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Luglio_2013

economia

Un approccio smart al rischio sara’ un fattore necessario non un’opzione

Dilworth (allianzGI): Non è importante soltanto per gli operatori dei mercati finanziari internazionali, ma è connesso alle fondamenta dell’equità intragenerazionale nelle economia mature

Alla luce dei trend socio-demografici secolari e dello scenario di financial repression di lungo periodo, Allianz Global Investors ha presentato la sua visione per consentire agli investitori di cogliere opportunità di rendimento, rispettando il proprio approccio al rischio. Secondo James Dilworth, CEO AllianzGI Europe: “Gli investitori sono alla ricerca di rendimenti, e gli investimenti tradizionali non sono in grado di garantirne. I tassi di interesse molto bassi degli investimenti obbligazionari più tradizionali potranno a malapena offrire rendimenti reali positivi ed il relativo rischio connesso alla crescita dei tassi di interesse sembra ampiamente sottostimato. Un approccio "smart" al rischio diventerà un fattore necessario, non un’opzione. Questo non rileva soltanto per gli operatori dei mercati finanziari internazionali, ma è connesso alle fondamenta dell’equità intragenerazionale nelle economia mature. E’ sufficiente pensare all’altissimo numero di persone che nei prossimi anni si affacceranno alla pensione, un periodo che per loro durerà più del doppio rispetto a quarant’anni fa”.



Qual è il modo migliore di gestire il rischio?
“In un mondo di repressione finanziaria - spiega Wolfgang Mader, Head of Asset Allocation Strategies di AllianzGI Global Solutions - per ottenere i profili desiderati di rischio-rendimento è necessario assumere maggiore rischio. Ma gli investitori dovrebbero essere molto attenti alle diverse tipologie di rischio: mantenere un portafoglio di titoli governativi in realtà può rivelarsi un’opzione assai rischiosa, che probabilmente porterà a mancare gli obiettivi. Per colmare questo gap è necessario inserire in portafoglio asset più rischiosi e aggiungere strategie alpha non correlate come fonte di rendimento. Per riportare il rischio ai livelli target, gli investitori dovrebbero attuare un’ampia diversificazione a livello globale tra i diversi fattori di rischio, applicando tecniche di gestione dinamica del rischio per rimanere davanti alla curva in condizioni di mercato assai volatili”.

Il tema dei mercati emergenti
Secondo David Tan, Chief Investment Officer, Fixed Income Asia Pacific, le obbligazioni asiatiche offrono agli investitori un’opportunità unica di diversificare il portafoglio rispetto ai problemi strutturali che presentano i titoli sovrani delle economie sviluppate, essendo i paesi asiatici non totalmente correlati con i mercati sviluppati.

Aggiunge Tan: “Grazie ai solidi fondamentali macroeconomici, nei periodi di crisi i paesi asiatici hanno comunque la capacità di incentivare lo sviluppo economico, senza contare i livelli mediamente bassi del rapporto debito/Pil rispetto alle economie sviluppate. L’insieme di questi fattori fornisce alle economie asiatiche una sorta di protezione per fronteggiare gli shock esogeni. In media, le obbligazioni asiatiche offrono inoltre un carry interessante agli investitori. In un certo senso è paradossale che il rendimento dei titoli governativi asiatici sia mediamente più elevato nonostante la solidità sottostante di tali economie, nella maggior parte dei casi giudicate ‘investment grade’ dalle agenzie di rating. Nel lungo periodo, l’apprezzamento delle valute può rappresentare un ulteriore elemento di potenziale rendimento per gli investitori, in particolare considerando che secondo diversi parametri le valute asiatiche risultano sottovalutate rispetto a quelle dei mercati sviluppati. L’Asia attualmente detiene più del 60% delle riserve valutarie mondiali e riteniamo che questo forte avanzo delle partite correnti offra supporto alle valute locali.




