode, Google accentra ulteriormente il suo ruolo di arbitro dell'informazione online. L'utente medio potrebbe non avere più bisogno di lasciare l'ecosistema Google. Per informarsi, fare acquisti, comparare prodotti o ottenere consigli, tutto avviene tramite l'interfaccia del gigante tecnologico. Questo rafforza la dipendenza di utenti e aziende da Google, diminuendo il controllo diretto che editori e imprenditori hanno sulla relazione con il pubblico. Inoltre, in uno scenario in cui la maggior parte del traffico web passa per risposte AI, diventa cruciale comprendere come l'AI selezioni quali fonti citare e quali no, quali informazioni includere e quali tralasciare.
È un algoritmo proprietario a mediare gran parte del sapere online, una posizione estremamente delicata che già attira l'attenzione di regolatori antitrust e legislatori. Negli USA, per esempio, è in corso un importante processo antitrust contro Google proprio sul monopolio della ricerca. Se la modalità AI dovesse aggravare la posizione dominante di Google, rendendo ancor più arduo per i competitor farsi spazio e per i siti ottenere visibilità senza passare per Google, non è escluso che in futuro si intervenga anche a livello normativo su questioni di equità, concorrenza e diritto dei contenuti, magari con obblighi di condivisione delle entrate con gli editori, simili a quelli discussi per Google News.
In sintesi, l'AI Mode presenta notevoli sfide: rischia di trasformare il web aperto in un giardino recintato dominato dall'AI, comprimendo i ricavi dei content creator, riducendo la diversità di voci emergenti e ponendo nuovi problemi di accuratezza e trasparenza.
Ci attende un web alimentato da curiosità, creatività e comunità umane, oppure un web spogliato dall'AI, che ne riassume i contenuti, li appiattisce e ce li restituisce senza bisogno di cliccare? La risposta dipenderà, in parte, dalla reazione degli utenti e di tutti gli attori coinvolti.
Ma, nonostante i rischi evidenziati, l'integrazione dell'AI nella ricerca offre anche opportunità significative e benefici potenziali, sia per gli utenti finali sia, in modi nuovi, per le aziende e il web in generale. Ecco alcuni dei possibili lati positivi dell'AI Mode:
Dal punto di vista dell'utente, l'AI Mode realizza in gran parte la promessa di un answer engine intelligente. Chi effettua ricerche complesse ottiene risposte più ricche e contestuali in un solo passaggio, risparmiando tempo.
- Ad esempio, invece di dover aprire cinque link diversi e aggregare manualmente le informazioni, l'utente può porre una domanda articolata, anche con più condizioni, e ricevere un resoconto integrato e multi-sfaccettato;
- Google cita il caso di un confronto tra metodi di preparazione del caffè: l'AI Mode con una singola query può generare una tabella comparativa con caratteristiche, attrezzatura necessaria, pro e contro di ogni metodo – qualcosa che prima avrebbe richiesto più ricerche e confronti.
L'AI consente poi un'interazione più naturale. Grazie al modello conversazionale, l'utente può fare follow-up, chiedendo ad esempio di approfondire un punto specifico oppure di mostrare solo i metodi adatti per l'ufficio, ottenendo un livello di personalizzazione impossibile con la ricerca tradizionale. Questa dinamicità rende la ricerca più simile a dialogare con un esperto umano, aumentando la soddisfazione. Lo indicano i dati di utilizzo crescenti riportati da Google: gli utenti sono più contenti dei risultati e invogliati a formulare domande più complesse. In breve, l'utente medio fatica meno per trovare ciò che cerca e può esplorare argomenti complessi in modo guidato e interattivo.

Dir. Responsabile Gigi Beltrame - Dir. Editoriale Claudio Gandolfo
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