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Rasizza (Openjobmetis): Possibile una ripresa del lavoro nel secondo semestre

Le agenzie per il lavoro sono i migliori interlocutori per le aziende che cercano personale qualificato. Anche per l’area manageriale. E offrono possibilità concrete al segmento over 50

L’ingresso di manager fuoriusciti dalle grandi imprese può assicurare alle PMI le competenze necessarie per il salto di qualità che la congiuntura di un mercato globalizzato richiede. Ma manager e imprenditori devono modificare atteggiamento e aspettative, e concentrarsi sull’obiettivo comune. Questa è l’opinione di Rosario Rasizza Amministratore Delegato di Openjobmetis SpA e presidente neoeletto di Assosomm, l’Associazione Nazionale di categoria delle Agenzie per il Lavoro. Che ha anche idee semplici e precise su come si può migliorare il mercato del lavoro, attraverso la riduzione del cuneo fiscale e incentivi per le nuove assunzioni a costo zero per lo stato.

Il 2012 sarà ricordato come l’anno della Legge Fornero. Quale impatto ha avuto sul mercato del lavoro?

Siamo chiari: la legge Fornero ha disatteso un po’ le aspettative non solo di noi operatori qualificati, come agenzie per l lavoro, ma anche di tutte le aziende e gli imprenditori.

In che cosa ha fallito?

La legge doveva aiutare l’imprenditoria italiana, aiutare le imprese a modificare in quelle che erano le difficoltà nell’inserimento di nuova forza lavoro all’interno delle aziende.

Purtroppo, tutta una serie di vincoli che hanno irrigidito il sistema del welfare all’ingresso non ha consentito quella esplosione di nuovi posti di lavoro che tutti noi ci aspettavamo. Basti ricordare il problema legato alle partite IVA, o ai collaboratori coordinati continuativi, che proprio sotto il periodo natalizio avevano poi causato tutta una serie di problemi anche legati al mondo sindacale. Noi come agenzie per il lavoro, ci aspettavama una apertura, poichè si era tanto parlato di quella che era definita la “flessibilità buona”, atrtaverso i nostri servizi. Poi, di fatto, tutto questo non ci è stato riconosciuto in termini di operatività e norme che favorivano quel tipo di servizio.

Che effetti ha avuto la legge Fornero sulla somministrazione di lavoro?

Di fatto poco o nulla, se non inasprire in alcuni casi determinate procedure per l’inserimento dei lavoratori, o addirittura non riconoscerci come operatori qualificati di settore. Quelllo che noi abbiamo sempre chiesto era di sederci al tavolo di questa riforma, di essere convocati, essere una parte attiva ed essere riconosciuti come operatori qualificati per dare il nostro contributo fattivo.

Vorrei ricordare che noi, che sia per un giorno, per un mese o per un anno, assumiamo la persona inquadrandola esattamente ale stesse condizioni contrattuali e contributive in essere e vigenti presso il nostro cliente, pagando regolarmente il nostro lavoratore la sua busta paga, queitanzando al 16 del mese il regolare F24. Bastava dire che ogni impresa che voleva avere più flessibilità doveva avvalersi di una agenzia per il lavoro, tra l’altro autorizzata dal Mlnistero del Lavoro, per regolarizzare e per tranquillizzare tutto quello che era un concetto di lavoro irregolare o sommerso.

Adesso ci sarà un nuovo governo e nuovi interlocutori. Quali correttivi ritenete necessari per migliorare la situazione attuale?

Io credo che si debba partire dalle semplici. Oggi un’azienda ha un peso fiscale molto pesante legato all’assunzione di un lavoratore. Una proposta che immediatamente lancerei è quella di alleggerire il cuneo fiscale, soprattutto per le nuove assunzioni, o per quelle aziende che hanno progetti particolari di crescita e che quindi hanno la necessità di inserimento di nuovi lavoratori. L’idea potrebbe essere: fatto 100 i lavoratori che si hanno, per ogni lavoratore in più che viene assunto all’interno dell’azienda per i prossimi 24 mesi, se non si fanno riduzione di personale, si avrà una contribuzione pari esclusivamente al 50% di quello che normalmente si dovrebbe avere.

