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17/11/2021

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Gino Esposito (ESA): con lo IoT la manutenzione nelle grandi opere è più facile ed efficace

E' arrivato il momento di dare l'informazione giusta, al momento giusto, nel posto giusto e alla persona giusta. È il segreto per salvaguardare le grandi opere, garantendo alle imprese soluzioni di tracciabilità che si armonizzino con i loro processi

Gli Smart Point che inglobano l'Internet delle Cose (IoT) hanno tantissimi impieghi nei settori più diversi. Oggi è una tecnologia sempre più diffusa, ma non è sempre stato così. Ne parliamo con Gino Esposito, General Manager di ESA S.r.l. (Environmental Special Activities), un pioniere che partendo da lontano ha sviluppato interessanti esperienze e applicazioni nel settore delle grandi opere e non solo.

Raccontiamo un po' la storia sua e di ESA.


L'incontro con il mondo dell'informatica potrei oggi definirlo fortunato. Conobbi il presidente di un'azienda svizzera, formatasi dallo scorporamento di una grande impresa che produceva bracciali d'oro per gli orologi Rolex, e questo signore mi introdusse a quello che oggi noi definiamo "digitale".
All'epoca, ci occupavamo di difesa dalla corrosione dei gasdotti e degli acquedotti e devo dire era un periodo, il 1998, in cui sembrava che questa attività stesse perdendo un po' di interesse e per questo ci guardavamo intorno.


In quell'incontro vidi un piccolissimo bottoncino in acciaio inossidabile, che conteneva un foglio di computer, ed è stato folgorante. Eravamo in un'epoca in cui Internet cominciava a espandersi ed è stato l'inizio di una passione che poi si è trasformata in un lavoro a tempo pieno.
Ricordo che la cosa che mi colpì di più fu quando mi fecero visitare i laboratori di ricerca a Neuchatel e i tecnici del laboratorio mi spiegarono che gli Smart Point erano nati insieme al Bluetooth, una tecnologia che ha avuto poi un'ampia diffusione. A grandi linee, potremmo dire che gli Smart Point erano per il business, mentre il Bluetooth per il consumer.
Noi ci siamo avvicinati agli Smart Point, ma abbiamo sofferto per quella mancanza di cultura dell'innovazione e del digitale, perché, evidentemente, tutti erano molto incuriositi dalle cose che dicevamo già venti anni fa, però, all'atto pratico, non riuscivano a comprenderne fino in fondo i benefici. Inoltre, i manager non avevano il giusto contesto.
Il Bluetooth andava a mille e noi a cinquanta! Abbiamo tenuto duro, perché eravamo convinti che questo sarebbe stato il futuro e che la tracciabilità sarebbe diventata fondamentale per chi disegna sistemi industriali e li vuole più sicuri, più efficienti, più efficaci e soprattutto, a costi ragionevoli.



Oggi la cultura aziendale in generale ha assorbito il concetto di Internet of Things (IoT), di oggetti intelligenti che misurano "le cose" e dialogano con delle entità intelligenti.


Assolutamente sì. Di fatto noi abbiamo vissuto in un'epoca in cui non c'erano informazioni e poi siamo arrivati in un'altra in cui i grandi database hanno praticamente un'infinità di dati. Oggi possiamo dire che è arrivato il momento di dare l'informazione giusta, al momento giusto, nel posto giusto e alla persona giusta. Per fare questo, è necessaria un'informazione di cui si abbia la certezza della provenienza, che sia sicura e, quindi, affidabile all'atto di prendere decisioni.

La vostra, e la sua, è una storia di innovazione, ma cosa significa essere innovatori?


Ho qualche difficoltà con questo termine. Soprattutto negli ultimi secoli si è inventato moltissimo e fare qualcosa di veramente nuovo non è proprio facile. La ricerca di base è molto costosa ed è nelle mani di poche aziende. In realtà, la tecnologia consente lo sviluppo delle abilità, cioè consente di rendere concrete, praticabili e affidabili tante idee che prima non erano possibili.

