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13/10/2021

economia

Gli effetti della crisi energetica globale

Giacomo Calef (NS Partners): le conseguenze che si sono venute a creare nel 2020 con la pandemia cominciano a farsi sentire, sia sul lato della domanda, sia su quello dell'offerta

Gli allarmi lanciati dalla Cina, con i black-out dei sistemi produttivi, e dal Regno Unito, con la carenza di carburante, rappresentano dei forti punti di attenzione per la crisi energetica globale, che possiamo dedurre dal picco dei prezzi delle materie prime.
Come si può osservare nel grafico, per esempio, il Brent è salito più del 50% quest'anno, sfiorando il tetto degli 80 dollari per barile, ed il gas naturale ha registrato un'impennata superiore al 120%. Le conseguenze che si sono venute a creare nel 2020 cominciano a farsi sentire, sia sul lato della domanda, sia su quello dell'offerta.
Per quanto riguarda la domanda, abbiamo principalmente due elementi da analizzare.
Da un lato, la ripresa della mobilità ha incrementato in modo repentino la richiesta di carburante ed energia elettrica, per i trasporti e per i processi produttivi. Quest'ultimi, in molte aree del mondo, stanno tornando in piena funzione: secondo alcuni analisti le attività economiche negli Stati Uniti hanno riaperto al 97% rispetto ai livelli pre-covid.


L'altro elemento riguarda la transizione energetica, che ha cominciato a correre negli ultimi mesi. Ma il passaggio dagli idrocarburi alle rinnovabili non è così immediato e semplice, poiché richiede enormi investimenti e ad oggi i processi non sono stati ancora resi efficienti. Per esempio, la produzione globale di energia eolica quest'anno risulta inferiore rispetto alle attese. Sul lato dell'offerta, invece, una menzione va all'OPEC.
L'immobilismo causato dal COVID-19 aveva costretto le aziende petrolifere ad effettuare dei tagli drastici ad aprile 2020 per sostenere i prezzi (9,7 milioni di barili al giorno, ovvero il 10% circa della produzione globale).
In Cina, inoltre, alcune regioni utilizzano prevalentemente carbone, quindi diverse aziende hanno rallentato la produzione poiché il limite massimo di emissioni di CO2 previsto dal Governo è stato raggiunto. Gli effetti sugli ultimi dati dell'inflazione, infatti, sono evidenti: non solo l'headline inflation, ma anche la core inflation, che esclude i beni energetici, è incrementata a livelli massimi nelle diverse aree.


Stando ai dati di agosto su base annuale, negli USA è stato registrato un 4,0%, in Europa l'1,6%, nel Regno Unito il 3,1%. Pertanto, il tasso di inflazione sarà ancora alto per diversi mesi, ma noi crediamo che già nel corso del 2022 dovrebbe normalizzarsi: negli USA, sia gli economisti, che producono previsioni, che i trader, che invece investono direttamente sui mercati, si attendono un tasso di inflazione nel medio periodo (approssimativamente 5 anni) del 2% circa.

Giacomo Calef, Country manager NS Partners


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