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Dicembre_2013

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Una crescita globale senza sprint

Brender (Dexia AM): Per il 2014 vediamo un rallentamento strutturale con alcune accelerazioni cicliche per i Paesi Emergenti, meno austerity e più crescita per gli USA, e mercati più calmi ma con molti problemi per l’eurozona

A cinque anni dallo scoppio della crisi economica e finanziaria nell’autunno del 2008, la crescita continua ad essere attorno al 2% negli Stati Uniti e da poco è tornata positiva nell’Eurozona. Con il moltiplicarsi dei segnali di miglioramento queste economie sapranno tornare a una crescita sostenuta? Saranno in grado di trascinare le economie emergenti che, pur avendo resistito piuttosto bene, si trovano ora con il fiato corto? Vediamo le risposte che emergono dagli analisti di Dexia AM.

Paesi emergenti: rallentamento strutturale con alcune accelerazioni cicliche

Dopo la ripresa del 2010 il ritmo di crescita dei Paesi emergenti ha continuato a rallentare e oggi è sensibilmente inferiore ai livelli ante-crisi. Questo rallentamento è in parte strutturale. È il caso, in particolare, della Cina che, con lo sviluppo della propria economia, ha riscontrato difficoltà nel mantenere elevati tassi di produttività. Tale rallentamento ha a che fare anche con la riduzione dei disavanzi di parte corrente dei paesi sviluppati legata ai piani di riduzione dell’indebitamento e che, pesando sulla domanda interna, frenano le possibilità di sbocco dei paesi emergenti.

La battuta d’arresto è stata più forte da quando la bilancia delle partite correnti della zona euro è ritornata in attivo: mentre verso la metà degli anni 2000 essa era in equilibrio, mentre nel 2013 il saldo è positivo per 250 miliardi di dollari”, afferma Anton Brender, direttore degli studi economici di Dexia Asset Management (Dexia AM).
Finora, tali surplus hanno trovato la loro controparte nei disavanzi di parte corrente dei principali paesi emergenti (Brasile, India, Turchia, Indonesia e Sudafrica). Disavanzi che peraltro li hanno resi più vulnerabili ai cambiamenti delle condizioni di finanziamento internazionali… Ma in ogni caso, sulla scia dell’economia americana e con la fine della contrazione dell’eurozona, la crescita dovrebbe registrare una lieve accelerazione nelle regioni emergenti durante il 2014.

Stati Uniti: meno austerity… più crescita

Negli Stati Uniti gli indicatori strutturali mantengono un’intonazione positiva. Il recente rialzo del dollaro non dovrebbe impedire un rimbalzo delle esportazioni, anche se il saldo netto del commercio estero non contribuirà alla crescita.


Secondo Brender, “malgrado il rialzo dei tassi d’interesse ipotecari iniziato questa primavera, la ripresa del mercato immobiliare residenziale dovrebbe continuare. I consumi, trainati dalla crescita del mercato del lavoro e dall’aumento del potere d’acquisto delle famiglie, potrebbe accelerare nei trimestri a venire”.
Tanto più che, dopo l’aumento di quest’anno, tasse e contributi sociali dovrebbero mantenersi stabili nel 2014. In effetti, benché le incertezze relative ai problemi di bilancio per il 2014 (votazione del bilancio dell’esercizio in corso e aumento del tetto del debito), unitamente a quelle relative all’equilibrio a più lungo termine (finanziamento dei programmi sanitari) non siano ancora state rimosse, l’anno prossimo la crescita dovrebbe essere poco appesantita dal bilancio. In questo contesto, dopo una battuta d’arresto nel terzo trimestre, gli investimenti produttivi dovrebbero ritrovare un ritmo di crescita positivo. Nel 2014 l’attività dovrebbe quindi accelerare oltre il 2,5%.
“Certo, ben presto la Federal Reserve ridurrà l’acquisto di titoli.

Ma continuerà comunque a fare di tutto per impedire una ripresa forte dei tassi d’interesse e mantenere delle condizioni finanziarie favorevoli”, afferma Brender.

Eurozona: mercati più calmi… ma restano molti problemi

A cinque anni dal collasso della finanza globalizzata, la zona euro è riuscita a ridurre gli squilibri interni di parte corrente. Tuttavia, non avendo adeguato il passo della stretta fiscale ai comportamenti di spesa del settore privato e al contesto globale, tale riequilibrio ha avuto delle conseguenze drammatiche sulle attività economiche. E mentre negli Stati Uniti proseguiva la crescita, a fine 2011 l’eurozona ripiombava nella recessione.
“Solo il decisivo intervento BCE nell’estate del 2012 ha permesso di allentare le tensioni sui mercati del debito sovrano e di evitare il rischio di uno sfaldamento della zona euro. Nel frattempo, le autorità hanno finito per allentare un po’ il ritmo del riequilibrio fiscale” spiega Florence Pisani, economista presso Dexia AM.
In questo contesto, l’attività ha cessato di contrarsi e gli indicatori congiunturali hanno recuperato terreno, in particolare nei Paesi Periferici.


Il miglioramento di questi ultimi si spiega in parte con il dinamismo del commercio estero che dovrebbe continuare a sostenere l’attività.
Secondo Pisani, “anche la fiducia delle famiglie mostra segni favorevoli e i consumi sono in via di stabilizzazione. Nel 2014, con la lenta ripresa dell’occupazione si dovrebbe registrare un ulteriore lieve miglioramento”. Gli investimenti produttivi dovrebbero stabilizzarsi, ma una ripresa più marcata appare poco probabile: i tassi di produttività restano bassi e la domanda percepita dalle imprese è ancora debole. In questo contesto, la crescita dell’eurozona dovrebbe attestarsi intorno all’1% nel 2014.
“Nonostante i mercati siano più calmi la zona euro deve ancora far fronte a sfide importanti”, sottolinea Pisani. Infatti, i risultati della valutazione del settore bancario condotto dalla BCE non saranno resi noti prima della fine dell’anno prossimo; i mancati investimenti degli ultimi anni, unitamente all’invecchiamento della popolazione, hanno probabilmente influito sul potenziale di crescita dell’eurozona. Inoltre, se l’aumento del rapporto debito pubblico/PIL è in frenata, una sua significativa riduzione richiederà importanti sforzi fiscali ancora per molti anni; da ultimo, l’incertezza politica resta un dato di fatto e, alla vigilia delle elezioni del 2014, la rimonta dei partiti antieuropeisti può essere fonte di preoccupazione.


“La BCE continuerà nella sua politica audace e farà tutto il possibile per salvaguardare l’euro”, conclude Pisani.


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