Questo non avrebbe nessun impatto dal punto di vista dei costi per lo Stato, poichè oggi non prende nulla da quel lavoratore, mentre domani prenderebbe il 50%, e nello stesso tempo avrebbe lo stesso introito, perchè solo l’azienda che garantirebbe una stabilità dei propri posti di lavoro potrebbe beneficiare di questo sgravio.

La Commissione Europea ha previsto per l’Italia una disoccupazione in crescita verso il 14%. Dal vostro punto di vista privilegiato, quali scenari vedete per il 2013?

Io credo che lo scenario sia meno apocalittico di come più o meno tutti in questo momento ce lo stanno raccontando. Noi abbiamo avuto una crisi di settore, che poi ha toccato tutti i comparti merceologici dei nostri clienti, e abbiamo un buon punto di osservazione di quello che accade. Credo ci sia paura del futuro, un pochino di instabilità, ma non credo che lo scenario sia così terribile. Penso che nel secondo semestre di quest’anno ci sarà effettivamente una ripresa. E qualche piccolo segnale, che arriva soprattutto dal Nord-Est, noi lo stiamo già visualizzando.

Qual è l’atteggiamento dei vostri clienti-imprenditori verso il mercato della somministrazione del lavoro?

Tendenzialmente il mercato della somministrazione è conosciuto da quasi tutti gli imprenditori che operano nel settore.


Pochissime sono le aziende dove tutti sono presenti e di fatto ti dicono che non l’hanno mai utilizzato. Ci vedono come operatori qualificati, vorrebbero da parte nostra una maggiore specializzazione, in termini di figure professionali. Frequentemente, soprattutto da un anno a questa parte, potremmo avere un nome leggermente diverso: non solo agenzie per il lavoro ma agenzie per il lavoro che fanno da banca. Alcuni imprenditori, pur avendo capito il nostro ruolo, ci utilizzano anche per avere all’interno delle proprie aziende delle nostre risorse, perchè noi consentiamo loro un pagamento a 60-90-120 giorni. Questo li aiuta a flessibilizzare non solo la parte del lavoro ma anche il cash flow. In questo modo aiutiamo di fatto l’impresa anche a finanziarsi, sostituendoci un po’ al lavoro che dovrebbero fare le banche. Questo ce lo riconoscono e noi lo concediamo, perchè il nostro obiettivo principale è creare un posto di lavoro in più. Sia per noi che facciamo questo di mestiere sia per il lavoratore stesso. Ricordo che mediamente dopo 66 giorni di missione con noi, un buon 5-10% trova un lavoro a tempo indeterminato. Di questi tempi un valore veramente aggiunto.




Il 2012 ha consolidato le difficoltà del ruolo manageriale, che vede una forte emorragia di figure. Come vedete le possibilità di reinserimento di questo segmento di lavoratori nelle PMI? 

Io credo che questo in un momento di crisi possa essere un'opportunità per entrambi. Per il manager che potrebbe reinserirsi in una azienda, magari più piccola di dimensioni rispetto al suo ultimo incarico, dove però potrebbe trovare gratificazioni maggiori perchè direttamente coinvolto nella conduzione dell’azienda, essendo quest’ultima un po’ più piccola. Per l’imprenditore c’è l’opportunità di avvalersi di un manager che ha maturato un’esperienza, magari nel campo dell’internazionalizzazione. Questo potrebbe far si che l’azienda stessa ne possa trarre dei benefici. Credo che da parte del manager ci dovrebbe essere la volontà di mettersi un pochino più in gioco e da parte della PMI di avvalersi di persone con maggior esperienza, e tutto questo potrebbe essere utile ad entrambi. Penso che potrebbe esserci un buon incontro tra queste due parti. Il nostro ruolo è quello di far capire al manager qual è l’azienda giusta per lui e alla PMI, soprattutto dove la figura dell’imprenditore è quella prevalente, e a quest'ultimo magari di esser meno “presuntuoso” e accettare qualche consiglio da chi arriva da un’azienda più grande e strutturata, poichè ha già vissuto o fatto quel percorso.




Sempre rimanendo focalizzati sul managent, la crisi sta mettendo in gioco il ruolo dei benefit, conducendoli verso la PMI. Il vostro ruolo è solo di mediazione o c’è anche una parte di riqualificazione?

