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05/05/2021

idee

Il rilancio riparte dalla forza delle filiere

Per il 2021 è atteso un rimbalzo dei livelli produttivi, con un incremento dell'11,8%. Pesano le difficoltà del Sistema moda e, più in generale, una prima parte dell'anno ancora penalizzata dalla pandemia

Dopo un anno di pandemia qual è lo stato di salute delle imprese all'interno delle filiere?
A rispondere a questa domanda è il Rapporto Annuale Economia e finanza dei distretti industriali di Intesa Sanpaolo, che oltre allo stato dell'arte, evidenzia le criticità da superare, i fattori di resilienza su cui far leva e le priorità da affrontare per un rilancio economico duraturo e sostenibile. Vediamo le principali evidenze.

Le performance stimate per il 2020-21


Dopo un calo di fatturato stimato pari al 12,2% nel 2020, per il 2021 è atteso un rimbalzo dei livelli produttivi, con un incremento dell'11,8%. Il recupero sarà parziale e lascerà il fatturato dell'aggregato distrettuale del 3% circa inferiore al livello del 2019. Pesano le difficoltà del Sistema moda e, più in generale, una prima parte dell'anno ancora penalizzata dalla pandemia.
La reazione è significativa considerando che lo scorso anno il 25,2% delle imprese aveva avuto una marginalità negativa; circa la metà di queste imprese ha potuto contare sulla liquidità interna per appianare le perdite; le restanti hanno potuto attivare moratorie o finanziamenti garantiti a tassi agevolati.



Un cauto ottimismo per il futuro


Più elementi spingono a un cauto ottimismo e a pensare che le filiere distrettuali possano continuare a rappresentare un tratto imprescindibile del tessuto produttivo italiano.
In presenza di know-how e competenze diffuse, il gioco virtuoso di concorrenza e cooperazione continua tra attori della filiera ha consentito a molti distretti di competere con successo all'estero o di collocarsi stabilmente nelle catene globali del valore.
Dalla network analysis emergono segnali di una struttura gerarchica delle relazioni tra imprese, con la presenza di capofila che concentrano un maggior numero di transazioni. Spiccano però anche relazioni tra imprese che appartengono alla stessa classe dimensionale, a testimonianza dell'elevato spirito di collaborazione che anima le filiere distrettuali.
Le imprese distrettuali del Sistema moda sono ben inserite nelle filiere del lusso: rappresentano il 65% di addetti e fatturato. Al contempo, la filiera del lusso ha un peso rilevante per i distretti: coinvolge il 42% dei loro addetti e attiva il 51% del loro fatturato.

Alcuni distretti della filiera della pelle sono divenuti la piattaforma produttiva del segmento del lusso, a servizio delle case di moda italiane e francesi. E' questo il caso della Pelletteria e calzature di Firenze e delle Calzature della Riviera del Brenta.
Nei distretti sono presenti vantaggi di costo: l'abbondante offerta presente nei distretti si traduce in un grado di dipendenza contenuto da fornitori e costi di approvvigionamento. Non a caso nei distretti il 47% dei nuovi fornitori attivati durante la pandemia (pari nei primi nove mesi del 2020 al 19% in quantità e al 7,6% in valori) sono locali (entro i 50 Km) e hanno spesso sostituito forniture strategiche di prossimità.
L'effetto netto è stato un lieve allungamento delle filiere distrettuali (+3,1 Km, un valore allineato ai non distretti), che tuttavia mostrano distanze di approvvigionamento significativamente inferiori rispetto alle aree non distrettuali (116 Km vs 157).
La localizzazione delle filiali produttive e commerciali conferma il maggior radicamento locale per le PMI distrettuali: non solo è più bassa la quota di imprese plurilocalizzate (11,2% vs 13,1% nelle aree non distrettuali), ma in queste una percentuale più elevata di addetti lavora nella provincia della sede operativa (78% vs 72%).

