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21/12/2022

economia

Il reddito fisso finalmente fornisce protezione dalla volatilità

Flavio Carpenzano (Capital Group): oggi abbiamo la possibilità di costruire un portafoglio molto più resiliente, diversificato tra le varie classi di credito, e di generare comunque un buon punto di ingresso

Il reddito fisso ha superato il periodo più difficile degli ultimi anni. In un contesto di rallentamento della crescita globale e di aumento dell'inflazione, la resa è ora consistente, ma bisogna considerare e comprendere i rischi.
Per mettere le cose in prospettiva, il 2022 non è stato solo un anno negativo per i Treasury statunitensi, ma anche il peggiore dal 1970. Questo perché il mercato del reddito fisso ha dovuto affrontare tre ostacoli. Il primo è stato il drastico aumento dei rendimenti, dal 3 al 6% a seconda dell'asset class. In secondo luogo, ciò è avvenuto in un arco di tempo molto breve, solo pochi mesi. Infine, è importante notare che questo periodo di volatilità è iniziato con rendimenti molto bassi a livello storico.
Prendere il tempo al mercato è difficile e non è il modo giusto di investire, e potenzialmente non siamo ancora al fondo, poiché i rendimenti possono ancora salire e gli spread possono ancora ampliarsi. La differenza fondamentale è che stiamo entrando nel 2023 con livelli di rendimento che non si vedevano da decenni. Fondamentalmente questi livelli fungono da protezione contro la volatilità del mercato prevista per il prossimo anno.

Questa è la buona notizia per il 2023 e ciò offrirebbe resilienza al mercato obbligazionario.
Una domanda centrale per gli investitori sarà se l'inflazione rimarrà strutturalmente più alta o se rallenterà nel 2023 e come reagirà la Federal Reserve nel primo scenario. Nel 2022 le banche centrali hanno cambiato la loro politica, passando da un atteggiamento da colomba con la convinzione che l'inflazione fosse transitoria, alla consapevolezza che l'inflazione sarebbe stata più permanente.
Oggi la Fed è ancora relativamente aggressiva, in quanto l'inflazione rimane la priorità numero uno. Negli Stati Uniti è ancora relativamente alta e il mercato del lavoro è ancora piuttosto solido, il che rende molto difficile per l'istituto centrale arrestare la salita dei tassi.
La buona notizia per il mercato è che probabilmente siamo vicini al picco dei tassi. Un tasso terminale dei Fed funds intorno al 5% appare sempre più probabile. Osserviamo l'impatto dell'aumento dei tassi sul mercato immobiliare e i principali indicatori economici stanno segnalando una recessione, il che limita la capacità della Fed di effettuare ulteriori rialzi.


Ci sono due rischi principali per questa prospettiva. Il primo è che l'inflazione potrebbe essere strutturalmente più radicata, dato il cambiamento dei mercati del lavoro, il che costringerebbe la Fed ad aumentare maggiormente i tassi. Il secondo è che un aumento dei tassi in un contesto di inflazione più elevata potrebbe avere un impatto sulla stabilità finanziaria. Questo rischio è molto più pronunciato in Europa, dove la BCE è probabilmente più vicina alla fine del ciclo di rialzo. Pensiamo che la BCE smetterà di aumentare i tassi questo dicembre o all'inizio del 2023.
Anche in un contesto di recessione incombente, il mercato delle obbligazioni societarie high yield statunitensi è potenzialmente un buon segmento. L'asset class sta entrando in questa recessione da una posizione di forza. Ciò significa un basso fabbisogno di rifinanziamento e un rischio naturalmente ridotto di default nel breve termine, dato che negli ultimi anni le società hanno emesso debito a livelli di rendimento molto bassi dopo la crisi del Covid.
Il secondo punto è che l'universo high yield è cambiato negli ultimi anni e si è rafforzato, sempre in relazione alla crisi del Covid.


A marzo 2020 si è verificata una grande ondata di "fallen angel", con circa 250 miliardi di downgrade dagli investment grade. Oggi più del 52% del mercato ha un rating doppia B e, di solito, quest'area tende ad avere un rischio di default molto basso.
Se si guarda all'high yield dal punto di vista del settore energetico, che rappresenta una parte significativa del mercato statunitense, si nota una componente inferiore di società energetiche con rating tripla C o singola B, perché queste società sono andate in default durante la crisi del Covid e in precedenza durante la crisi energetica del 2015. Anche in questo caso si trovano società con rating doppia B che erano valutate IG solo un paio di anni fa, prima del Covid. Di conseguenza, il mercato high yield è più forte e offre ora un rendimento interessante anche dopo essersi aggiustato per altri potenziali default nel 2023.
È positivo che la rivalutazione nel mercato del reddito fisso oggi sia stata guidata più dai tassi che dallo spread del credito. Questo significa che c'è un repricing per l'intero mercato del reddito fisso. Oggi abbiamo la possibilità di costruire un portafoglio molto più resiliente, diversificato tra le varie classi di credito, e di generare comunque un buon punto di ingresso.


È possibile combinare il debito high yield e dei mercati emergenti, per un reddito più elevato, con il debito investment grade e cartolarizzato, per una maggiore resilienza e conservazione del capitale.
Nel lungo periodo i rendimenti di partenza sono semplicemente l'approssimazione del rendimento totale futuro. Se si parte da rendimenti del 9-10%, ci si può aspettare rendimenti simili a quelli azionari, con una volatilità più bassa, investendo in asset class a reddito fisso, cosa che non si vedeva da tempo e che è positiva per il 2023. Molti investitori sono rimasti delusi dalla correlazione positiva tra i mercati azionari e quelli del reddito fisso nel 2022, ma probabilmente nel 2023 assisteremo nuovamente a una differenziazione, poiché le obbligazioni, grazie ai loro rendimenti più elevati, offriranno finalmente una protezione contro la volatilità dei mercati azionari.

Flavio Carpenzano, Investment Director Reddito Fisso di Capital Group


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