Versione stampabile dell'articolo del magazine del 20/03/2019 | Link alla versione sfogliabile


http://businesscommunity.it/m20190320/economia/brexit-ci-deve-pur-essere-una-via-d-uscita.php


Brexit: ci deve pur essere una via d'uscita

Westaway (Vanguard): il Regno Unito e l'Unione Europea probabilmente raggiungeranno un accordo basato sul libero scambio, con l'applicazione di tariffe minime sugli scambi di merci ma senza un'armonizzazione delle norme

Quando i cittadini del Regno Unito si sono svegliati il 24 giugno 2016 con la notizia che il Paese aveva votato per lasciare l'UE ("Brexit", come ormai comunemente nota), non potevano sapere che, due anni e mezzo dopo, il futuro delle relazioni tra Regno Unito ed Europa sarebbe stato ancora poco chiaro. E che a poco più di un mese dalla presunta data d'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea sembra sempre più improbabile che i politici inglesi possano giungere a una versione concordata di Brexit in grado di avere il sostegno della maggioranza dei parlamentari. Quindi, cosa succederà e come dovrebbero reagire gli investitori?
La vittoria di misura del "leave" dall'Unione Europea dopo 46 anni (risultato ottenuto per una manciata di voti) è principalmente dovuta alle preoccupazioni relative alla libera immigrazione di cittadini dell'UE nel Regno Unito, alla conseguente mancanza di sovranità sul processo decisionale che l'adesione all'Unione comporta e costi derivanti dal fatto di essere un Paese membro. Le più ampie conseguenze economiche di questo cambiamento sono state forse poco comprese. La maggior parte degli economisti concorda sul fatto che probabilmente l'impatto economico di Brexit sarà negativo, con un calo del PIL riconducibile alle condizioni meno vantaggiose alle quali la Gran Bretagna potrà effettuare scambi commerciali con i suoi vicini. Probabilmente peggioreranno anche le condizioni commerciali del Regno Unito (come è già accaduto in seguito al ribasso della sterlina dal 2016), il che significa che le importazioni di beni e servizi tenderanno a essere più costose. Vi potrebbero essere anche costi nel lungo termine legati al fatto che il Regno Unito dovrebbe diventare meno aperto al flusso di persone e alle nuove tendenze, utili a stimolare la crescita.
Per il momento, vi sono alcuni elementi che dimostrano come l'incertezza intorno alla Brexit abbia indotto imprese e famiglie a rinviare i propri piani di spesa fino a quando la situazione non sarà chiarita, mentre la crescita complessiva del Regno Unito, negli ultimi due anni, sembra essere diminuita rispetto a quella degli altri membri del G7. Guardando avanti, però, la gravità dell'impatto di Brexit sull'economia britannica dipenderà dai termini dell'eventuale accordo tra il Regno Unito e l'Unione Europea, oggetto di negoziati da quando il governo inglese ha attivato l'articolo 50 nel marzo 2017.
Quasi certamente, il peggior risultato in assoluto sarebbe una Brexit senza alcun accordo, anche se riteniamo che questo evento sia relativamente improbabile. Questo scenario potrebbe verificarsi se in Parlamento si prolungasse l'attuale disaccordo su come procedere. Il "No Deal" sarebbe l'ipotesi più dura per la Brexit, implicando il riposizionamento del Regno Unito nell'ambito degli accordi commerciali con il WTO con tariffe più elevate e movimenti transfrontalieri delle merci più restrittivi, nonché la decadenza di altri accordi UK-UE.
Riteniamo più probabile che sarà raggiunto un qualche accordo con l'Unione Europea, probabilmente basato sul libero scambio, con l'applicazione di tariffe minime sugli scambi di merci con i Paesi dell'UE, ma senza un'armonizzazione delle norme, come avviene invece nel mercato unico europeo. Questo tipo di intesa potrebbe essere comunque costosa per l'economia britannica e rappresenterebbe una Brexit moderatamente difficile.
Meno gravosa, invece, sarebbe una variante della cosiddetta "soft Brexit". Questo risultato potrebbe essere ottenuto rimanendo nell'ambito dell'unione doganale, anche se questo tipo di accordo impedirebbe di firmare trattati commerciali con paesi extra UE o di aderire a qualche variante dello Spazio economico europeo (ipotesi più volte richiamata dall'opzione Norvegia). Entrambe le opzioni risulterebbero molto meno costose in termini di impatto economico, ma nessuna delle due realizzerebbe molti dei possibili benefici prospettati che potrebbero derivare dall'uscita dall'Unione Europea, dato che la Gran Bretagna non sarebbe in grado di frenare l'immigrazione dall'UE e dovrebbe continuare a versare i contributi (all'UE). Finchè si riuscirà ad evitare il No Deal, come ci aspettiamo, non entreranno in vigore nuovi accordi commerciali fino a quando non saranno concordati nel corso del periodo di transizione che durerà fino alla fine del 2020.
La realtà, tuttavia, è che non è stato raggiunto alcun consenso politico all'interno del Regno Unito, né tra Regno Unito e Unione Europea, sulle norme da applicare. La questione legata al confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda rappresenta un ulteriore ostacolo, dato che Brexit prevede un confine tra Regno Unito e Unione Europea. L'incapacità di raggiungere un accordo ha aumentato le possibilità di una proroga della scadenza del 29 marzo e persino quella che sia indetto un nuovo referendum, potenzialmente in grado di ribaltare la decisione originaria e portare il Regno Unito a restare nell'Unione europea.
Quindi, come dovrebbero rispondere gli investitori a tutta questa incertezza su Brexit? Finora, il tasso di cambio ha retto l'urto, con un calo di circa il 10% dal referendum, le azioni del Regno Unito sono state probabilmente leggermente più deboli di quanto ci si sarebbe aspettato, mentre il comparto obbligazionario è stato probabilmente più solido, in quanto i policy makers della Bank of England hanno impedito l'aumento dei tassi d'interesse. Se il No Deal fosse escluso, probabilmente si avrebbe un lieve rialzo degli asset in sterline, ancora maggiore se Brexit fosse completamente ribaltata. Ma la minaccia di una Hard Brexit, o addirittura del No Deal, fa si che per gli asset britannici vi siano ancora rischi al ribasso.
Non avendo la sfera di cristallo, la scelta di un portafoglio di azioni e obbligazioni ben equilibrato e diversificato a livello globale è oggi più opportuna che mai. Molto meglio guardare alle notizie con gli occhi di un cittadino interessato piuttosto che con quelli di un investitore pronto a sfruttare qualsiasi opportunità.

Peter Westaway, Chief Economist di Vanguard Europe