Le grandi imprese distrettuali, invece, sono articolate su scala nazionale e sono aperte all'estero, portando i prodotti realizzati nei distretti anche al di fuori dei confini nazionali.

Le priorità: digitale e green


I prossimi anni saranno decisivi per il rilancio dell'economia italiana.
Sarà fondamentale impiegare bene le risorse provenienti da Next Generation EU e far ripartire gli investimenti in macchinari 4.0, digitale, green, capitale umano.
Le PMI distrettuali possono vincere queste sfide.
Sul fronte del digitale, nei distretti già prima della pandemia era in crescita l'incidenza di ICT e R&S sul totale degli acquisti di beni e servizi, salita nel 2019 al 4,1% (dal 3,7% del 2016), grazie al traino della meccanica (7,1% vs 5,7% delle aree non distrettuali, il 25% in più).
I processi di digitalizzazione hanno subito un'accelerazione nel 2020, soprattutto nel lavoro a distanza e nei distretti. Restano però ritardi in modo particolare tra le imprese più piccole.
Nella meccanica le imprese che adottano soluzioni 4.


0 hanno importanti ritorni in termini di miglioramento della qualità (indicato dall'84% delle imprese), aumento della velocità di produzione (73%), flessibilità e personalizzazione della produzione (71%), miglioramento della sicurezza (69%), efficientamento del magazzino (61%), riduzione dei costi (59%). Chi invece produce macchinari 4.0 in 8 casi su 10 dichiara di poter aumentare la redditività della manutenzione sulle macchine vendute e raccogliere dati da utilizzare per R&S e innovazione.
Anche la tematica ambientale ha assunto un ruolo sempre più rilevante negli ultimi anni. Nei distretti l'incidenza di imprese con impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile e beneficiari degli incentivi del GSE (Gestore Servizi Energetici) è pari complessivamente all'11,8% (il 14% in più rispetto alle aree non distrettuali), con punte del 25,2% tra le aziende di grandi dimensioni, contro il 20,3% delle medie, il 13% delle piccole e il 6,4% delle micro.
La crescita degli investimenti green si è accompagnata a un progressivo sviluppo tecnologico: tra le imprese distrettuali italiane la quota di brevetti green sul totale è salita al 6,3% negli anni più recenti (2014-2018), una quota più che doppia rispetto ai primi anni Duemila.




Secondo Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, la banca "è idealmente posizionata, grazie alla propria rete, per garantire un approccio integrato, inclusivo e trasversale rispetto a imprese capo-filiera, PMI microimprese e startup, necessario per accelerare iniziative di sistema lungo la supply chain, che abilitino progetti di innovazione e transizione sostenibile, con un impatto positivo su competitività internazionale, resilienza e sostenibilità di tutte le imprese, incluse quelle di piccola e media dimensione.
Intesa Sanpaolo ha una serie di esperienze consolidate nelle attività di finanziamento e advisory che riguardano le aree di interesse del Recovery Plan e intende rafforzare ancora di più il suo ruolo a sostegno del Paese:
- coinvolgimento del tessuto imprenditoriale italiano anche tramite filiere e indotto circa 270.000 PMI, a cui si aggiungono circa 700.000 micro-imprese;
- execution di grandi operazioni di finanza strutturata, di cui è leader di mercato;
- rapporto consolidato con grandi investitori istituzionali sia nazionali che internazionali;
- interlocuzioni privilegiate della Banca con la clientela di riferimento e con le istituzioni locali.



Per continuare a giocare il ruolo a sostegno dell'economia reale e di accelerazione della crescita e, al contempo, per proporsi quale grande soggetto istituzionale a supporto dell'attuazione del Recovery Plan, Intesa Sanpaolo intende mettere a disposizione nell'orizzonte del PNRR oltre 400 miliardi di erogazioni a medio-lungo termine, di cui circa 120 miliardi a imprese con fatturato fino a 350 mln; circa 150 miliardi a imprese con fatturato superiore a 350 mln, e oltre 140 miliardi a privati
".


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