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04/08/2021

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Un cambiamento culturale per le banche se si guarda con attenzione al terzo settore

Intesa Sanpaolo intende dare un nuovo impulso al credito pensando a chi è in difficoltà. Per ripartire insieme.

Per valorizzare al meglio il potenziale di crescita sociale ed economico che l'azione civile può sviluppare il Terzo Settore diventa fondamentale per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che sono alla base del PNRR: digitalizzazione, fonti finanziarie innovative, rilancio della cultura e del turismo, inclusione e cittadinanza. Ne abbiamo parlato con Marco Morganti, Responsabile della Direzione Impact Intesa Sanpaolo, all'interno di un progetto di grande impatto per la società italiane e portatore di un cambiamento culturale nelle banche italiane.

Un progetto per il terzo settore, ma non solo: quali sono gli obiettivi?


Il progetto nasce dall'idea di tornare a parlare di sviluppo.
Dopo aver parlato esclusivamente di emergenza, come è giusto che fosse, adesso è arrivato il momento di occuparci di guardare al futuro. Ci sono anche abbondanti risorse e le dobbiamo utilizzare per promuovere la parte migliore del Paese, quella che deve crescere e portare prosperità. Bisogna occuparsi della parte di più sostenibile, ma anche dell'economia sociale perché è un'altra parte che abilita i servizi di una nazione.

Dobbiamo abilitare, a questi soggetti, l'accesso a questa grande quantità di fondi che si renderanno disponibili per i prossimi 4-5 anni.

Il terzo settore è stato colpito duramente dalla pandemia.


E' stato colpito molto a fondo e ci sono equilibri delicati. L'economia sociale è utile per aumentare i servizi e mantenere in linea di galleggiamento durante un periodo di crisi, per esempio, perché è in relazione con la sua comunità di riferimento. E' uno scambio, perché nel sistema del terzo settore, quello del volontariato che rappresenta quei cinque milioni e mezzo di italiani, è qualcosa di enorme e mette in contatto i prestatori di servizi e i beneficiari degli stessi, spesso in uno scambio di posizioni. E' qualcosa che ricorda più il concetto di famiglia che di azienda, perché si parla di un gruppo di amici non di consumatori e di produttori.

Il titolo che avete dato all'iniziativa è piuttosto eloquente.


Noi ripartiamo con il punto esclamativo è una frase che contiene una sfumatura importante.

Quando si aiuta un bambino rialzarsi da terra perché caduto oppure gli si dice che deve lavarsi i denti spesso usiamo il plurale e il noi, diciamo rialziamoci e andiamo a lavarci i denti. Tu resti tu, io resto io, ma insieme possiamo fare qualcosa di importante. In questo momento, non è il terzo settore che deve ripartire, ma tutta l'economia. La banca deve svolgere il proprio compito di abilitatore della ripartenza, deve essere innovativa. Noi da 15 anni svolgiamo questo compito con uno sforzo organizzato e che ora ci viene riconosciuto, ma siamo stati i primi a pensarci a dare qualche cosa che ha funzionato molto bene. Non posso dimenticare anche l'impegno di tanti colleghi che sono volontari e che hanno permesso di avviare un dialogo fluido con un mondo che ha esigenze importanti, ma diverse da quelle del business tradizionale.

La valutazione è un processo importante.


Il modello di valutazione che abbiamo usato all'inizio, per essere diversi e più incisivi, è stato innovativo. Abbiamo puntato anche su soggetti che non avevano il merito, che non significa che non meritassero attenzione, ma che erano esclusi dai finanziamenti, perché per merito si intende con un termine tecnico per dire che siano nelle condizioni di accedervi.


Abbiamo fatto una grande esperienza innovativa perché bisognava ribaltare il concetto di finanziamento se guardiamo all'impatto sociale. Questi soggetti operano nelle comunità, offrono servizi, ma anche produzioni culturali e quindi devono essere "misurati" in modo diverso. Ma per fare questo è necessario avviare un percorso di ascolto e di comprensione delle problematiche da risolvere.

E come sta procedendo questa esperienza?


Abbiamo cominciato a fare degli incontri. La prima puntata, sulla cultura, la ricordo con piacere perché eravamo a Palermo a parlare su un palco con il teatro vuoto a causa del COVID-19. E' stato un momento emotivamente molto intenso, ma al quale hanno partecipato oltre 800 organizzazioni del terzo settore. I teatri e la cultura hanno sofferto molto per quelle platee vuote e abbiamo parlato di capitali, perché per ripartire, per qualunque profilo professionale, bisogna avere tutti gli strumenti finanziari e di produzione. Serve chi dona e chi eroga e chi investe. Le fondazioni, in questo contesto, sono un ottimo esempio virtuoso e ne abbiamo parlato diffusamente a Bari.



A Roma invece abbiamo parlato di dati, necessari per fare un passo indietro e guardare il panorama che si propone per il terzo settore. Non va dimenticato che proprio il terzo settore dispone di una quantità incalcolabile di dati e che sono tutti i dati sensibili. Il più grande rischio è una violazione della privacy e una errata valutazione della sicurezza e volevamo richiamare il terzo settore a riflettere. Abbiamo parlato di etica dei dati, di intelligenza artificiale, di sicurezza e delicatezza verso la sensibilità di questi dati. Non possiamo non citare, in questo ambito, l'uso dei dati per utilizzarli per una raccolta fondi e il tema che ruota attorno.

