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27/07/2022

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Marketing: un brand su due non si espone su questioni etiche

Alicia Skubick (Trustpilot): hanno paura di un riscontro negativo da parte dei consumatori, anche se porta a un aumento delle vendite e dei ricavi. I brand devono farlo in modo autentico, solo così potranno fidelizzare i consumatori più attenti

Secondo 7 esperti di marketing su 10 un brand che prende posizione a sostegno di questioni sociali, politiche o ambientali potrà beneficiare di un aumento di vendite e ricavi. Ciononostante, il 53% delle aziende italiane non si espone in merito perché preoccupato dalla mancanza di un riscontro commerciale positivo o, peggio ancora, dal rischio di un impatto negativo.
E' quanto emerge da una nuova ricerca condotta dalla piattaforma globale di recensioni Trustpilot, secondo cui gli altri fattori che frenano i brand dall'esporsi in tal senso sono la cultura aziendale interna (52%), la mancanza di competenze o di know-how (41%), la confusione in merito alle normative di riferimento (32%) e la rilevanza che il tema riveste per l'azienda (23%).
Lo studio, commissionato per il report "Brands that take a stand" di Trustpilot, ha coinvolto 600 marketer provenienti da Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Svezia, che operano in quattro diversi settori.

Complessivamente, in tutti i mercati, è emerso che quanti lavorano per brand di elettrodomestici o di elettronica riescono con più facilità a promuovere una presa di posizione su questioni etiche (61%), rispetto a coloro che lavorano nei settori della moda e della finanza (57%).

Il punto di vista dei marketer


Sebbene l'81% degli esperti di marketing nostrani concordi sull'importanza di dimostrare la propria vicinanza alle questioni etiche - e il 45% affermi che in questo modo si possono guadagnare nuovi clienti - la mancanza di consenso interno spesso frena queste ambizioni.
Non solo, il 36% dei marketer italiani intervistati ritiene che la mancata presa di posizione su questioni etiche possa essere dannosa per l'azienda, causando recensioni e valutazioni negative, e il 31% ammette che non esporsi in merito può far frenare le vendite.

La versione dei consumatori


Eppure, secondo lo stesso studio, il 97% dei consumatori del Bel Paese afferma - in modo quasi plebiscitario - che l'onestà e la trasparenza di un'azienda rappresentano un fattore decisivo nelle decisioni di acquisto, e oltre la metà degli intervistati italiani (54%) dichiara di prendere in considerazione la posizione di un'azienda sulle questioni etiche prima di effettuare un acquisto.


Non solo, secondo un'indagine di Trustpilot condotta su 7.000 consumatori, il trattamento ingiusto dei dipendenti e dei fornitori, il greenwashing e il servizio clienti scadente sono i principali fattori di disaffezione all'acquisto.
La stessa indagine mette in evidenza le principali fonti utilizzate dai consumatori per verificare l'etica e i valori di un'azienda.
Nella top three: le piattaforme di recensioni come Trustpilot (53%), i social media (40%) e gli amici e i familiari (32%), a dimostrazione della crescente influenza che i consumatori hanno sulle abitudini di spesa degli altri consumatori, rispetto alle fonti più tradizionali come la TV e la radio.
Secondo Alicia Skubick, Chief Marketing Officer di Trustpilot, "la nostra ricerca invita i brand ad interagire con frequenza e ad approcciarsi con onestà ai consumatori: i brand che esprimono il proprio sostegno in merito a questioni sociali, ambientali e politiche devono farlo in modo autentico, solo così potranno fidelizzare i consumatori più attenti, che altrimenti tenderanno ad allontanarsi, complici anche i social media e le recensioni che giocano un ruolo sempre più centrale nelle decisioni d'acquisto".


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