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20/10/2021

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Marco Zanardi (Retail Institute): sostenibilità e innovazione nell'agenda di ogni retailer

I consumatori chiedono ai retailer non solo prodotti ma anche servizi a valore aggiunto, perché la customer satisfaction è un fattore ormai imprescindibile. Però i cambiamenti hanno bisogno del giusto tempo di pianificazione e implementazione

Il retail sta affrontando un momento di profondo cambiamento. I consumatori sono diventati più esigenti e la pandemia ha accelerato processi di cambiamento che erano già in atto. Per questo occorre che i retailer mettano in agenda, ma c'è già chi si è portato avanti, strategie e piani di implementazione per evolversi. Ne abbiamo parlato con Marco Zanardi, presidente di Retail Institute Italy.
Retail Institute Italy, con oltre 200 Soci, è l'Associazione punto di riferimento del Retail in Italia, nella quale sono rappresentate tutte le componenti del settore: Retailer, Brand Company, Retail Partner. L'Associazione organizza come ogni anno l'evento Retail Tomorrow, che quest'anno si terrà a Milano in presenza e in streaming il 18 novembre, appuntamento di riferimento dedicato all'innovazione e alle nuove tecnologie nel settore Retail.

Retail e innovazione: se ne parla molto, ma davvero questa innovazione si vede?


La quarta rivoluzione industriale ha impattato (è sta continuando il suo effetto) inesorabilmente su tutte le industry e tra questa il Retail.

Come tutte le industry anche questa, ha dovuto prendere consapevolezza sul significato di questa trasformazione.
La reazione richiede del tempo in quanto si deve percepire il cambiamento, comprenderlo (non facile essendo in un mondo complesso, complicato ed alcune volte caotico), avere la visione, cultura e competenze per comprendere cosa fare, pianificarlo e renderlo eseguibile. Per operativizzare un processo di innovazione le procedure non sono banali (vedasi le dichiarazioni relative all'adeguamento degli standard sulla sostenibilità Agenda 2030) e richiedono in primis che l'organizzazione (a partire dalla leadership) sappia cosa fare e come farlo. Motivo per il quale le corporation più avanti in termini di gestione si erano mosse per tempo con percorsi di innovazione (per esempio, attraverso l'open innovation).

Come la cultura digitale ha cambiato lo scenario del retail?


La cultura digitale ha sicuramente contribuito al cambiamento in atto, che definirei meglio come mutamento, un vero cambio di direzione, mentre il cambiamento può rappresentare anche una tendenza del momento.

La tecnologia digitale è pervasiva e infestante, quindi inevitabile. Rilevante differenziare tra il digitale e la digitalizzazione. La prima rivede i modelli di business, la seconda i processi.

Dovendo puntare su 10 fattori chiave per il retail nel 2022, quali potrebbero essere?


Senza fare una classifica, a mio giudizio sono: sostenibilità, innovazione, organizzazione, tecnologia, datadriven, omnicanalità, diversity & inclusion, ecosistema e globalizzazione.
Il 2022 è ormai vicino e quindi questi elementi sono certamente quelli in agenda della maggioranza dei retailer. I retailer devono prima di tutto partire da strategia, organizzazione e personale per poter far proprie le sfide delle complessità.

Ha messo ai primi posti sostenibilità e innovazione. Come orientano il futuro del retail?


La sostenibilità fa parte dell'agenda 2030 e quindi è una richiesta istituzionale. Certo, la dobbiamo declinare. Questo avviene attraverso diverse modalità. Partiamo dai punti vendita, che devono essere più ecocompatibili.


Questo significa efficientare energia elettrica e ridurre l'impronta inquinante. Per esempio ci sono nell'alimentare sistemi che trattengono le temperature evitandone la dispersione e quindi l'utilizzo di energia. Sono attività che migliorano il punto vendita in quanto tale spingendolo alla sostenibilità.
Poi c'è il miglioramento verso il consumatore finale. Significa per esempio, meno plastica o utilizzare quella ecocompatibile e l'uso di veicoli elettrici per l'home delivery, tanto per fare alcuni esempi. Questo non solo per migliorare la parte "immobiliaristica" ma anche di servizio ai clienti.
E poi educare i clienti stessi ad essere sostenibili nel loro privato, stimolando comportamenti virtuosi.
Un altro punto importante è individuare fattori ESG interni per il rispetto per l'ambiente così come chiedere il rispetto delle azioni della filiera perché sia ecosostenibile ed ESG a sua volta. Tutta la filiera deve contribuire come ecosistema. Comprese le aziende fornitrici. Cambia quindi tutto il retail in quanto tale, con l'immobiliare che diventa green e sostenibile, e in questo contesto anche i dipendenti devono esser coinvolti.



Venendo alla componente innovazione, occorre dire che non è solo tecnologica, pur importante. C'è anche la customer experience (CX). Prima il marketing era reattivo adesso è diventato proattivo. Questo coinvolge, per esempio, anche la formazione fatta verso chi è a contatto con il consumatore e non solo negli in-store.
La tecnologia raccoglie i dati, utilizza data base, footprint del consumatore, e tutti gli altri elementi che ci permettono di conoscere i comportamenti praticamente in tempo reale. Questo consente di offrire al cliente un'offerta più ampia, soddisfacente e più gratificante. Tutto ciò porta a una fedeltà e una ripetizione dell'acquisto.
Nell'innovazione c'è il back-end che va aggiornato e il front-end di conseguenza. Tutto in funzione delle esigenze del consumatore che avevano già iniziato a evolversi ben prima della pandemia, chiedendo ai retailer non solo prodotti, ma anche servizi a valore aggiunto. Per fare un esempio, recentemente Wallmart suggerisce ricette con i prodotti che hai acquistato, o consiglia altre ricette con prodotti non acquistati, fino a ricette con quello che hai in casa.


E' un esempio di marketing proattivo.

Il retail deve diventare sempre più smart. Cosa significa?


La definizione potrebbe essere che smart significa inglobare tutte le dimensioni che servono ad una nuova esigenza del consumatore finale. Questo comprende omninicanalità, formazione del personale, delivery green, possibilità di passare dall'eCommerce al punto fisico, essere "seamless". Essenzialmente il retailer non è più solo il luogo dove acquistare prodotti, ma anche un fornitore di servizi.

Quali sono le maggiori difficoltà?


Organizzative, soprattutto. Molti settori non sono culturalmente attrezzati. L'organizzazione deve capire cosa fare e dopo come mettere in pratica il cambiamento. I vari leader devono aggiornare il modello business.
In sintesi: conoscere, capire cosa fare e poi metterlo in pratica. Strategia prima e poi pianificazione. E' un percorso lungo ma va fatto. Molti retailer che non l'avranno fatto sono destinati a sparire nel tempo o quanto meno a perdere posizioni competitive.


Non se lo possono permettere.
Innovazione è tutto: il consumatore è cambiato, è più tecnologico ed esigente. Al tempo stesso anche il board è cambiato e percepisce le necessità di un cambiamento per cui occorrono tempo, soldi e competenze. E in questo la consulenza aiuta ed è sempre più indispensabile.
Occorre attivare tante risorse umane e non solo. Ma, purtroppo spesso i board guardano al breve periodo e non ad un tempo ragionevolmente adeguato per pianificare e implementare le strategie.


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