23/12/2020

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Antonio Bottillo (Natixis): prudenza, resilienza e controllo saranno le parole chiave per il 2021

Gli investitori dovranno controllare periodicamente l'assetto del portafoglio come si fa con le automobili, così da non subire gli sbandamenti dei mercati

Secondo l'Institutional Investor Survey di Natixis, otto investitori istituzionali su dieci affermano che i mercati hanno sottovalutato l'impatto a lungo termine della pandemia globale e solo uno su cinque prevede una piena ripresa economica prima del 2022. E con l'attesa di un aumento della volatilità assumono una posizione di portafoglio difensiva, con allocazioni che favoriscono la diversificazione azionaria, il value rispetto al growth e il crescente ricorso a private equity e debito privato. Cosa ci aspetta per il 2021? Ne abbiamo parlato con Antonio Bottillo, Country Head ed Executive Managing Director per l'Italia di Natixis Investment Managers.

Che cosa è emerso dalla vostra survey?

Intanto diciamo che è una ricerca sugli investitori istituzionali, soggetti più acculturati che generalmente vedono più lontano, rispetto agli investitori individuali, se non altro per professione.

Antonio Bottillo (Natixis): prudenza, resilienza e controllo saranno le parole chiave per il 2021

Un quadro tutto sommato non negativo, ma comunque prudente. Si va verso una considerazione innanzitutto vede nei prossimi mesi un ritorno della volatilità. Non è una grande sorpresa perché l'abbiamo vista per tutto il 2020: abbiamo osservato un fortissimo calo nei primi mesi dell'anno, poi una grande ripresa e successivamente i mercati che sono andati in una certa direzione. Quindi, volatilità che permane ed è vista in aumento nei prossimi mesi, che porta ad una necessità di diversificare.
Io credo che questa emergenza sanitaria abbia puntualizzato ancora di più questo aspetto. Vediamo alcuni punti emersi dalla survey.
Otto intervistati su 10 non vedono in questo momento una ripresa importante con un ritorno alla normalità, e addirittura affermano che il mercato sembra sottovalutare l'impatto di tutte queste iniziative a supporto che sono state prese, quasi come aver creato di fatto una condizione dove alla fine i portafogli sono più esposti ai rischi rispetto ad una condizione di normalità. Uno su 5 mette in discussione il ritorno alla normalità nel corso del 2021 e non la vede prima del 2022.

Seguici: 

Addirittura c'è una componente del 35% che vede questa opportunità apparire solo nel 2023. Sulla ripresa ci sono anche le recenti dichiarazioni della BCE: la crescita del Pil è stata rivista al ribasso per il 2021, un +3,9% rispetto ad un +5% originario, ed è stata rivista al rialzo quella per il 2022, al 4,2% dal 3,2%, in linea con la nostra survey.

Che ripercussioni ha sulla asset allocation?

Quello che emerge dalla nostra indagine è un portfolio con un 35-36% sulla componente azionaria, che va necessariamente molto diversificata - e qui ci sono temi che hanno mostrato grande resilienza nei momenti di problematicità -, un 40% in bond (anche qui con delle novità), un 17% di alternative di lungo periodo, che sta prendendo sempre più piede e sempre relativo alla resilienza, e infine un 6% tenuto in liquidità, che per gli investitori istituzionali non è poco, visto che in generale sono investiti al 100%.

