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Settembre_2013

idee

Il lavoro di favorire la crescita e creare lavoro

Carella (Manageritalia): Se non ci sono condizioni, idee e voglia di fare impresa, non servono quelli che devono farla, siano essi giovani, lavoratori qualificati, manager o qualsiasi altro

Ci stiamo affannando a pensare, ipotizzare e tentare tutte le strade possibili per creare lavoro. Ma poi in pratica sembra che nessuno sappia più come e perché il lavoro, ma soprattutto la crescita economica, si crea e si distrugge.
Qualcuno pensa che basti un incentivo e tutto passa. E, ahimè, quanti danni hanno fatto gli incentivi, a pioggia, indiscriminati e spesso inutili, quando non dannosi anche per chi li riceve e sicuramente per il sistema. Qualcun altro ritiene che servano leggi su leggi, quasi che crescita e lavoro si creino per decreto.
Nessuno ha ben chiaro come oggi le cose siano cambiate, come stiano ancora cambiando e come saranno domani e dopo. Di chiaro c’è solo che pensando di governare la crescita e il lavoro li abbiamo distrutti quelli vecchi e non siamo stati capaci di stimolarne e supportarne di nuovi.
Pensiamo di governare il lavoro, cosa mai data in natura, e non sappiamo creare e governare le condizioni che ne sono alla base.
Oggi, anche in USA ci sono città e intere aree geografiche che ancorate ad un’economia e un lavoro di decenni fa, sono al collasso (si pensi alla bancarotta di Detroit, storica culla dell’auto a stelle e strisce).

La manifattura è in calo in ogni dove, ma soprattutto quando non sa fare innovazione, quella che invece l’ha spinta partendo da zero per tanti anni. La finanza dovrebbe essere il collante tra produttori e consumatori, chi risparmia e chi investe, ma in questo momento è isolata e fine a se stessa. Incapace di dare impulso vitale agli altri settori.
Qua e là per il mondo, sempre meno in Italia, ci sono invece intere città e aree geografiche che crescono e creano sviluppo, lavoro e ricchezza. La famosa Silicon Valley continua imperterrita ad essere l’economia più dinamica d’America e del mondo. Il motore non è più solo il silicio, c’è molto di più: software, internet, semiconduttori, ricerca medica e farmacologica, nuovi materiali, servizi e tanto altro. L’ingrediente? Innovazione e conoscenza, veri motori della moderna economia basata non più sulla produzione di beni materiali, ma su quella di innovazione e conoscenza.
E oggi ancor più di ieri questa nuova economia vincente tende all’aggregazione geografica. Città e regioni che si popolano di lavoratori qualificati e imprese innovative e ne attirano, come le api sul miele, sempre di più.

Perché oggi, ma anche ieri, pensiamo ai nostri distretti o se vogliamo anche alle città del Rinascimento, il successo di un’azienda non dipende solo dalle sue qualità e dei suoi lavoratori, ma anche dall’ecosistema economico e sociale nel quale è inserita. Questi luoghi diventano uno stimolo e un incubatore ricco di idee e di tutto quanto serve per creare nuove idee e nuovi modi di fare impresa.
Insomma, se guardiamo a quello che stiamo facendo noi oggi in Italia non possiamo che concludere che non ci siamo.
Fra i principali ostacoli al ritorno a una crescita sufficientemente elevata, come testimonia anche il rapporto Doing Business della Banca Mondiale dove siamo al 73 posto su 185 paesi, ci sono:

• l’insufficiente concorrenza e l’inadeguatezza della regolazione in alcuni mercati, soprattutto dei servizi;
• un sistema amministrativo inefficiente e fonte di oneri burocratici non giustificati per le imprese;
• un mercato del lavoro poco flessibile e segmentato;
• un livello di tassazione eccessivamente elevato;
• un sistema scolastico non in grado di assicurare qualità del capitale umano sufficientemente elevata;
• una giustizia civile poco efficace.


Insomma, fare impresa è proprio un’impresa come testimonia ancora più puntualmente il rapporto Doing Business in Italia 2013, che confronta le regolamentazioni di 13 città e 7 porti italiani, con quelli di 185 paesi del mondo. Siamo quasi sempre abbondantemente sotto la media UE nella facilità di fare tutte quelle attività necessarie per fare business quali: ottenere permessi edilizi, accedere al credito, pagare le imposte, risolvere le dispute commerciali ecc.
Tutto questo, mentre pensiamo che incentivi per l’assunzione di giovani, donne siano la panacea per risolvere i nostri problemi di crescita e occupazione. Ma come vediamo nei fatti nessuno assume nessuno, neppure gratis, perché se non ci sono condizioni, idee e voglia di fare impresa, non servono quelli che devono farla giovani, lavoratori qualificati, manager o qualsiasi altro essi siano.
Allora bisogna che tutti si muovano per migliorare e cambiare questo stato di cose. Noi abbiamo appena fatto una parte della nostra parte. Infatti, oggi, fare sindacato e rappresentanza è ancora più indispensabile per mettere l’ecosistema nelle condizioni di preoccuparsi solo di crescere.


La recentissima proroga della scadenza del Contratto dirigenti siglata da Manageritalia e Confcommercio spostando tutto alla fine del 2014 va in questo senso. Abbiamo bloccato la parte economica, manutenuto il welfare contrattuale, con minimi aumenti, e riproposto a costo zero i programmi di formazione e di politiche attive a supporto di dirigenti alla ricerca di un nuovo incarico e aziende che vogliono aumentare la competitività e cogliere nuove opportunità.
L’accordo raggiunto è frutto del senso di responsabilità di chi rappresenta aziende e dirigenti del terziario e dimostra che le relazioni sindacali sono un indispensabile e tangibile aiuto ad aziende, lavoratori ed economia per facilitare intelligentemente il loro operato. E, comunque, welfare e workfare contrattuali se ben utilizzati sono validissimi strumenti di remunerazione e supporto alla competitività. Certo serve fare molto di più e questo è il nostro obiettivo, la nostra ragion d’essere.
Insomma, se non sappiamo cambiare le logiche che guidano le nostre azioni, sarà impossibile cambiare il Paese. Forse, al rientro dalle ferie, dovremmo ripartire da qui.




Guido Carella, presidente Manageritalia


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