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09/02/2022

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Massimo Begelle (Top Employers Institute): la pandemia ridisegna le imprese

La sfida più trasversale e dagli impatti più diffusi, al di là dell'adeguamento tecnologico o digital transformation, risulta essere l'approccio HR ad un nuovo, totale, pervasivo concetto di "caring" e benessere delle persone

Sono 131 le aziende che hanno conquistato la Certificazione Top Employers Italia 2022: le migliori aziende in Italia in ambito HR. Tra di loro, 42 hanno ottenuto anche la Certificazione Top Employers Europe 2022, riconosciuta alle aziende che raggiungono la Certificazione Top Employers in almeno 5 Paesi europei; e 9 sono state certificate anche Top Employers Global 2022, un terzo livello di Certificazione riservata alle aziende certificate in almeno 20-25 Paesi di più Continenti.
Top Employers Institute è l'ente certificatore delle eccellenze aziendali in ambito HR e nel 2022 ha certificato 1.857 aziende in 123 Paesi in tutto il mondo. Abbiamo fatto il punto della situazione in Italia con Massimo Begelle, Regional Manager Italy & Spain Top Employers Institute.

In un mondo trasformato dalla pandemia, quali sono state le sfide che le imprese hanno dovuto affrontare?


Le aziende hanno dovuto rispondere alla crisi pandemica incorporando un livello di attenzione e cura maggiore verso le persone accogliendo le loro nuove priorità: concetti come salute, famiglia, lavoro hanno assunto ancor più valore, tantopiù in una realtà fortemente modificata anche -se non soprattutto- dal punto di vista strettamente fisico e logistico.


In un rapporto di lavoro dove l'ufficio non c'è più, dove sono spariti i punti di riferimento dell'"andare in ufficio", sedersi alla propria scrivania, andare in sala riunioni, incontrarsi e chiacchierare con i colleghi davanti alla macchinetta del caffè, sono crollate anche le coordinate di rapporti, interazioni, gerarchie, performance, leadership?
È un mondo nuovo da ridisegnare e reinventare a tutti i livelli perché la crisi pandemica ha anche modificato gli orizzonti temporali e gli obiettivi, rendendo evidente l'urgenza e la necessità di adottare nuovi modelli organizzativi. Ad oggi, non solo è inimmaginabile ipotizzare un ritorno ai precedenti modelli, ma occorre inquadrare le evoluzioni delle aziende come parte di un processo a lungo termine che vedrà programmi, metodi e percorsi totalmente trasformati.

L'era post COVID-19 può essere vista anche come una grande opportunità, a condizione di abbracciare davvero il cambiamento e ridisegnare totalmente l'organizzazione.


La sfida più trasversale e dagli impatti più diffusi, al di là dell'adeguamento tecnologico o digital transformation, risulta essere l'approccio HR ad un nuovo, totale, pervasivo concetto di caring e benessere delle persone.

Che va ben oltre i tradizionali benefit e sposta l'oggetto delle attenzioni dal singolo dipendente a tutta la cerchia di persone e affetti che gli gravitano attorno. L'azienda non può più limitarsi a elargire oggetti, benefit, facilitazioni, vacanze e abbonamenti in palestra a Mario Rossi, ma deve fare uno sforzo di attenzione personalizzata per capire le costellazioni affettive e relazionali di Mario Rossi e identificare quali sono le sue esigenze e aspettative e come intervenire in proposito. Ed è proprio sulla "cura" e sulle nuove attenzioni verso le necessità e i desideri dei dipendenti che si giocherà la partita nei prossimi anni, una partita del tutto aperta e con le regole ancora da definire.
È in quest'ottica che le aziende più evolute stanno transitando dalla gestione dell'Employee Experience alla gestione dell'Employee Life Experience, più pervasiva, mirata e personalizzata, con una rinnovata attenzione verso le diverse esigenze delle varie tipologie di dipendenti che si ritrovano a lavorare da casa. Da chi ha famiglia e figli, e deve gestire spazi e tempi comuni; a chi trovava negli spazi e nelle relazioni con i colleghi non solo la motivazione professionale ma anche una dimensione e una vita sociale; a chi, da solo e davanti al computer, fatica ad organizzarsi, darsi tempi e ritmi lavorativi e "staccare la spina" quando è necessario.

Un trend di iniziative di "cura" che sottolinea la necessità di un cambio di prospettiva, in cui il dipendente viene preso in carico nelle sue esigenze e aspettative, in una nuova realtà dove il confine tra le due dimensioni, professionale e privata, è sempre più liquido e necessita di nuove regole e dimensioni.

Non tutte le organizzazioni erano preparate per lo smartworking. Quali tipologie di cambiamento ha significato per le HR, oltre che per la parte IT?


Una delle maggiori evoluzioni a livello HR ha riguardato l'ascolto e il coinvolgimento dei dipendenti. Si era abituati l'Employee Engagement Survey, con cadenza solitamente annuale, lo strumento tradizionale per misurare il coinvolgimento, il grado di soddisfazione e le aspettative dei dipendenti. Ma nel dopo pandemia si è scoperto che, da solo, non basta. Con i dipendenti lontani, che lavorano da casa, senza più le occasioni di incontro e confronto, abbiamo osservato un importante e crescente ricorso alle pulse survey. Sondaggi brevi e frequenti, per valutare meglio la soddisfazione, la produttività e l'atteggiamento generale dei dipendenti, inviati via app, un intervento immediato che permette di conoscere in tempo reale qualsiasi problema relativo al coinvolgimento dei dipendenti e di adottare le necessarie correzioni prima che il problema assuma caratteristiche di urgenza.



