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Il rischio geo-politico frena 7 imprese su 10 in EMEA

Del Bianco (BDO): barriere al libero commercio, trasformazioni portate dall'introduzione di nuove tecnologie, volatilità dello scenario politico-economico, sono fattori che creano problemi al business

Il rischio geo-politico rappresenta una minaccia per 7 aziende su 10: è quanto emerge dal Global Risk Landscape 2018 di BDO, network globale di revisione contabile e consulenza alle imprese. Su 167 manager di primarie società operanti in Europa, Medio Oriente e Asia, infatti, il 74% sceglie lo scenario politico internazionale come il principale fattore di rischio per il business della propria azienda. Più di 6 leader su 10 (66%), inoltre, si dichiarano preoccupati dal rischio macroeconomico.
In risposta a un contesto di business internazionale sempre più complesso, l'89% dei manager EMEA afferma che una maggiore agilità aziendale, ovvero una maggiore prontezza nell'affrontare il cambiamento, porterebbe la propria impresa a rispondere in maniera più efficace ai mutamenti del mercato. Sulle modalità e i contesti in cui applicare tale agilità, tuttavia, emergono opinioni discordanti. Il 34% dei rispondenti vede la soluzione in un miglioramento dell'efficacia operativa, razionalizzando i costi e la produzione, mentre solo il 17% del campione si concentra sull'innovazione dell'azienda. Secondo l'altra metà dei rispondenti, la soluzione sta in un bilanciamento dei due fattori.
"Le imprese di tutto il mondo devono fare i conti con uno scenario del business globale in continua trasformazione", ha commentato Simone Del Bianco, Managing Partner di BDO Italia. "Barriere al libero commercio, trasformazioni portate dall'introduzione di nuove tecnologie, volatilità dello scenario politico-economico: sono solo alcuni dei rischi che il business si trova oggi ad affrontare, a prescindere dal settore industriale o merceologico di riferimento. In questo contesto, assistiamo a contromisure diverse. Notiamo un vero e proprio scisma tra i leader del commercio mondiale - innovatori, che subiscono maggiormente i rischi esterni - e player a più basse performance, messi sotto pressione dal rischio operazionale. Un vero e proprio gap tra chi cavalca il cambiamento e chi, invece, lo subisce".