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Dicembre_2013

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Le politiche monetarie espansive proseguiranno oltre le aspettative del mercato

Utermann (AllianzGI): Per la prima volta dal 2008 è in atto una fase di ripresa ciclica globale. Per le banche centrali tuttavia non sarà facile abbandonare le politiche di allentamento quantitativo in tempi brevi

Avvicinandosi la fine del 2013, la financial repression, che prevede la riduzione del debito sovrano dei Paesi sviluppati attraverso i bassi tassi di interesse, sembra destinata a confermarsi quale driver principale dei mercati finanziari nel 2014. Allianz Global Investors si aspetta che le banche centrali estenderanno l’entità e la durata delle politiche monetarie accomodanti oltre le previsioni del mercato.
Per la prima volta dallo scoppio della crisi finanziaria globale nel 2008, Allianz Global Investors si aspetta che l’economia globale riceverà slancio da una fase di ripresa ciclica, in un contesto di moderata crescita economica. Andreas Utermann, Global Chief Investment Officer di AllianzGI, evidenzia che: “Nel complesso osserviamo una diminuzione dei rischi estremi per l’economia globale, con i fattori di rischio attualmente esistenti che non pongono minacce significative. Si è quindi venuto a creare un contesto stabile e positivo per l’economia globale nel 2014, con la prospettiva che i dati economici il prossimo anno continuino a migliorare. I contrasti sul tetto del debito negli Stati Uniti, risolti solo temporaneamente, potrebbero alimentare un clima di rinnovata incertezza nei prossimi mesi, tuttavia riteniamo che l’economia globale continuerà a riprendersi, sebbene a un ritmo moderato”.


Nonostante il miglioramento dei fondamentali, gli investitori dovranno abituarsi all’idea che i mercati saranno ancora dominati dalle politiche fiscali e monetarie implementate dalle banche centrali di tutto il mondo, a partire dalla Federal Reserve. Commenta Utermann: “I Paesi sviluppati stanno iniziando solo ora ad affrontare i livelli insostenibili del debito sovrano, pertanto gli investitori dovrebbero aspettarsi una prosecuzione dell’attuale politica di bassi tassi di interesse adottata dalle banche centrali dei diversi Paesi. Alle soglie del sesto anno dall’inizio della crisi finanziaria globale l’economia mondiale è in fase di progressiva stabilizzazione, ma questa ripresa economica è stata costruita sull’allentamento quantitativo (Quantitative Easing) della Federal Reserve e delle altre banche centrali, e la fine del QE rimane un argomento delicato”. D’altro canto, Utermann ritiene che “le massicce iniezioni di liquidità pompate dalle banche centrali nel sistema finanziario globale a partire da settembre 2008, in sostanza non si sono trasmesse all’economia reale.

La prospettiva di un aumento dei prezzi, determinato alla fine dall’allentamento quantitativo, continua a essere ostacolata dai salari stagnanti e dal calo dei prezzi petroliferi.
“Queste forze probabilmente rimarranno presenti nel prossimo futuro, sebbene la deflazione rappresenti una minaccia peggiore nel breve periodo. In una prospettiva a lungo termine, tuttavia, il rischio di inflazione aumenterà se le banche centrali interverranno troppo tardi per arginare le politiche di allentamento monetario attualmente in atto. La Federal Reserve si trova ad affrontare un difficile esercizio di equilibrio nel decidere quando avviare la progressiva riduzione del suo programma di acquisto di Treasury”.
Nei mesi scorsi l’eccessiva reazione dei mercati di fronte alla prospettiva del tapering, ha confermato – come sospettavano molti investitori - che la ripresa dell’economia globale continua a dipendere dal QE, e la Fed ha sottostimato la gravità della reazione dei mercati, concretizzatasi nell’aumento dei rendimenti obbligazionari e in un sell-off sui mercati emergenti. Dopo questi eventi del 2013, la pianificazione delle future politiche monetarie da parte delle banche centrali non potrà prescindere da un’attenta considerazione della fragilità del sistema finanziario globale e degli aspetti legati all’inflazione.



Stati Uniti: gli investitori devono temere la prospettiva di un aumento dei tassi di interesse nel 2014?