Grazie a questi momenti di ascolto, vere e proprie "pulsazioni" in tempo reale, le aziende hanno potuto monitorare e conoscere l'umore dei dipendenti, verificare la loro opinione sulla gestione, far sentire loro la vicinanza e presenza aziendale, coinvolgerli e motivarli e, last but not least, chiedere un feedback, così da permettere ai team HR di agire in modo proattivo.
I dati delle nostre ricerche hanno registrato che il 70% di aziende definisce una dettagliata strategia di engagement ed effettua survey annuali, e accanto a queste, il 64% conduce pulse survey brevi e frequenti. Ma ancora più significativo è il dato di feedback: l'80% comunica immediatamente i risultati delle survey e l'88% elabora piani d'azione per il miglioramento. Un chiaro esempio di come l'ascolto non si limiti alla raccolta di opinioni, ma si trasformi in proattività bottom-up, con un engagement sempre più incisivo.
Engagement che si declina in maniera variegata anche in quello che diventerà il trend cruciale dei prossimi anni, ovvero la cittadinanza organizzativa.
In un mondo e mercato del lavoro sempre più mobile e liquido, cambiano anche i concetti di attraction, recruitment e retention.


Le aziende hanno oramai metabolizzato che i collaboratori non sono più "per sempre", le nuove generazioni si muovono con contratti flessibili, cambiano lavoro frequentemente, sono alla ricerca di nuovi modi di lavorare e l'agilità è un valore primario e dato per scontato. Ecco quindi che l'obiettivo di retention di un'azienda evoluta non è più quella di trattenere i collaboratori, ma semmai di attrezzarsi per offrire un'esperienza organizzativa tale da permettere alle persone di uscire e poi rientrare, pianificando strategie di off-boarding e re-boarding strutturate e gratificanti per entrambi gli attori e dove l'engagement, come si è visto, gioca veramente un ruolo di primissimo piano.

Come sono cambiate le relazioni interpersonali all'interno delle imprese? E come sarà possibile riannodare i fili della cultura aziendale?


Le imprese hanno affrontato e stanno affrontando una profonda trasformazione a più livelli, che richiede un importante sforzo organizzativo a livello di change management e leadership.
Ovviamente il leader "di una volta", con le decisioni prese al vertice e non condivise non esiste più, ma assistiamo a un passo che va ancora oltre la leadership condivisa e orizzontale.


Parliamo della nuova realtà della leadership inclusiva, dove la capacità del manager sarà quella di creare valore aggiunto a 360° per tutte le diverse specifiche della popolazione aziendale, favorendo l'inclusività e valorizzando le specificità.
Quindi la nuova sfida sarà riuscire a includere e valorizzare le persone con diverse etnie, culture, età, esperienze, generi e orientamento, disabilità fisiche o psichiche, riuscendo a farle sentire tutte bene armonizzate in azienda.
E in questo futuro scenario avrà sempre più peso la nuova, cruciale figura del "disability manager", un ruolo specifico e dedicato il cui compito sarà quello di dare vita a una disabilità inclusiva, valorizzando le diverse capacità delle persone agli occhi di tutti, nel pieno rispetto delle varie abilità.
Come già succede tra i nostri Top Employers, dove non mancano esempi di aziende che si sono già mosse in questa direzione, sperimentando best practices inclusive e coraggiose, e regalando esperienze gratificanti per tutti, colleghi normodotati e non, manager, partner, istituzioni.

Quali sono, a livello HR, i trend irrinunciabili di un futuro a breve-medio termine?


Il grande tema ancora aperto e in attesa di definizione a livello istituzionale è il diritto alla disconnessione.


Ovvero come, quando e in che termini staccarsi dai vari device, spegnere il computer, non rispondere allo smartphone, non rispondere alle mail, "staccare la spina".
Siamo ancora in una zona grigia, dove la consapevolezza della necessità di una regolamentazione è condivisa, ma dove ancora non si è giunti ad avere una legge.
E, intanto, le cifre ci riportano e raccontano un panorama inquietante, dove il 71% degli italiani risponde ai messaggi inviati al di fuori dell'orario di lavoro, il 68% lo fa immediatamente per "sentirsi coinvolto", e perché "le aziende se lo aspettano", il 59% pensa che i datori di lavoro si aspettino dipendenti disponibili a lavorare anche al di fuori dell'orario d'ufficio, e il 53% ritiene normale rispondere ai messaggi di lavoro nel tempo libero se non addirittura anche quando è in vacanza.
In attesa della legge, le aziende si muovono e corrono ai ripari, con accordi, iniziative, best practice. Tra i nostri Top Employers il "Benessere", considerato come lo stare bene armonico a livello di mente, corpo, spirito, è
è ritenuto un imperativo chiave dal 95% delle aziende.



Passando poi alle iniziative e best practice messe in atto per garantire tale benessere, vediamo che Il 42% scoraggia fortemente l'uso di email fuori dall'orario d'ufficio e il 44% segue una rigorosa politica di "ferie totali" dove non si contatta per nessun motivo la persona in vacanza.
Inoltre, per arginare la sindrome da "connessione perenne" il 26% adotta programmi per affrontare i sovraccarichi informativi e il 79% prevede momenti di pausa e interruzioni programmate per permettere ai lavoratori in smartworking di "staccare la spina" e ridurre lo stress.
Ma ancora più importanti sono pratiche di incoraggiamento rivolte ai dipendenti per gestire in autonomia le loro ore lavorative e il luogo da dove lavorano, in un'ottica di fiducia e responsabilità, implementate in maniera sistematica dal 71% delle aziende.
La volontà c'è, le iniziative pure. Il domani è già qui.


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