Per quanto riguarda l'azionario, in luogo dell'obiettivo della diversificazione, abbiamo una percentuale di intervistati del 33-34% che vede uno shift di bias dalla componente growth a quella value, e quindi un ritorno rispetto al trend degli ultimi tempi. Una diversificazione anche in termini di area geografica: un terzo si esprime a favore delle posizioni sull'Asia-Pacifico, così come sull'Europa. Un po' meno sugli USA, quasi come se si prevedesse la continuazione di qualche problematicità all'interno del Paese, dove peraltro i dati sul COVID-19 vanno in quella direzione ed è quindi abbastanza comprensibile. E anche qui la componente Emerging Market sembra risaltare.
Per la componente obbligazionaria, vediamo una riduzione dei titoli governativi, che sembrano aver già dato molto, a parte i periferici che continuano a dare soddisfazioni. Oltre all'investment grade, la componente che emerge con forza è quella dei Green Bond, che assume specificità all'interno delle asset allocation, ed è diventato un ingrediente di riferimento. Il 48% degli intervistati asserisce di avere già esposizioni in tal senso, e il 47% sostiene di poterle addirittura incrementare nel corso dei mesi futuri. E' quindi un tema di grandissima attualità che vede anche iniziative governative in tal senso.

Arrivando alla componente "alternative", occorre dire che il target della nostra indagine è istituzionale, quindi nel tempo ha conosciuto e praticato l'utilizzo di alternativi di lungo periodo (e quindi illiquidi) all'interno del portafoglio come componente, poiché doveva attutire l'eccessiva volatilità, come una componente in income che fosse stabile nel tempo.
Qui si aprono alcune finestre: le tendenze da un lato vanno verso il "private debt", utilizzato da circa un terzo del campione; poi ci sono delle aspettative e interesse di incremento nei prossimi anni e mesi verso le infrastrutture (38%); e si arriva al più noto "private equity" (38%). Questa dell'alternative è una componente del portafoglio ormai consolidata e ha un'incidenza intorno al 17%.

I Mercati Emergenti sembrano essere un tema caldo.

Il mercato Emerging appare in condizioni più favorevoli rispetto ai mercati più sviluppati. Questo va letto in una direzione che va necessariamente considerata per quello che è. Il mercato EM ha concesso importanti rendimenti nel corso del tempo ma è anche vero che si è aperto a fasi di volatilità non indifferenti.

Qui bisogna fare attenzione e ponderare delle scelte. In linea generale a supporto di questa asset class ci sono alcuni aspetti fondamentali: il primo è quello dell'incidenza della crescita del Pil di questi mercati sul Pil globale. Nel 2000 era pari al 43% mentre oggi è intorno al 60%.
Ci sono quindi impatti molto evidenti e di cui bisogna tener conto, altrimenti usciamo dalle considerazioni oggettive che dovrebbero far parte di una politica di investimento. Addirittura, se diamo un'occhiata ai rendimenti, prendendo il 2000 come anno di riferimento, l'MSCI World Global equity rendeva un +5,7% su base annua mentre l'MSCI Emerging Markets arrivava al 9,4%. Andando ancora più indietro, dal 1988 (anno più o meno in cui questi mercati hanno iniziato ad essere inseriti nelle asset allocation) l'MSCI World Globale equity rendeva il 7,9% mentre quello dei mercati emergenti il 10,5%. Un altro elemento per me abbastanza significativo nella costruzione del portafoglio è che la correlazione tra questi due indici - Globale mercati sviluppati e mercati emergenti - è pari allo 0,73%, quindi potrebbero anche aggiungere se utilizzati nella miscela di un portafoglio qualche opportunità di diversificare e tenere sotto controllo la volatilità.

Quindi dalla survey arriva un invito alla prudenza.

Quello che è emerso nella survey non è per noi una sorpresa. Secondo me per il 2021, considerando tutto ciò che è accaduto in quest'anno, l'obiettivo che ciascun operatore o investitore dovrebbe avere è controllare l'assetto del portafoglio.