La quarta tappa ha riguardato i progetti.


Oltre alla presentazione dei nuovi progetti Impact della Banca, che hanno come obiettivo l'inclusione creditizia, ci si è spinti verso un passaggio che non è per niente scontato: cosa ha insegnato il terzo settore. All'interno di Banca Prossima c'era un modello che consentiva di andare a fare prestiti alle organizzazioni del terzo settore, ma abbiamo voluto fare di più.


Abbiamo destinato almeno la metà dei profitti della banca ad un fondo patrimoniale che, come se fosse un fondo di garanzia, consentisse di andare a prestare denaro a questi soggetti in che sono stati esclusi dai crediti in questi 15 anni. Abbiamo scoperto che spesso sono sostenibili e che per loro il credito ha un valore doppio e non se lo possono procurare in nessun modo. Ci siamo resi conto che dovevamo essere noi a dare loro credito e dopo un po' di tempo possono diventare clienti. Ci siamo ritrovati ad aver fatto un mestiere che va persino a beneficio del sistema bancario in generale, aiutando soggetti esclusi proprio dal sistema stesso. Da un anno e poco più abbiamo la possibilità di usare un altro strumento a beneficio dell'economia sociale a beneficio delle persone e delle famiglie, ma anche delle imprese che si trovano in condizioni di esclusione.

Di cosa si tratta specificatamente?


Si tratta di prestiti che noi siamo in grado di erogare senza chiedere garanzie, quindi senza creare del paradosso che è ben conosciuto per cui le banche sembra che possono prestare soldi soltanto chi già ce li ha già, una vox populi consolidata e in qualche maniera motivata.


Rompiamo questo questo gatto si morde la coda e questo circolo vizioso e siamo in grado di prestare soldi a persone, famiglie e imprese che hanno un buon progetto ma non hanno reddito o garanzie. Da qui si apre un universo interventi.

Quanti sono?


A regime saranno otto, per ora sono sei ma ottobre aumenteranno. La prima iniziativa è quella che giudico come la più bella: un prestito a tutti gli studenti universitari, di qualunque facoltà e qualunque anzianità, anche fuori corso. Ogni sei mesi confermiamo e manteniamo questo credito che serve allo studente per concentrarsi sugli studi e non andare ad alimentare la gig economy per potersi mantenere, ma che sappiamo distrae e rallenta il percorso di studi. Un giovane può indebitarsi fino a massimo 50 mila euro, può andare a fare un master anche all'estero e potrà restituire il tutto in 30 anni, sostanzialmente con una rata trascurabile. Vale per ogni tipo di formazione universitaria, anche quelle meno riconosciute. Poi abbiamo strumenti per le mamme lavoratrici, per i pensionati che sono persone che hanno finito di lavorare ma non ancora maturato il diritto alla pensione ed è un numero in crescita.


Prestiamo denaro alle famiglie che hanno figli o con persone che hanno un familiare con un grado elevato di invalidità o che richiedono interventi specifici, come una badante o il raddoppio della stessa. Facciamo un prestito del quale sono molto fiero che è dedicato alle ragazze e ai ragazzi che fanno il servizio civile, che alla fine non è esattamente un percorso formativo dal punto di vista scolastico, ma è formativo verso la comunità e allora devono avere un accesso al credito basata sulla fiducia ed è quello che facciamo per consentire loro di formarsi e di diventare anche imprenditori di se stessi.

Il vostro è un impegno quasi istituzionale.


Sì, perché quando si parla di diritti costituzionali, ci accorgiamo che molti sono abilitati da un nostro prestito. Il diritto allo studio, alla famiglia, alla salute sono scritti nella carta costituzionale. Per questo motivo, abbiamo chiesto al professor Giuliano Amato, vice presidente della Corte Costituzionale, di fare un intervento nell'evento di Bergamo proprio per raccontare come ci sia bisogno di un cambio di passo.




Le banche di solito fanno le banche, non sono esattamente benefattrici.


Questo è il percepito, come dicevo prima, ma mi auguro che come gruppo Intesa Sanpaolo stiamo facendo la cosa giusta, l'inizio giusto di un percorso di cambiamento e che possiamo fare proprio perché siamo in una situazione di ripartenza e possiamo cambiare alcune cose. E' una questione di cultura, lo dico modestamente, però noi stiamo incidendo sul settore bancario e lo facciamo da dentro il più grande istituto bancario italiano e questa è la cosa più bella. Si può fare antagonismo dal sistema delle banche e diciamo che è anche facile, perché contro le banche e le assicurazioni ci sarà sempre qualcuno disposto a dire che il peggio del peggio, che fanno soltanto cose negative e a generalizzare dei fenomeni puntuali che purtroppo accadono. Però l'antagonismo che io rispetto forse non riesce ad incidere sulle cose che fanno le banche. Questo nostro processo è più efficace da un punto di vista culturale proprio perché è promosso da un soggetto come Intesa Sanpaolo che è investito anche da operatori internazionali che hanno la preoccupazione del rendimento e che dimostra con attività che si inseriscono sotto la voce impatto e l'economia circolare si mettono in modo meccanismi per cui è possibile pensare anche una diversa maniera di fare banca, fare profitti e far crescere il sistema.





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