Le cose così possono cambiare perché c'è la possibilità di portare un cambiamento, che per altro è una delle poche cose certe della vita. L'importante è essere appassionati, curiosi e approcciarsi sempre con un pensiero divergente ai problemi per trovare una soluzione, saggiare i tanti lati, esplorare.

Qual è la missione di ESA?


La missione di ESA è rendere i propri clienti preferibili ai loro competitor, garantendo loro soluzioni di tracciabilità che si armonizzino con i loro processi, in modo da accompagnare le imprese nel change management.
Io ho un sogno, che possiamo tradurre in missione: far crescere questa realtà, una realtà piccola, ma molto densa e dalle grandi potenzialità di sviluppo. Abbiamo lavorato soprattutto sulla filosofia, sul team, e riteniamo che questi concetti, se ben radicati, possano essere in grado di espandere le potenzialità in termini di risorse umane. Il mio sogno, la mia missione personale, è quella di far crescere ESA, ma devo dire anche grazie agli investitori svizzeri, che hanno creduto nel mio lavoro quando hanno rilevato interamente le mie quote.



E qual è la strategia?


Dal punto di vista commerciale, la strategia si basa sulla creazione di esempi applicativi con grandi aziende. Abbiamo lavorato per le Ferrovie dello Stato e Siemens, per citare degli esempi, e pensiamo che questo ispiri una rete di distributori o facilitatori che possano permetterci di andare a presentare a una vasta gamma di settori le nostre soluzioni.
Vogliamo conservare uno spirito di ricerca e sviluppo, lavorare molto sul metodo formativo e poi avere dei partner e dei distributori che nei loro settori specifici possano essere esclusivisti.
Per quanto riguarda, invece, una strategia di carattere più generale, abbiamo lavorato sul modo di fare le cose, quindi abbiamo generato un ambiente dove si sta bene, dove si lavora in modo olistico e questo attrae giovani talenti, oltre, naturalmente, alla formazione continua. Abbiamo da sempre privilegiato le donne nei ruoli dove occorre una forte determinazione e abbiamo lasciato ai giovani lo scouting tecnologico.

Le applicazioni quali sono?


Abbiamo fatto una scelta sin dall'inizio, quella di puntare sulla manutenzione, perché, dal nostro punto di vista, è una di quelle attività che tendono a far durare di più gli investimenti e quindi gli asset.



Inoltre, risolvere il problema di sempre, quello della disponibilità degli strumenti. Abbiamo così cercato di dimostrare che si possono tracciare i processi, ma non solo per controllare o per sapere se il personale è andato in quel posto oppure no, ma semplicemente per fare in modo di poter avere un trasferimento di informazioni. Come dicevamo prima, l'informazione giusta, al momento giusto, nel posto giusto e alla persona giusta, quindi a colui che si reca su una valvola per fare un controllo o una manovra.
L'operatore può avere l'informazione direttamente dalla valvola, capire qual è la configurazione tecnica e poi avere informazioni su chi ha effettuato le manutenzioni precedenti e che cosa è stato fatto. Tutto ciò permette, per esempio, di avere un'analisi dei guasti estremamente efficace e funzionale.
Per sintetizzare, racconto quello che mi disse il capo della manutenzione di una grande ferrovia europea: "se mi si rompe una boccola sul treno e io ho l'opportunità di leggere sulle etichette Smart Point quando è stata installata, ho una serie di informazioni importanti.