Il nostro intento è di fare anche una riqualificazione delle “teste” dei due soggetti che si devono incontrare. Il manager deve capire che la PMI ha certe esigenze, determinate logiche, una velocità d’azione e di reazione più rapida rispetto, per esempio, ad una multinazionale che può attendere qualche tempo in più. Allo stesso tempo, la PMI e l’imprenditore che la conduce, deve avere una maggiore elasticità nel capire che le logiche del manager che si porta in casa sono diverse. A volte queste due figure non si incontrano per delle banalità: sulla tipologia dell’auto o sul benefit in materia del numero di voli aerei o in quale classe. Piccolezze, se tutte queste cose fossero discusse in maniera serena e tranquilla, con l’obiettivo finale di far crescere il valore dell’azienda e il fatturato. Una maggiore disponibilità da parte di entrambi potrebbe essere utile per il raggiungimento dello scopo.



Per le PMI il problema è culturale. L’Italia è fatta di piccole aziende: 0-15 dipendenti è il nostro tessuto imprenditoriale. L’imprenditore è quello che sa tutto, è quello che per definizione non ha mai sbagliato, e magari non ricorda o si accorge che il mondo è cambiato. E di conseguenza deve cambiare la sua testa. “Uno più uno deve fare tre”. E lui tendenzialmente pensa che da solo possa risolvere tutti i problemi. Acquisire nuove professionalità, nuove competenze, inserire persone che hanno già vissuto quella fase di crescita dell’azienda diventa per l’imprenditore fondamentale. Per il manager potrebbe essere addirittura l’opportunità di cambiare la sua testa: non essere più solo manager, ma magari diventare piccolo azionista dell’azienda, quindi prendere i soldi della liquidazione e chiedere di investirli nell’impresa, per diventare esso stesso un imprenditore a fianco dello storico fondatore della società.

Quali azioni-percorsi-strategie sono i più diffusi tra le aziende di somministrazione di lavoro?

Noi cerchiamo di capire quale sia la persona giusta al posto giusto.


Cerchiamo di far comprendere che per cercare lavoro ci vuole molta umilità e, soprattutto, molta disponibilità. A volte facciamo delle proposte ai nostri candidati che ci vengono rifutate solo perchè la distanza con la sede del lavoro è di 20-30 km. Ma nel contesto che stiamo vivendo gli spostamenti non dovrebbero essere un elemento di d preoccupazione. Quello che non si capisce è che se non si entra in un’azienda facendosi apprezzare, facendosi conoscere, difficilmente qualcuno può assumere la persona. Chi si mette in gioco, chi investe su se stesso, ha un’alta possibilità di esser poi assunto. Perchè oggi, se tu sei bravo, se ci dai dentro, ed un’impresa tendenzialmente non vuole chiudere, avrà tutto l’interesse a tenerti più che a lasciarti a casa. Occorre mettersi in gioco e investire almeno sei mesi di tempo per farsi apprezzare e conoscere. Le agenzie per il lavoro, in maniera regolare, strutturale e, soprattutto, alle pari condizioni che un lavoratore potrebbe avere in quell’azienda, possono essere effettivamente uno strumento utile per far conoscere entrambe le controparti.

Lavoratori over 50: un segmento sempre più ampio in cerca di lavoro.


Quali soluzioni possibili?

E’ un mondo difficile quello degli over 50, per i motivi che abbiamo elencato prima. Questa fascia di lavoratori deve dimenticarsi di aver operato per tanti anni in una determinata azienda, di aver ricoperto a lungo un ruolo, e di aver lavorato solo ed esclusivamente in quel modo. Deve ricostuirsi, non abbattersi psicologicamente, e deve assolutamente riqualificarsi. Non sono solo parole. In maniera concreta deve rimettersi in gioco. E soprattutto deve far capire a noi, che siamo operatori qualificati e che possiamo fare l’incrocio tra domanda e offerta, qual è il suo limite minimo a cui può accettare di rimettersi in gioco. Ripeto, se un’azienda-cliente incontra un buon lavoratore, un buon collaboratore, anche over 50, farà di tutto per tenerselo. Perchè lui sarà immediatamente pronto e fruibile, e non avrà necessità di quel periodo di quel periodo di apprendimento che tendenzialmente un giovane ha quando viene inserito all’interno di una azienda. Un’impresa dovrebbe avere un mix di lavoratori: quelli giovani, quelli che hanno già un po’ di esperienza e quelli che hanno tanta esperienza, per accelerare quei processi di crescita che oggi tutte le PMI devo avere all’interno del proprio capitale.






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