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22/12/2021

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L'UEFA e il fallimento umano, non delle macchine

Il racconto del sorteggio della Champions League cosa insegna alle imprese e professionisti

L'UEFA, il potentissimo e ricchissimo ente che gestisce il calcio a livello europeo, raggruppando le varie federazioni -  che per altro sono un'emanazione statale qui in Italia ma il discorso ci porterebbe fuori strada - ha organizzato come ogni anno in questo periodo il rituale, quasi una messa pagana, del sorteggio degli ottavi di finale del suo torneo per club più prestigioso: la Champions League.
Quindi, 16 squadre e due soli vincoli: nessun incontro tra squadre che si sono già affrontate nella sessione a gironi e nessun incontro tra squadre appartenenti alle stesse nazioni.
Per visualizzare la questione, in un foglio di Excel, ci sarebbe una riga composta da un nome, da un girone di appartenenza e della nazione.
Il sistema di abbinamento delle gare degli ottavi, tecnicamente, non fa altro che estrarre casualmente una squadra, estrarre la seconda e la verifica delle condizioni, in pratica due "if", tecnicamente un "if" solo legati da un operatore logico.
In pratica: la gara è approvata se le squadre non appartengono allo stesso girone e contemporaneamente non appartengono alla stessa nazione.


Una cosetta davvero semplice e banale.
Eppure sono riusciti a sbagliare.
Ma non ha sbagliato la macchina: ha sbagliato un uomo che ha programmato la macchina.
Quindi, apparentemente, il sorteggio umano ha risolto un problema che ha creato una macchina.
Tutto bello, bellissimo, potrebbe persino stare in piedi.
Ma c'è un piccolo "ma".
Siccome il sorteggio, fatto da un computer, non è avvenuto in un ambiente non controllato da persone fisiche, degli umani, la questione è semplicemente sciocca e crolla da sola.
Come è possibile che tra i tantissimi dirigenti presenti al sorteggio, anche virtualmente, non siano stati capaci di inviare un messaggio, magari whatsapp, per dire che c'era un errore?
Quindi, il fatto reale è che il computer ha sbagliato per un errore umano e gli umani che dovevano controllare hanno commesso un errore imperdonabile, ossia non hanno svolto il proprio lavoro.
Tutto questo per dire una cosa importante: ci si deve fidare della tecnologia, ma sempre con uno sguardo critico e di controllo.
Se leggiamo dei dati aziendali partendo da un assunto sbagliato, ossia i dati o le rielaborazioni sono sbagliati, si prendono decisioni sbagliate.



La fiducia nei dati non è monolitica, perché spesso questi sono soggetti a errori anche banalmente di battitura, nonché spesso ci sono dei bias...
L'UEFA ci ha ricordato che le persone hanno un compito, ma purtroppo la lezione non è stata colta dalla stampa "mainstream", perché si intuisce che l'uomo è meglio della macchina.
Su 16 squadre c'era bisogno di un computer?
Ma su 300 referenze di un negozio, basta la mente umana e basta il tempo a disposizione?
E' una questione ovviamente di complessità.

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