Alla stessa stregua con cui regoliamo l'assetto delle ruote della nostra automobile, in modo tale da non uscire dalla carreggiata e non incorrere in qualche sorpresa che, purtroppo, abbiamo visto capitare nel febbraio-marzo scorso, con una violenza straordinaria e con una velocità che non si era mai vista.
E' vero che abbiamo osservato abbastanza immediatamente una successiva ripresa altrettanto forte, ma questo porta ad un insegnamento a rafforzare quello che sapevamo: la necessità di controllare meglio tutte quelle manifestazioni emotive ogni volta che accadono queste cose sui mercati.
Aggiungerei un altro punto che in questi mesi siamo stati abituati ad osservare e riguarda la resilienza. Questa l'abbiamo vista all'opera in quegli asset alternativi non liquidi a cui abbiamo fatto riferimento prima, ma ne abbiamo vista una fortissima componente affermarsi nelle strategie azionarie tematiche, che fanno riferimento a trend di lunga durata, come - per far qualche esempio - robotica piuttosto che Intelligenza artificiale, Subscription economy o security, e poi in linea generale gli investimenti che in qualche modo hanno a che fare con la sostenibilità.

Quali saranno i fattori che peseranno di più nell'andamento del 2021?

Siamo di fronte ad una situazione molto specifica dove il mercato vive questa certezza di aiuti e sostegni che vengono dai governi e dalle banche centrali, quindi aspetti fiscali e monetari. E questo è quasi ad oltranza. Ricordo che fino a qualche tempo fa eravamo a discutere l'ipotesi che la politica monetaria concedesse aiuti, mentre sono convinto che nei prossimi mesi anche alcune componenti diventeranno aggiuntive. I tassi di interesse diventeranno negativi, come adesso persino quello del Portogallo.

A questa situazione peraltro se aggiungiamo che il mercato americano ha prodotto un nuovo presidente e il Congresso si sta in qualche modo spartendo il potere (almeno così sembra), il nodo Brexit è quasi sciolto e il vaccino che arriva, sembra che tutti i grandi temi, le sorprese, le preoccupazioni che dovevano accadere o le grandi notizie siano già avvenute. Quindi, anche se con qualche piccola correzione ogni tanto, il mercato va avanti. Qui il nostro piccolo suggerimento è di prendere la buona abitudine di controllare, fattore ormai necessario.
Il vaccino va sicuramente in quella direzione ma non abbiamo ancora gli impatti, anche se il mercato ha già anticipato. Mi viene da pensare che la cosa importante sia riuscire a non avere una terza ondata di contagi da COVID-19 e questo si potrà fare solo mantenendo un certo comportamento.
Non vedo altri fattori importanti, ma vedo una possibilità laddove questa situazione di ondate non dovesse riuscire ad essere bloccata, di revisioni nel tempo di crescita del Pil. Questo allora sì che diventa problematico.

Ma se riuscissimo a gestire la situazione della pandemia in modo più o meno definitivo, allora potremmo anche uscire da questa situazione. E allora lì bisognerà fare un po' di attenzione: l'arresto improvviso o quasi improvviso di tutti questi supporti fiscali e monetari produrranno quella situazione di mercato dove si dovrà tendere ad una normalizzazione, che non sarà indolore. Il mio consiglio quindi è cominciare a guardare l'assetto del portafoglio con continuità, verificando che tutto sia in linea con gli obiettivi prefissati.

E torniamo alla gestione attiva.

Oggi rispetto al passato abbiamo sicuramente qualche opportunità in più in termini di ingredienti da utilizzare all'interno del portafoglio e quindi c'è tanto da fare. L'importante è che ogni volta che si decide di aggiungere qualche ingrediente è necessario sapere cosa questo comporta nella dinamica del portafoglio stesso ed esser poi pronti a riposizionare la distribuzione dei componenti.

Nella condizione attuale - e per me è un elemento importante - ogni volta che capitano queste situazioni di grande volatilità sui mercati, con dispersione importante dei rendimenti, si aprono delle finestre di opportunità per le strategie che lavorano magari in arbitraggi (lungo su qualcosa, corto su qualcos'altro, non assumendo posizioni direzionali?), oppure opportunità per far meglio degli indici di riferimento. Ma per far questo occorre una gestione attiva rispetto a quella semplicemente direzionale.



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