AllianzGI ritiene che la decisione di ridimensionare il programma di acquisto di obbligazioni annunciata dalla Federal Reserve nei mesi scorsi abbia segnato un punto di svolta fondamentale. Con la fine repentina di un mercato obbligazionario rialzista durato trent’anni, l’investimento in obbligazioni con duration più lunga richiede cautela. Nel breve periodo è ancora possibile una diminuzione dei rendimenti dei Treasury in vista di un rinvio del tapering, tuttavia dovremmo aspettarci che il rendimento decennale si stabilizzi tra il 2,7% e il 3,5%.
Utermann non prevede un aumento a breve termine dei tassi di interesse Usa, anzi avverte gli investitori che le banche centrali di tutto il mondo preferiranno rimanere dietro la curva sia in termini di timing, sia riguardo all’entità di eventuali rialzi dei tassi di interesse - finché le aspettative di inflazione appariranno ben ancorate - per un periodo di tempo che potrebbe protrarsi ulteriormente. Gli investitori non devono trascurare questa ulteriore prova del fatto che nel 2014 le politiche e le azioni delle banche centrali rimarranno un fattore critico per i mercati finanziari, e al momento non si prevede che la situazione possa cambiare.



Sebbene sia stato raggiunto in extremis e rappresenti solo una soluzione temporanea al problema ancora irrisolto dell’insostenibile fardello dell’indebitamento Usa, il recente compromesso sul tetto del debito ha inviato un segnale importante: in definitiva, il fatto che i due schieramenti politici siano riusciti a trovare un compromesso all’ultimo minuto ha dimostrato che, se sottoposti a sufficienti pressioni, i politici potrebbero senza dubbio definire un accordo a lungo termine per affrontare il problema del debito Usa. La Fed non vorrà danneggiare il sentiment di mercato positivo tornando a parlare della riduzione del suo programma di acquisto di obbligazioni. Con l’inflazione ancora sottotono negli Stati Uniti, non vi sono pressioni per un intervento immediato e probabilmente si dovrà aspettare fino al primo trimestre del 2014 prima di sentire nuovi annunci sul tapering della Federal Reserve.

Con il diffondersi della ripresa l’Europa torna a crescere dopo anni di crisi

Dopo anni di titoli sulla crisi dell’eurozona, finalmente la crisi apparentemente eterna del debito sembra allentare la presa.


Secondo Utermann si tratta di un trend duraturo che proseguirà nel 2014 offrendo supporto ai mercati europei, da troppo tempo trascurati e sottopesati dagli investitori. I progressi compiuti dall’Irlanda, che nel 2014 dovrebbe tornare sui mercati dei capitali abbandonando il meccanismo di supporto esterno, sono particolarmente importanti in quanto segnalano agli investitori che c’è luce alla fine del tunnel della crisi del debito, e spronano Paesi come Portogallo e Spagna a proseguire nell’attuazione delle riforme fiscali e strutturali. La Grecia, d’altro canto, che si conferma il Paese periferico più debole, necessiterà almeno di un altro round di ristrutturazione prima di poter sperare di intraprendere un percorso di ripresa duraturo, anche se le previsioni più recenti evidenziano i primi segnali di rinascita persino in questo paese martoriato dalla crisi: secondo le ultime stime della Commissione europea, la Grecia dovrebbe tornare a una crescita dello 0,6% nel 2014 e del 2,9% nel 2015. Ma poiché in molti Paesi periferici le riforme strutturali sono ancora osteggiate dalla popolazione e risultano gravose nel breve termine, il rischio politico di una ricaduta dell’eurozona rimane significativo, al pari del rischio di un ulteriore apprezzamento dell’euro.




Dopo una fase di debolezza le prospettive dei mercati emergenti sono destinate a migliorare

Dopo un periodo prolungato di indebolimento della crescita economica, anche nei mercati emergenti appaiono i primi segnali di ripresa: Paesi come la Cina e la Polonia sono ben posizionati per beneficiare della ripresa dei mercati sviluppati. Da un punto di vista strutturale, continuiamo a ritenere che alcuni titoli emergenti accuratamente selezionati offrano l’opportunità di interessanti rendimenti a lungo termine. Poiché tali titoli attualmente potrebbero essere poco convenienti, gli investitori dovrebbero considerare l’opportunità di investire invece in società dei mercati sviluppati che siano ben posizionate per trarre vantaggio dalle migliori prospettive di crescita nei mercati emergenti. Inoltre, grazie all’esperienza maturata sui mercati domestici sviluppando il business in condizioni di debolezza economica e rallentamento della crescita, le società europee sono in grado di individuare le nicchie di crescita più interessanti nelle economie emergenti. Le valute e le obbligazioni dei paesi emergenti offrono inoltre agli investitori la possibilità di investire in paesi con trend demografici positivi e bassi livelli di debito pubblico.


Paesi quali Brasile, India, Indonesia e Turchia continuano a offrire rendimenti più interessanti rispetto ai paesi sviluppati e il recente sell-off dei mercati ha generato nuove opportunità per gli investitori, in molti casi a valutazioni che consentirebbero di proteggere da eventuali ulteriori ribassi dei mercati.

