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21/07/2021

economia

Inflazione: è tornata per restare o è solo un fuoco di paglia?

Giacomo Calef (Notz Stucki): molti analisti considerano che il picco inflattivo sia transitorio, in quanto diretta conseguenza sia del boom di domanda creato dalle riaperture, sia della frammentazione delle supply chain

La recessione causata dalla pandemia ha visto i governi attivarsi con risposte decise sotto forma di ingenti stimoli fiscali, che solo negli USA equivalgono a circa il 25% del PIL. Tuttavia, questa iniezione di liquidità preoccupa per un possibile effetto collaterale: l'aumento incontrollato dell'inflazione.
In effetti, negli Stati Uniti a maggio è stata registrata un'inflazione annua del +5%, ben superiore alle aspettative. Mentre la BCE, attendendosi uno sviluppo simile, questa settimana ha portato il target d'inflazione da "inferiore ma vicino al 2%" al 2% simmetrico, mostrandosi più tollerante verso picchi momentanei.
In particolare, nel breve termine un settore già colpito dalle pressioni al rialzo è l'industria del cibo, che da inizio anno ha registrato significativi incrementi nei prezzi degli alimenti (+106% per la carne di maiale, +105% il mais e +86% la soia).
Nel lungo termine, poi, si stanno delineando alcuni fattori che porterebbero ad un moderato rialzo dei prezzi nel tempo. Abbiamo identificato un fattore geopolitico e uno ambientale riguardanti le relazioni dell'Occidente con la Cina.


Per quanto riguarda il primo, si deve ricordare che la globalizzazione è stata uno dei maggiori trend disinflazionistici degli ultimi decenni, in particolare supportata dalla Cina, in cui si è concentrata la produzione di beni a basso costo. Ultimamente, però, il deteriorarsi dei rapporti con il colosso asiatico potrebbe portare alcune aziende a riallocare i propri siti produttivi in territorio domestico sostenendo maggiori costi.
Il secondo è un fattore ambientale, in quanto le preoccupazioni riguardo i processi produttivi in atto in Cina non sono più ignorate. Infatti, ora l'opinione pubblica non li ritiene più accettabili in quanto, nella maggior parte dei casi, sono particolarmente inquinanti.
A seguito di questo cambiamento, la Cina ha annunciato di avere in programma la riduzione del 13% della propria capacità di acciaio, e prenderà decisioni simili in altre industrie ad alte emissioni come vetro, cemento e alluminio. Anche in questo caso, la riduzione della produzione a basso costo potrebbe rappresentare un'ulteriore spinta inflazionistica.
Tuttavia, alcuni analisti hanno condotto una survey a giugno per cui il 72% dei principali fund manager considera che il picco di inflazione sia transitorio, in quanto diretta conseguenza sia del boom di domanda creato dalle riaperture, che della frammentazione delle supply chain.

Un esempio è il fatto che metà del picco di inflazione USA a maggio sia dovuto al settore automobilistico, del nuovo e dell'usato, e ai trasporti aerei, entrambi favoriti dalle riaperture e che risentono della carenza di alcuni componenti fondamentali (come chip e materie prime).

Giacomo Calef, Country manager di Notz Stucki


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