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03/08/2022

economia

Probabile un secondo semestre in recessione

Mabrouk Chetouane (Natixis IM): per certi versi l'unico modo per uscire da questo contesto inflazionistico è che le Banche centrali inneschino una fase recessiva

Dopo sei mesi trascorsi a far fronte all'aumento dei tassi, all'inflazione e alle tensioni di natura geopolitica, i timori di recessione sono in aumento per il 2022, gettando una lunga ombra sulle prospettive delle economie e dei mercati globali per il secondo semestre. I risultati dell'ultimo Strategist Survey, condotto tra 34 strategist di mercato, gestori di portafoglio, analisti di ricerca ed economisti di Natixis Investment Managers e di 15 affiliate, nonché di Natixis Corporate and Investment Banking, evidenziano come quasi un quarto degli intervistati (24%) ritenga che una recessione sia inevitabile nella seconda metà del 2022. Il 64%, inoltre, la considera una evidente possibilità. Ed ancora: nove su dieci ritengono sarà la politica delle Banche centrali il principale driver di mercato nel secondo semestre dell'anno.
"Dieci anni di eccessiva dipendenza dal cosiddetto denaro facile hanno portato ad una significativa sovraperformance dei titoli growth. Ma tutto ciò è ormai finito per il prossimo futuro. Il principale driver di mercato alla fine del 2022 saranno le Banche centrali ed il contenimento dell'inflazione per ridurre il costo del capitale a lungo termine", ha dichiarato Katy Kaminski, Chief Research Strategist e Portfolio Manager di AlphaSimplex Group LLC.



L'inflazione è il principale rischio di mercato


Le principali ipotesi di mercato relative a tassi bassi, inflazione contenuta e volatilità ridotta possono aver sostenuto la performance del mercato per oltre un decennio, ma dall'inizio dell'anno questa straordinaria confluenza di fattori è venuta meno. Il catalizzatore di questo cambiamento è da ricondurre in larga parte all'inflazione. Infatti, sette intervistati su dieci indicano proprio nell'inflazione il principale rischio di mercato per il secondo semestre. Anche se si è leggermente attenuata rispetto ai suoi massimi, il 36% degli intervistati si spinge fino a fissare il livello di rischio dovuto all'inflazione addirittura a 10 su 10. Anche le Banche centrali ricoprono un ruolo importante: il 52% ritiene che le loro decisioni politiche siano un fattore chiave per l'inflazione. Un altro 46% ritiene inoltre che i problemi della catena di approvvigionamento, che hanno contribuito a spingere l'inflazione all'inizio della pandemia, continueranno a farlo fino alla fine dell'anno. Tuttavia, meno di uno su quattro degli intervistati ritiene che l'inflazione rimarrà persistentemente alta.



La recessione è una possibilità concreta, se non inevitabile


Di fronte alle prospettive di aumento dei tassi d'interesse e di inasprimento della politica monetaria, gli strategist collocano la recessione al secondo posto nella lista dei propri timori, con il 64% che la classifica come rischio principale. La sfera della politica ha a disposizione molti strumenti per affrontare l'inflazione e, data la sfida di trovare il giusto tempismo per l'attuazione delle differenti politiche, il margine di errore è ridotto. Per molti resta da capire se questi sforzi riusciranno a contrastare l'inflazione, ad innescare una recessione che potrebbe durare due o tre trimestri o a provocare una stagflazione che potrebbe andare avanti per anni. Con tutti i possibili esiti all'orizzonte, non c'è da stupirsi se più della metà (55%) degli intervistati cita tra i principali rischi un errore da parte della Banca centrale. "La parola recessione getta una lunga ombra sui mercati, ma per certi versi l'unico modo per uscire da questo contesto inflazionistico è che le Banche centrali inneschino una fase recessiva.


A quel punto usciremo dello shock inflazionistico ed i mercati potrebbero rimbalzare", ha dichiarato Mabrouk Chetouane, Head of Global Market Strategy, Natixis Investment Managers Solutions.


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