Perché investire in titoli azionari cinesi?
Christina Chung, Senior Portfolio Manager Chinese Equities, illustra le ragioni di un investimento in questo comparto: “Nonostante il recente rallentamento, il potenziale di crescita della Cina non è in discussione. Il Paese prevede di avviare una serie di riforme economiche per innescare la trasformazione strutturale verso una crescita più bilanciata, trainata da una maggiore enfasi sulla domanda interna. La ponderazione delle azioni cinesi nei benchmark globali è probabilmente destinata ad aumentare nel tempo. Il Pil pro capite cinese è a livelli analoghi a quelli della Corea negli anni 80 e del Giappone negli anni 60. Se riuscirà a raddoppiare il Pil entro il 2020, un obiettivo che riteniamo possibile, la Cina raggiungerà un livello paragonabile a quello della Corea alla fine degli anni 90 e del Giappone negli anni 80. Questo dà un’idea dell’enorme portata della domanda interna potenziale in Cina, dove la classe media si sta affermando grazie al progressivo aumento del reddito pro capite”. Secondo Christina Chung, questo è il momento giusto per investire in azioni cinesi: “Riteniamo di avere raggiunto un minimo ciclico: gli utili industriali sono in fase di ripresa, le valutazioni appaiono interessanti, gli scambi sono nel range inferiore delle medie storiche e l’esito delle riforme offre potenzialità di rialzo”.




E l’Europa?
“L’esposizione verso i mercati emergenti è un tema ben delineato nei portafogli azionari dei nostri fondi growth europei”, afferma Matthias Born, Senior Portfolio Manager European equities. “Nel 1997, in media, il 20% dei ricavi europei presentava un’esposizione verso i mercati emergenti. Nel 2012 siamo arrivati al 33%. Vi sono numerosi esempi di produttori di beni di consumo con brand molto solidi, un forte pricing power e un’elevata generazione di cassa, che in Asia hanno conseguito una rapida crescita, perlopiù organica. Oltre ad avere un’esposizione lievemente superiore ai ricavi globali, a causa della nostra posizione pari a zero nei settori molto orientati al mercato interno, siamo fermamente convinti che sia essenziale selezionare la migliore esposizione globale tra i settori ed i titoli avvantaggiati dai più importanti trend secolari di crescita a livello internazionale, con elevate barriere all’ingresso e un forte potere di determinazione dei prezzi, in quanto mercati emergenti significa anche maggiore competitività su scala globale. Ma l’espansione geografica non è l’unica leva di crescita.


Nella nostra filosofia di investimento diamo priorità alla crescita sostenibile degli utili, alle aziende di qualità e alle valutazioni. Se non siamo convinti di un catalizzatore che potrebbe innescare un’accelerazione nella crescita di una società, chiediamo alla nostra rete di ricercatori Grassroots di verificare nella realtà le ipotesi previsionali formulate dalle aziende e di validare il nostro caso di investimento. In quanto stock-picker, potremmo definirci agnostici rispetto al benchmark; la performance dei nostri portafogli è indubbiamente legata alla crescita sottostante delle società in cui investiamo”.

Business locale? Small cap globali
Secondo Andrew Neville, Global Small Cap Portfolio Manager, una gestione attiva focalizzata sulla ricerca fondamentale, alla quale siano dedicate risorse globali, è la chiave anche per esplorare le opportunità di investimento offerte dal segmento small cap: “I titoli a bassa capitalizzazione globali hanno le potenzialità per mettere a segno una netta sovraperformance nelle fasi di rialzo dell’economia e, in un’era di repressione finanziaria, spesso offrono un vantaggio rispetto alle large cap in quanto sono in grado di finanziare la propria crescita e quindi meno penalizzati dalla riduzione del credito erogato dalle banche.


Le small cap consentono di ottenere una diversificazione vantaggiosa: sebbene siano più rischiose e volatili, la quota di rischio aggiuntiva risulta in genere ampiamente compensata dal rendimento”.


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