Se è stata fatta un anno prima o vent'anni prima fa una differenza sul tipo di intervento. Perché, se è nuova, non mi limito all'azione collettiva di sostituzione, nel caso sia stata montata un anno prima, ma cerco di indagare sul problema che ha causato quella rottura. Se, al contrario, leggo sullo Smart Point che è stata installata vent'anni fa, la cambio e basta".
Un esempio davvero concreto.
Inoltre, cambiare i pezzi permette di avere dei componenti rigenerati e offrirli con determinate garanzie, piuttosto che non intervenire in manutenzioni inutili se determinati pezzi sono stati sostituiti dopo un'operazione straordinaria. Gli Smart Point parlano ed evitano cambi inutili, perché già effettuati prima del tempo. Come ho già detto, fornire le informazioni giuste, al momento giusto, sul posto giusto, alla persona giusta.

Gli oggetti sostanzialmente parlano e questa è una grande svolta.


Esattamente, ma devo dire ci ha aiutato molto la crescita della cultura della tracciabilità nella filiera alimentare, perché il tecnico che lavora nell'industria va a fare la spesa e vede che la tracciabilità dei prodotti è possibile.


Così ha cominciato a guardare le cose diversamente. Poi i tedeschi, con l'industria 4.0, hanno dato il la e oggi abbiamo strumenti come il PNRR che ci lasciano speranzosi sul fatto che, finalmente, i clienti capiscano che è il momento di cambiare.

Abbiamo parlato di talenti e di formazione: come può un'azienda attrarre i giovani?


Da almeno tre o quattro anni abbiamo sviluppato un'accademia che si chiama "ESA Share & Fly", perché vogliamo che i giovani volino. Questa accademia è una costola di ESA, che si impegna a trasmettere tutto il proprio sapere aziendale, costituito in oltre 25 anni di attività. D'altro canto, facciamo tantissimi colloqui, raccogliamo tantissimi curricula, ma siamo convinti che i giovani debbano prima studiare, laurearsi, che abbiano intrapreso con serietà il loro percorso di studi, e poi cerchino di avviare una collaborazione con noi. La cultura aziendale e la cultura dei temi che trattiamo sono importanti, ma occorre che i giovani facciano un'esperienza del senso di responsabilità e acquisiscano una sana cultura del lavoro e del rispetto dell'altro, perché non sono solo le competenze a fare un professionista.




Cosa ha imparato il manager e la persona da questo periodo di pandemia?


Occorre fare una premessa. Ho un ruolo in un'azienda svizzera oltre a essere il General Manager di ESA, mi sono occupato dell'India per verificare la possibilità di individuare delle partnership.
Mi sono sempre mosso in giro per l'Italia e per l'Europa. La premessa è necessaria per dire cosa è cambiato. Molto per me, perché, evidentemente, ho ridotto drasticamente la mia mobilità. Sono residente a Ginevra, ma ho un forte interesse a Napoli, dove appunto c'è ESA.
La mia vita è cambiata, ma, durante i due mesi di lockdown, io ero appena rientrato dall'India e lì si sentiva parlare di tutto accadeva, ma sembrava una cosa lontanissima. Quando sono arrivato, ho trovato una situazione spettrale e mi sono immediatamente reso conto che tutti i nostri collaboratori e colleghi erano fermi in casa, che vivevano nell'incertezza più totale e, quindi, ho dovuto fare un lavoro enorme, ovviamente virtuale, per tenere desta la loro attenzione sui temi che stavamo seguendo, facendo loro capire che bisognava assolutamente approfittare di quel momento di calma per godere la famiglia, ma anche per lavorare più serenamente.



Ci siamo tutti quanti dati delle regole e degli orari e, alla fine, per dimostrare loro quello che io avevo detto durante il lockdown, quando i collaboratori sono rientrati in ufficio hanno trovato una bellissima sorpresa.
Ho contattato uno street artist specializzato nelle facciate degli edifici e, sul fronte esterno della nostra sede, ha dipinto un bellissimo ritratto di una donna bionica, con un cuore tecnologico.
L'artista ha intitolato l'opera Dinamismo. Bisogna vederla per capire che cosa ha stimolato nei nostri collaboratori, ma anche in tutti i clienti che venivano trovarci. Ho sempre detto a tutti che saremo più forti di prima, ma diversi.


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