La ripresa giapponese non è sostenibile nel lungo periodo

“Nonostante le migliori intenzioni dell’Abenomics – prosegue Utermann - riteniamo che la politica monetaria espansiva della banca centrale giapponese, ideata per contrastare la crescita debole e la deflazione, abbia prospettive di successo limitate nel lungo periodo. Il solo indebolimento dello yen non risolverà i problemi più profondi legati a un’attività economica stagnante. Per eliminare la ruggine sono necessarie profonde riforme strutturali che riescano veramente a innescare una crescita economica sostenibile nel lungo periodo. È difficile che tali riforme vengano realizzate senza una crisi profonda, che finora il Giappone non ha ancora sperimentato". Se gli sforzi messi in atto dalla banca centrale giapponese non avranno successo, Utermann ritiene che entro due anni il paese potrebbe subire una battuta d’arresto.



“Gli investitori devono considerare che nel breve periodo la politica monetaria espansiva potrebbe indebolire ulteriormente lo yen, dando slancio al mercato azionario giapponese. Anche le obbligazioni nipponiche potrebbero risultare avvantaggiate nel breve periodo, data l’intenzione della banca centrale di accollarsi la maggior parte del debito sovrano. Ma non appena la politica espansiva giapponese sarà ridimensionata, probabilmente lo yen tornerà a salire e i rendimenti obbligazionari diminuiranno, con effetti negativi sui prezzi azionari, giunti a livelli ottimisticamente elevati”.

I maggiori rischi per il 2014: guerre valutarie, financial repression e situazione politica

Le tensioni che gravano sui mercati valutari globali si sono acuite nel 2013 e potrebbero peggiorare nel 2014, finché saranno confermate le politiche di allentamento quantitativo aggressive. Il sensibile indebolimento dello yen e del dollaro Usa, che in termini effettivi (con ponderazione basata sugli scambi commerciali) ha raggiunto i minimi livelli da molti anni, sta causando forti frizioni nell’ambito della comunità economica globale.


La Cina continua a essere accusata dagli Stati Uniti di manipolare la propria moneta (al ribasso) e dall’Eurozona per il crescente avanzo delle partite correnti. “Come abbiamo già sottolineato in passato – puntualizza il CIO di AllianzGI - i mercati non devono trascurare la possibilità che la situazione attuale degeneri in una vera e propria guerra valutaria (e commerciale)”.
Negli anni passati, Utermann ha ripetuto in più occasioni che l’economia mondiale potrà raggiungere un maggiore equilibrio solo se i Paesi industriali indebitati diverranno più competitivi, e se i Paesi emergenti a più rapida crescita consentiranno l’apprezzamento delle proprie valute. Per quanto siano oggetto di contesa, in realtà i tassi di cambio dei vari Paesi non sono altro che l’espressione pratica degli squilibri relativi ai disavanzi o agli avanzi di bilancio nazionali. Inoltre, come accennato in precedenza, la soluzione (solamente rimandata) dell’impasse di bilancio statunitense e le continue incertezze politiche che circondano l’Eurozona potrebbero alimentare l’instabilità dei mercati nel 2014.
Ma forse il rischio principale per gli investitori continua a dipendere dalle citate dinamiche della financial repression.


In un contesto che vede la maggior parte degli investitori parcheggiare ancora i propri soldi in strumenti percepiti come asset a breve termine sicuri e altamente liquidi, la financial repression rappresenta il principale rischio a lungo termine per questi investimenti. Con il debito governativo relativamente costoso e destinato a generare rendimenti inferiori, la prospettiva di un aumento dell’inflazione pone una minaccia ancora più grave per quelli che gli investitori hanno sempre considerato investimenti sicuri.
Nel lungo periodo – conclude Utermann - gli investitori in cerca di rendimenti elevati in grado di battere l’inflazione, saranno alla fine costretti a considerare i mercati azionari, in quanto le azioni sono una delle poche asset class in grado di generare i ritorni richiesti. Probabilmente i mercati azionari non subiranno l’impatto dei livelli insostenibili del debito sovrano e potranno beneficiare della ripresa a lungo termine dell’economia globale, pertanto riteniamo che nel 2014 continueranno a offrire rendimenti a lungo termine più interessanti di qualsiasi altra asset class".
Un’attenta selezione dei titoli, basata sull’analisi dei fondamentali, è essenziale per individuare un portafoglio di titoli ampio e ben diversificato.


Il consiglio offerto negli anni scorsi da Utermann, di focalizzarsi sulle strategie basate sui dividendi per un investimento più difensivo nei mercati volatili, si è dimostrato particolarmente saggio: "questi titoli hanno infatti generato rendimenti superiori agli indici globali. La forte conviction sulle società che hanno dimostrato di riuscire ad aumentare i dividendi in modo sostenibile nelle diverse condizioni di mercato rimane al centro del nostro Outlook per il 2014”.


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